La figura a cui dedichiamo – questo mese – la nostra rubrica è quella di Aurelia Josz. Una donna rimasta a lungo avvolta nell’oblio e nella invisibilità a cui la predominante cultura patriarcale ha costretto le donne, occultando la loro presenza nella storia. Il viaggio terreno di Aurelia Josz era giunto al capolinea quando, segregata nei vagoni piombati, da Fossoli aveva raggiunto il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, destinata ai forni crematori. Una duplice negazione sembrava averla sottratta definitivamente alla memoria storica. Negli ultimi anni, invece, si assiste ad una specie di risarcimento simbolico nei suoi confronti. Il suo nome è tornato a risuonare nel nostro presente, grazie in particolare ad alcune iniziative in area lombarda. La “scuola di agricoltura pratica” di Monza è stata a lei intitolata dal 2019 e una lapide marmorea ne ricorda l’opera a beneficio delle giovani donne; a Milano è stato di recente istituito il Museo Botanico “Aurelia Josz” e, dal 2015, la Casa della Poesia di Monza ha lanciato il Premio letterario “Aurelia Josz”, coinvolgendo anche gli studenti delle scuole superiori (15-19 anni). Il Premio è articolato in due sezioni: Poesia inedita in lingua italiana e Racconto breve in lingua italiana. Aurelia Josz è stata una donna di singolare talento, intelligente, dinamica e con lo sguardo rivolto al futuro. Grazie ad una formazione progressista e all’ambiente colto da cui proveniva la sua famiglia di origine, si è nutrita di forti valori umanitari ed etici, adoperandosi fin dalle sue prime esperienze in ambito educativo per restituire dignità al ruolo femminile nella società. Aperta ad un orizzonte europeo, aveva viaggiato molto in Europa venendo in contatto con diverse esperienze educative innovative. Aveva avuto modo di apprezzare, in particolare, «le scuole pratiche agricole» avviate in Belgio, che forniranno l’esempio di riferimento per le sue esperienze italiane, fondate sul binomio: «studio e lavoro pratico nel campo sperimentale». Convinta che l’emancipazione delle donne doveva necessariamente passare per la cruna dell’educazione, ha preso iniziative mirate a smantellare gli stereotipi della donna confinata dentro le pareti domestiche nei ruoli di moglie e madre. Ha lavorato con tenacia e passione per rimuovere le incrostazioni del passato, per far uscire le donne dal silenzio e dall’emarginazione sociale, proponendo alle ragazze (a partire dalle orfane e dalle meno abbienti) un percorso di formazione professionale qualificato. A Milano, dove si era trasferita per il suo primo incarico di insegnamento, Aurelia era entrata in contatto con una rete di associazioni femminili e di donne impegnate per la difesa dei diritti delle donne e la tutela dell’infanzia. È accertato il suo legame con Alessandrina Ravizza, con Adele Nulli (che fu tra le fondatrici della Lega per la tutela dei diritti femminili) e anche con il Circolo di Coltura Femminile. L’idea della nuova scuola per le ragazze le venne dalla lettura di un articolo, in una rivista internazionale «Fort Night Review», firmato Mrs Crawford, dove si faceva un reportage accurato delle visite alle scuole agrarie del Belgio, deplorando la mancanza di istruzione agraria delle donne ed elogiando con toni appassionati l’esperienza belga. Nell’orizzonte di senso di Aurelia Josz, le donne non dovevano essere delle lavoratrici da sfruttare, bensì dovevano acquisire conoscenze e competenze in agricoltura, diventando delle professioniste esperte capaci di condurre da sole un’azienda agricola. Le scuole agrarie per le donne sono state una sua felice intuizione che accostava la formazione e l’acquisizione di competenze ad un progetto di mondo “nuovo” e migliore, nel rispetto dei cicli biologici della natura, alla ricerca di una vita salubre. Una prospettiva lungimirante, di assoluta attualità in anni in cui stiamo scoprendo l’importanza della biodiversità e stiamo constatando la necessità di una inversione di tendenza verso un futuro sostenibile. Maria Luciana Buseghin, livornese di nascita, vive e lavora da anni in Umbria. Antropologa culturale della scuola di Tullio Seppilli, ha svolto attività scientifica e didattica in diversi campi e progettato e curato la realizzazione di mostre e raccolte pubbliche e private. Scrittrice e saggista, ha al suo attivo molte pubblicazioni e collabora con istituzioni, associazioni e riviste. Nel 2016 ha ricevuto il Premio “Umbria in rosa” per la letteratura, e nel 2024 il Premio “Vittoria Aganoor Pompilj”, dedicato ai ‘carteggi editi’, per il volume sulle corrispondenze di Leopoldo Franchetti.
