La Corte Suprema del Brasile ha deciso all’unanimità di processare per tentato colpo di stato e altri crimini accessori l’ex presidente Jair Mesiah Bolsonaro, 70 anni. Un’ accusa e un giudizio senza precedenti, sostenuti tuttavia da notevoli prove a carico. La destra del gigantesco paese sudamericano grida alla persecuzione. Inevitabili i sospetti di parzialità d’un presidenzialismo in cui sono le autorità politiche a determinare le alte nomine giudiziarie. Nessun riflesso, invece, alla borsa di San Paolo, la maggiore del subcontinente; né nelle strade delle città. I commerci appaiono normalmente affollati cosi come le spiagge di bagnanti, numerosissimi turisti. La decisione della massima Corte è stata preceduta da settimane di tensioni e polemiche che hanno riportato la politica al clima arroventato dei giorni seguenti l’inizio del gennaio 2023. Quando centinaia e centinaia di bolsonaristi, numerosi dei quali armati, avevano invaso il Congresso Nazionale, il Tribunale Supremo Federale, il Palazzo presidenziale nel tentativo di impedire l’insediamento di Lula da Silva, legittimo e riconosciuto vincitore delle elezioni alla massima magistratura dello stato.
Malgrado i precedenti del bolsonarismo nei confronti della legalità democratica non fossero molto rassicuranti, nell’immediato il suo assalto alle istituzioni provocò più sorpresa e preoccupazione che attive reazioni. I golpisti avanzavano sventolando bandiere nazionali e scandendo slogan che volevano solleticare l’amor proprio nazionalista dei meno avvertiti. Si dichiaravano: difensori della patria! Ancora oggi continuano a chiamarsi patrioti, sebbene ormai tutti sappiano di cosa si tratta. E la giustizia federale li giudichi per terrorismo. Ma la recessione globale dei valori democratici in atto si avvale anche in America Latina e sempre più spesso apertamente dell’espediente morfologico per tentare di svalutare la parola e naturalizzare l’inganno. Lula, i sindacati, molti governatori a cominciare dal Nordeste e dalle zone a più alta concentrazione industriale come Minas Gerais, San Paulo, Rio de Janeiro proclamarono l’emergenza. Decisivo, infine, risultò il rifiuto degli alti comandi dell’Esercito e dell’Aviazione ad avallare il golpe.
Un giudice impegnato, non un qualsiasi pubblico ministero, comunque un magistrato inquirente, ha deciso di non mollare. Alexandre De Moraes, 56, da giovane seguace del partito socialdemocratico, più tardi chiamato a funzioni di governo con il centro-sinistra al potere, quindi rientrato nei ranghi della giustizia e salito ai maggiori incarichi, ha assunto la direzione delle indagini sull’assalto dei bolsonaristi a Brasilia. Inseguito passo-passo dalle accuse della destra di essere un giudice di parte. Ma i fatti sono fatti. Da quando, giugno 2020 -articoli di legge alla mano- diede 48 ore di tempo all’allora ministro della Sanità del presidente Bolsonaro per “divulgare quotidianamente come d’obbligo tutti e completi i dati relativi alla pandemia Covid19 in atto…”. I no-Vax erano già allora una truppa bolsonarista, con le più dogmatiche sette evangeliche, l’anti-ambientalismo, i vari avventurismi individualisti tenuti insieme dalla ragnatela di un misticismo naturalistico sostanzialmente anti-scientifico. Ora ha tirato le fila della sua inchiesta e la Corte Suprema ne ha avallato criteri, presupposti e verifiche.
Jair Bolsonaro è stato nel tempo imputato dalla polizia federale di vari reati che vanno dal riciclaggio di denaro al traffico di diamanti per non aver dichiarato un dono ricevuto in Arabia Saudita. Ma ben più gravi sono quelli che secondo testimonianze raccolte dall’accusa, lo coinvolgerebbero nella disponibilità dei congiurati ad assassinare lo stesso giudice De Moraes, oltre al presidente Lula da Silva,77, e al suo vicario, il medico di fede politica socialista Geraldo Alckimin, 72. Per offrire alla Corte l’intero contesto in cui si sarebbe svolto il tentativo golpista, alla documentazione sarebbero stati acclusi anche numerosi audio e video che testimoniano le violenze compiute negli assalti ai palazzi delle massime istituzioni di Brasilia. “Non si è trattato della passeggiata di signore intente a leggere la Bibbia”, ha commentato con sarcasmo il giudice De Moraes. Che ha rifiutato di commentare l’interdizione dalla vita politica che il processo sancisce per Jair Bolsonaro.