80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

Cali, la Colombia che rimane indietro tra narcotraffico e apartheid

0 0

CALI – Il presidente colombiano Gustavo Petro, due mesi fa è stato costretto a cedere al ricatto di Donald Trump che aveva aumentato i dazi doganali sui beni importati dalla Colombia fino al 50% dei valori in fattura. Il governo in carica ha dovuto prendere atto dell’influenza ancora pesante di Washington negli affari interni della nazione. La ritorsione commerciale è avvenuta in seguito al divieto (poi revocato) di atterrag-gio a Bogotà dei voli USA con a bordo i 250 colombiani espulsi dagli Stati Uniti, i quali, pur incensurati secondo le autorità locali, sono stati sottoposti a umiliazioni; gli uomini sono arrivati con le manette a mani e piedi.

Il segretario di Stato Marco Rubio nel frattempo cancellava i visti per gli Stati Uniti dei funzionari del governo colombiano.

Sul fronte interno, le cose non vanno meglio: dopo le ultime stragi ai confini col Venezuela negli scontri tra le Farc e ELN (Esercito Liberazione Nazionale) che hanno causato oltre 100 morti, Petro ha dichiarato lo stato demergenza, accusando Ca-racas di utilizzare i guerriglieri per gestire il traffico di droga.

Tutto ciò ha rinvigorito l’opposizione, in prima linea l’ex presidente di destra Alvaro Uribe e i suoi sostenitori locali, quali il sindaco di Cali Alejandro Eder, già consiglie-

re di Uribe e poi di Santos; nella sua amministrazione, rema palesemente contro le politiche sociali di Petro, che a Medellin consentono alle comunità più povere di tira-re avanti, aiutate dal municipio locale e dagli enti collegati.

Welfare fai-da-te

La mancanza di strategie che diano prospettive di un lavoro dignitoso, una casa de-gna di questo nome e quindi un futuro a chi abita nei barrios di periferia, è la tara più spiccata del municipio di Cali.

Qui la metropolitana è assente, al contrario di Medellin, dove la rete sotterranea così come la teleferica che sorvola i quartieri di Tricentenario, Santo Domingo e Popu-lar 1, sono ben sviluppate. La funivia di Cali serve solo Siloé, tra tutti l’unico Barrio che ha fatto qualche progresso nell’immobilità generale, essendo situato in una zona commerciale. Di recente Siloé è passato a estrato 3, cioè a livello basso-medio, il primo gradino della scala del riscatto sociale.

Tuttavia, pur essendo abitato da operatori dei servizi e operai, il quartiere presenta ancora un indice di povertà estrema del 23%, uno tra i più alti del paese, superato solo dai barrios del distretto di Aguablanca, a cui appartengono Potrero Grande, Manuela Beltran, Pizamos e Mojica, regni delle pandillas che controllano il traffico di stupefacenti, sia in Colombia che all’estero. In questi agglomerati umani, il 53% delle abitazioni non è coperto dall’acquedotto, e la metà sono prive di fognature. L’e-nergia elettrica serve il 71% degli utenti a Siloé, ma la percentuale crolla nelle altre comunità. Nei barrios poveri di Oriente si concentra la maggioranza degli afro-co-lombiani che con il loro 30% fanno di Cali la città più “nera” del paese.

Nei quartieri-bene di San Antonio e Granada è però raro incontrarne.

Un apartheid di fatto, che il municipio avalla e mantiene.

Dentro catapecchie di legno marcio e compensato coperte da precari tetti di lamiera, vivono bambini tra sporcizia e promiscuità. A Colonia Nariñense, insediamento abusivo, molti dormono per strada, sdraiati su materassi luridi.

Chi non ha un lavoro, si arrangia a riciclare materiali edili, mobili rotti, materassi e metalli; un mercato degli stracci permanente che costeggia i marciapiedi davanti a Plaza de Siloé, offrendo uno spettacolo poco edificante all’occhio di un turismo in cerca di centri commerciali di lusso, concentrati soprattutto nei barrios eleganti, tra cui spicca Granada anche per la vita notturna.

Qui invece chi non ha nulla, può perlomeno comprare un materasso usato a poco prezzo o materiali di scarto per aggiustare casa, e qualche suppellettile scassata.

Se non fosse per le realtà locali impegnate sul fronte dell’assistenza ai bisognosi nel quadro di un welfare municipale pressoché inesistente, senza neanche un piano di manutenzione in grado di sistemare le pessime condizioni del manto stradale che affliggono pure i quartieri del centro, i residenti sarebbero abbandonati a sé stessi. Alcuni si costituiscono in associazioni spontanee, come la Fundación Dulce Espe-ranza di Potrero Grande, che ho intervistato.