di Adriana Chemello
Aurelia Josz: una donna lungimirante
La figura e l’opera di Aurelia Josz sono particolarmente significative nel panorama educativo e pedagogico italiano del Novecento, anche se non molto considerate sino a pochi anni fa. Infatti, nel lontano 2001 quando incontrai per la prima volta Aurelia nella rete femminile di comunicazione, scambio, solidarietà sociale e culturale che Alice Hallgarten Franchetti aveva intessuto intorno alle sue amate scuole di Montesca e Rovigliano, creando una connessione di intenti e di operatività tra “femministe pratiche”, pedagogiste, attiviste dell’educazione nuova, trovai pochissimo materiale oltre all’importante testo di Valeria Vita Josz del 1957.
La scuola di agricoltura pratica da lei fondata nel 1902 ha attraversato momenti difficili ma è tutt’ora operante: trasferita, infatti, a Cimiano, dove rimase attiva dal 1933 al 1945, anno in cui la sede fu devastata da un gruppo partigiano, e riaperta nel 1956 nella Cascina Frutteto al Parco di Monza, è tutt’ora in funzione, a lei intitolata dal giugno 2019 con una lapide in memoria della sua opera. Nel 2015 le è stato dedicato un premio di poesia istituito dalla Casa della poesia di Monza ed è stato inaugurato a Milano il “Museo Botanico Aurelia Josz”: un laboratorio-osservatorio didattico in continua evoluzione dedicato allo studio della vita vegetale, all’educazione naturalistica e al rispetto del verde pubblico di cui sono protagonisti gli ecosistemi spontanei della Pianura Padana, la loro biodiversità, la loro interazione con l’ambiente urbano. Nel museo sono affrontati anche temi dell’agricoltura lombarda e del resto del mondo, con lo scopo di illustrare storicamente le relazioni fra umani, mondo vegetale e territorio. Dal 2021 è visibile in www.youtube.it un video costituito da cinque brevi filmati, realizzato in collaborazione fra il “Museo Botanico Aurelia Josz”, la Sezione Didattica Scuola e Ambiente, il “Patto di Milano per la Lettura”, tutti progetti a cura del Comune di Milano. Infine, dal 2020, l’“Associazione Amici di Aurelia” le dedica il “premio Aurelia Josz Milano”, specializzato in ambito letterario e fotografico.
Aurelia Josz nacque a Firenze il 3 agosto 1869 da Emilia Finzi e Lodovico Josz, incisore triestino di origini ungheresi, come figlia primogenita di quattro: Livio, Italo e Valeria, tutti artisti. Laureatasi in lettere italiane a Firenze, Aurelia si trasferì a Milano per insegnare nella Scuola Normale “Gaetana Agnesi”, dove dal 1906 al 1920 fu titolare della cattedra di storia e geografia, pur mantenendo i suoi interessi di critica letteraria e dedicandosi moltissimo, come vedremo tra poco, agli studi agrari e ad impiantare una scuola di agricoltura femminile.
Nel 1891 anche il resto della famiglia Josz si trasferì a Milano dove il padre aprì un gabinetto fotografico. Aurelia aderì al Gruppo sionistico di Bettino Levi, in qualche modo sincretizzando la
sua fede sionista con quella nella cultura, nell’impegno e nel progresso, così come tante altre ebree italiane dell’epoca, indipendentemente dalla loro osservanza religiosa, e si impegnò nelle campagne per la pace.
Nell’ambito della sua attività di docente scolastica sperimentò nuove metodologie didattiche che attivassero l’attenzione delle allieve, soprattutto per la storia e, a tale scopo, mise in piedi, insieme a loro, un “museo” geografico e antropogeografico, realizzato con materiali cartacei e utilizzò il teatro come strumento didattico. Scrisse inoltre due manuali scolastici che riscossero un notevole successo, per il suo innovativo metodo e per la sua pratica educativa, sulla cui novità e incisività Gabriella Seveso dell’Università di Milano sta conducendo da alcuni anni una ricerca.
L’8 dicembre 1902 Aurelia Josz apre la prima Scuola pratica femminile di agricoltura, per trenta ragazze orfane da 13 a 15 anni, nell’orfanotrofio della Stella – conosciuto anche come “le Stelline” (ora struttura ricettiva e culturale, a Milano) – grazie alla prima donazione di £. 500 della nobildonna milanese Maria Camperio Siegfried che poi fu la prima presidente del Comitato esecutivo della scuola – di cui era parte attiva anche Alice Franchetti – trasferita in una villa con ampio terreno nella campagna di Niguarda nel 1905. La stessa Camperio Siegfried ne parlerà con entusiasmo al primo Congresso del Comitato Nazionale delle Donne Italiane a Roma nel 1908.
Nel 1905, su incarico del Ministro dell’agricoltura Luigi Rava e con un contributo della Società Umanitaria di Milano, la Josz compì un viaggio in Svizzera, Inghilterra, Francia e Belgio per verificare lo stato dell’educazione agraria femminile, indagine i cui risultati vennero da lei esposti al “III congresso dell’Educazione femminile”, tenutosi a Milano nel settembre 1906. Nella relazione, pubblicata l’anno seguente da Sofia Bisi Albini nella sua rivista “Vita Femminile Italiana”, Aurelia Josz scrive:
…le scuole pratiche agricole del Belgio hanno sempre rappresentato, secondo il mio debole parere, un tipo assai pregevole di scuola professionale, ch’io mi sono studiata di imitare nella prima scuola pratica agricola femminile italiana, la scuola milanese di Niguarda.
E sottolinea, ancora una volta, come una giusta formazione agraria avrebbe garantito anche alle giovani campagnole un’esistenza più equilibrata e in armonia con il proprio contesto familiare e ambientale, poiché le avrebbe messe in grado di esercitare «le umili industrie casalinghe, il pollaio, le api, i bachi da seta, i fiori, capaci di dare ordine, proprietà, igiene a casa. Certo i proventi non sarebbero stati minori: una tal donna edifica la casa», e ciò, ovviamente in riferimento a lavori esterni in ambienti lontani e spesso pericolosi.
Aurelia Josz si impegnò sempre con grande passione e determinazione in tutte le sue attività ma particolarmente nella progettazione, conduzione e gestione di questa scuola di agricoltura dimostrò doti di managerialità, sostenuta finanziariamente anche dalla “Società Umanitaria”, la nota
associazione milanese di ispirazione socialista che promuoveva scuole professionali, corsi serali, festivi e magistrali, tutte iniziative a favore della educazione e del lavoro delle donne. In questa scuola la Josz chiamò ad insegnare i più importanti agronomi italiani, istituendo, convinta della necessità di una visione moderna dell’agricoltura, una grande varietà di corsi, tra cui, di particolare successo, bachicoltura e apicoltura. Nella già citata relazione al congresso sull’educazione femminile, auspica «l’istituzione di cattedre ambulanti femminili o di scuole ambulanti temporanee» per portare l’istruzione alle donne campagnuole nel loro ambiente e suggerisce che
… il governo fondi, o presti appoggio, alle scuole che vanno sorgendo ora sul tipo di quella di Niguarda, ove con un biennio di vita collegiale spesa tra lo studio e il lavoro pratico nel campo sperimentale, nel giardino, nel caseificio, nella bigatteria, nel pollaio, lavoro fortificatore dei muscoli e dei nervi, le fanciulle si preparano al disimpegno di tutti gli uffici di massaia: ad allestire cibi semplici e nutrienti, e in caso a sbrigare anche le faccende più umili, con buon garbo e buon umore, perché è stato loro instillato essere nobile ogni lavoro, purché fatto a dovere.
Tutte le fanciulle avrebbero ricevuto una formazione professionale specialistica e innovativa che potesse dare loro opportunità migliori di quelle delle braccianti agricole o delle domestiche di famiglie aristocratiche o borghesi.
Particolare attenzione rivolse alle orfane interne al convitto ma la scuola ebbe anche allieve esterne, tra cui le figlie di «piccoli proprietari, affittuari, impiegati comunali e simili», spesso destinate a rimanere chiuse tra le mura di casa e dipendenti dagli uomini o ad esercitare l’insegnamento, magari senza una vera vocazione e spesso in soprannumero.
Nel maggio 1909, Ada Negri presentò con un memorabile discorso la «inaugurazione dei nuovi locali della scuola ingrandita e abbellita», come scrisse la stessa Josz, che ne fu organizzatrice e direttrice a titolo gratuito fino al 1931, anno in cui il regime fascista tolse alla scuola di Niguarda i finanziamenti statali e alla Josz l’incarico di direttrice: questo perché Aurelia, invisa in quanto ebrea e sionista, aveva rifiutato la tessera del partito fascista e la firma del giuramento di fedeltà al regime.