La fondazione si autofinanzia attraverso contributi volontari dei residenti e delle do-nazioni esterne, più un contributo dell’Arcidiocesi della città. Ciò ovviamente non ba-sta per poter mantenere un ritmo costante giornaliero nell’assistenza sociale, consi-derando pure che l’Alcaldia di Cali in mano al sindaco-oligarca Alejandro Eder – tra l’altro proprietario di una larga parte dei terreni su cui scorre la Calle Quinta fino al salotto turistico di Boulevard del Rio – ha tagliato ai volontari luce ed acqua per via delle bollette arretrate, cosicché per mandare avanti la cucina che prepara da 50 a 100 pasti quotidiani da consegnare alla gente, agli ospedali e alle scuole, sono co-stretti a ricorrere ad allacci pirata. Il debito della fondazione nei confronti del munici-pio ammonta a 6.163.000 pesos. (1540 dollari).

A Medellin al contrario è il municipio che contribuisce direttamente al welfare, tramite la Fundación Epm, che dal 2014 si occupa senza scopo di lucro dei servizi sociali, attingendo i fondi da Empresas Publicai de Medellín (EPM) società pubblica che for-nisce energia elettrica, acqua e gas allo Stato di Antioquia, di cui Medellin è la capi-tale. L’impresa vende il 25% dell’energia che consuma la Colombia. La Fondazione si occupa della riqualificazione di quartieri come Manríque Oriental, fornendo classi d’insegnamento, trattamento delle acque e parchi per l’infanzia.

La divergenza netta tra il trattamento da parte dei due municipi nei confronti della fascia più indigente della popolazione, assume risvolti decisamente politici, in un clima teso dovuto alla continua minaccia dei dazi commerciali di Trump sui prodotti colombiani importati negli Stati Uniti, e dello stato di tensione tra i due gruppi militari ELN e FARC, che, attraverso il narcotraffico, continuano ad autofinanziarsi com-prando armi e sistemi di CounterIntelligence, minacciando di rinfocolare il conflitto civile, i cui lutti sono ancora freschi nella memoria colombiana.

Eder, che come già scritto, è storicamente legato agli ex presidenti Uribe e Duque, e anche con Santos ha coperto incarichi di rilievo. Egli soffia sul fuoco, contribuendo al clima di destabilizzazione che insidia il mandato di Gustavo Petro.

Lasciare indietro i più poveri, che non a caso coincidono con i più “neri”, è il nodo centrale di questa strategia razzista.

La Corte dei Miracoli

  • domenica a El Calvario – il quartiere dove si concentrano i tossicodipendenti di

Cali – giorno ideale per il mercatino dello spaccio all’aperto, poiché molti raccoglitori di carta e rifiuti rallentano l’attività concedendosi una sosta.

Gruppetti di drogadictos si radunano agli angoli delle strade, aspettando il pusher che distribuisce loro i prodotti-chiave: cocaina per quelli che se la possono permette-re, altrimenti eroina di pessima qualità e crack basuco, il più economico. Specialità della casa, il letale basuco è uno scarto della pasta di cocaina. Tagliato con etere o benzina, è messo in bustine da mezzo grammo, vendute a 2.000 pesos l’una (½ dol-laro). Sistemato dentro pipette di vetro, viene quindi fumato.

Un chilo di cocaina pura vale 6 milioni di pesos al mercado mayorista di Cali. I gros-sisti della sostanza sono concentrati nei bario di Potrero Grande, soprattutto nel settore di Mojica 1, e spediscono la merce anche ai laboratori di Medellin, una volta monopolio di Pablo Escobar coadiuvato dai suoi intermediari, prima tra tutti Grisel-da Blanco, nota come La Viuda Negra ( La Vedova Nera) per la sua ferocia.

Fu lei a “brevettare” gli omicidi su moto, con due sicari a bordo che seguono la vitti-ma designata. Morì proprio per mano di due di loro, come da karma inesorabile.

Il mercato al dettaglio colombiano, di cui El Calvario è un passaggio obbligato, vende bomba pura a 15 milioni di pesos al chilo. Il prezzo per l’export negli USA dello stes-so quantitativo, tagliato però con altre sostanze, oscilla dai 30.000 dollari di Miami fino ai 45.000 dollari di New York. 1 dollaro = 4.000 pesos. Pipette e kit per l’eroina fanno bella mostra sui marciapiedi del quartiere, ma la polizia passa e tira dritto. “Prendono mazzette dai boss dice l’autista. Intanto arrivano i turisti per vedere lo

zoo umano dei disperati. SI accalcano al recinto che delimita il ghetto, mentre men-dicanti e drogadictos si avvicinano, sperando in un’elemosina.

El Calvario tour, pur se spettacolo penoso, è un test utile per constatare una volta di più che assistere alle disgrazie altrui è, per un’umanità senz’anima, occasione im-perdibile di lenire le proprie frustrazioni, ravvivando una domenica altrimenti noiosa.

 

 

(Foto e video: copyright di Flavio Bacchetta)

Un articolo similare dello stesso autore è stato pubblicato da il Fatto Quotidiano 01/03/2025

Per donazioni: Adiela Carabala Filigrana, Bancolombia a la mano No 031-025548-85


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21