Voglio qui sottolineare che la valorizzazione del lavoro agrario e del ritorno alla terra, centrali nell’attività della Josz – che si preoccupava “perché alla terra non manchino le intelligenti e appassionate cure di donne opportunamente preparate” – si ritrovano anche nell’opera di Alice Hallgarten Franchetti – che faceva leggere agli allievi delle sue scuole le novelle di Tolstoj, in particolare quella sul contadino e la terra – e di don Brizio Casciola, direttore/educatore nelle colonie agricole di via Flaminia e di Montemario, entrambe di ispirazione tolstoiana, ed entrambe fondate dai Franchetti a fine ’800. La prima, ex-orfanatrofio Asilo o Dormitorio Sonzogno, fu realizzata in una vasta area tra via Flaminia, il Tevere e i Parioli, concessa ai Franchetti da Ernesto
Nathan, consigliere del Comune di Roma dal 1899 al 1904. La colonia fu quindi portata a Buon Ricovero, opera totalmente privata dei Franchetti, già nel dicembre 1903 ma ebbe vita breve e si rivelò una disillusione per i fondatori poiché i ragazzi di città non ne volevano sapere di abituarsi alla vita contadina.
Alice ne scriveva amareggiata, a fine 1904, a Paul Sabatier, attraverso la cui amicizia Tolstoj esercitò una notevole influenza, come moralista e pedagogista, sugli ambienti italiani tra Ottocento e Novecento – e specialmente sulle filantrope dedite all’educazione, influenzate dai principi pedagogici innovativi che Tolstoj aveva sperimentato nella scuola per l’infanzia da lui fondata – ma anche in ambito ebraico-sionista, per cui i suoi scritti ispirarono i pionieri della Palestina mandataria.
Tra Alice e Aurelia, per quanto emerge dalle lettere della prima a Maria Marchetti e da un saggio che la seconda scrisse nel 1913 in ricordo della Franchetti, ci fu un rapporto d’amicizia importante, essendo entrambe appassionate e vivaci promotrici della cultura e dell’emancipazione femminile. È la stessa Aurelia, in una testimonianza, a raccontarci come si conobbero:
Io conobbi la cara Donna nel 1904. Ella venne a cercarmi a Niguarda, avendo sentito parlare della scuola di agricoltura per le fanciulle che avevo iniziato e che si dibatteva, per affermarsi, tra difficoltà di ogni genere; e si mostrò così concorde nelle finalità alle quali io miravo, così desiderosa di aiutarmi che, avvezza alla superficiale indifferenza di moltissime altre signore, me ne sentii consolata. Oh, ella sapeva bene quanto è duro e difficile battere una via nuova, ella conosceva le amarezze della lotta che pare inane, infruttuosa! Mi promise di mandarmi allieve, alle quali avrebbe ella interamente provveduto, scegliendole tra le fanciulle povere dell’orfanotrofio di Città di Castello o della Montesca; e tre ne mando difatti, che compirono il corso e delle quali due sono impiegate attualmente nell’azienda agricola Franchetti, ed una nei beni della contessa Rucellai a Canneto di Prato. Ma ciò che formava la caratteristica della sua beneficenza era il modo nel quale essa la intendeva e la praticava. Ogni settimana voleva ricevere lettere da queste che chiamava “sue figliuole” ed essere informata del procedimento dei loro studi, e guai a mancare! Puntualmente rispondeva loro, incitandole a far sempre più, sempre meglio, con dolcezza e sollecitudine materna. Ricordo – particolare grazioso e gentile – di aver notato che la sua seconda protetta dodicenne, indossava, arrivando a Niguarda, un abitino di panno grigio che avevo veduto portare dalla Baronessa: appena un poco accorciata la gonna e il vestito si era adattato, senza che paresse disdire, alla povera ragazzina ch’ella aveva coperto coi suoi panni. Tanto era semplice nel suo esteriore quella piccola, fine signora che avrebbe potuto sfoggiare ogni eleganza!
E non potrò mai dimenticare come Ella accorresse con entusiasmo da Roma a Milano per assistere alla inaugurazione dei nuovi locali della Scuola Agraria, ingrandita e abbellita; e con quanta cordialità mi abbracciasse facendomi promettere che sarei andata alla Montesca a renderle la visita e a vedere le sue scuole.- Così potesse il suo esempio invogliare altri nobili donne italiane ad occuparsi della scelta e della preparazione delle future massaie e fattoresse delle loro terre, a studiare sotto il suo duplice aspetto il problema dell’istruzione agraria della donna campagnuola; duplice nel senso dell’interesse individuale del padrone a prepararsi un personale educato e provetto, e dell’interesse generale, ben più alto e patriottico, del miglioramento della vita rurale che
si impernia sull’elemento rigeneratore della donna, della madre, redenta dal pregiudizio e dall’ignoranza».
Molto più stringati gli accenni di Alice nell’epistolario a Maria Marchetti: in una lettera del 1° marzo 1906, dovendo fornire indicazioni per il riconoscimento della Josz da parte di Venezia Lupattelli, che – rimasta orfana a soli 6 anni di entrambi i genitori, era stata accolta nell’Ospizio per orfani, misto, patrocinato dai Franchetti – si recava appunto a Milano per frequentare la Scuola d’istruzione pratica agraria a Niguarda dove ottenne diversi diplomi, tra cui quello di apicoltura che utilizzò nel suo lavoro di fattoressa della tenuta della Montesca. Scrisse, dunque, Alice: «La Signorina è piccola, magra e pallida, vestita molto semplicemente».
Delle reciproche visite, abbiamo documentazione certa solo di un soggiorno di Aurelia alla villa Montesca del 1909, in seguito al quale pubblicò nel 1913 Fiammella francescana, lungo saggio in ricordo di Alice, prezioso per la comprensione del carattere e del comportamento della Hallgarten, del funzionamento delle sue opere, soprattutto le scuole Franchetti e il laboratorio di tela umbra.
Nel 1921 Aurelia tenne il primo Corso magistrale agrario per maestre rurali e nella prima metà degli anni Trenta impiantò, in solo sei mesi, un’altra scuola agraria a S. Alessio in provincia di Roma, su incarico del regime fascista che inaugura la scuola come fosse la prima del genere, escludendo Aurelia Josz e affidando il nuovo istituto ad un’altra direttrice ad esso più gradita. Nel 1931 lasciò anche l’insegnamento di storia e geografia alla Scuola statale, per dedicarsi alla critica letteraria e alla scrittura di un volume in cui lasciare traccia sicura della sua visione del ruolo della donna in agricoltura: La donna e lo spirito rurale. Storia di un’idea e di un’opera, edito nel 1932.
In quegli anni, si trasferì dalla sorella Valeria Vita, sua prima biografa, ad Alassio, in provincia d’Imperia da dove, verso la fine del 1943, per problemi di salute non riuscì a fuggire in Svizzera con gli altri familiari; cercò rifugio in un convento di suore, dove venne arrestata, forse a causa di una delazione, il 15 aprile 1944 e condotta nelle carceri di Marassi a Genova e da lì deportata, prima al campo di concentramento di Fossoli, poi, il 26 giugno, al campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, dove giunse, dopo un viaggio nei vagoni piombati, il 1 luglio 1944 e venne assassinata durante le selezioni iniziali, il giorno dopo il suo arrivo.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
D’Annunzio Paola, Simonetta Heger, Eleonora Heger Vita e Carla Schiaffelli, Aurelia Josz, Milano, Unicopli, 2016.
Aurelia JOSZ, L’istruzione agraria femminile, «Vita Femminile Italiana», a. I, fasc. I, gennaio 1907, pp. 6-15.
Aurelia JOSZ, Relazione e programma della scuola pratica agricola femminile in Niguarda (Milano) nel suo 8° anno di vita, Milano, Tip. Agraria, 1910.
Aurelia JOSZ, La donna e lo spirito rurale: storia di un’idea e di un’opera [la scuola pratica agricola femminile di Niguarda-Milano, il corso magistrale agrario per le maestre rurali], Milano, A. Vallardi, 1932, 135 pp.
Valeria Vita Josz, Le origini della prima scuola agraria femminile italiana nel pensiero di Aurelia Josz, Nervi, Tip. Ongarelli, 1957.
Gabriella Seveso, Il ruolo delle donne ebree nel rinnovamento pedagogico dell’inizio del Novecento: la sperimentazione educativa di Aurelia Josz, pp. 29-46 in Elisa Bianchi e Paola Vita Finzi (curr.), Donne ebree protagoniste tra il XIX e il XX secolo, Milano, Guerini e Associati, 2023.