80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

30 anni fa i social prima di Facebook, i sogni di ieri, l’odio di oggi

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Ormai lo ricordano in pochi, ma c’è stato un mondo social prima di Facebook. Nel mondo ma anche qui. In questi mesi di 30 anni fa in Italia un piccolo gruppo di persone, qualche migliaia, si incontrava in una vera e propria chat a caratteri, di quelle scritte in bianco su fondo blu del computer, ideata da un provider del tempo, Mclink, che fu anche tra i primi fornitori di caselle di posta elettronica insieme ad Agorà, il provider sardo che in quel lontano 1995 lavorava per radio radicale.

Oggi tutto questo ci appare come un reperto archeologico. Racconto qualcosa a cui ho partecipato attivamente, letteralmente affascinata dal vivere qualcosa che neppure si comprendeva del tutto ma che si capiva che stesse cambiando il mondo.

Durante il giorno in quella chat non c’era nessuno. Dalle nove di sera in poi si animava come se fosse per tutti un appuntamento immancabile e continuava fino alle tre o le quattro del mattino. Intorno alle dieci e mezza c’era il pieno, fino a 700 utenti connessi. Si usavano i nickname, ma era possibile vedere anche l’anagrafica di ogni nickname, quindi i nomi autentici e la località da cui si connettevano.

Naturalmente tutto era in diretta, quando appariva il nick del nuovo connesso ci si salutava proprio come quando arriva un amico ad una riunione o a una festa, alcuni intervenivano poco, altri continuamente.

La piazza virtuale era pubblica, ma il singolo utente poteva connettersi ad un altro in chat privata se entrambi erano d’accordo. Sono nati amori, matrimoni, divorzi, amicizie e clamorose rotture di rapporti, come nella vita reale.

È vero, un piccolo mondo pionieristico composto in gran parte da giornalisti, scrittori, universitari di tutte le discipline, un po’ di cinema. Il mondo accademico aveva contribuito a far nascere le prime vere applicazioni di internet e molti di quei nomi che incontrato su MC la sera insegnano oggi spesso materie scientifiche, informatica, comunicazione digitale.

Era una stagione di grandissimi sogni. La rete avrebbe portato democrazia, conoscenza per tutti, possibilità di scambio di dati fondamentali nelle materie scientifiche, eravamo entusiasti.

Lo ricorda anche padre Benanti in una intervista ad un giornalista ex politico venato di grande nostalgia: si, Walter Veltroni era uno di quella chat a caratteri, e il suo nick era “Punto”. Ma adesso tutto è cambiato. Benanti, come ha fatto Pedro Sanchez, non ha paura di dire che i social, il loro linguaggio di odio, le mire di dominio sul mondo dei loro padroni, devono essere contrastati anche dalle regole. Altro che deregulation come si sognava 30 anni fa.

Non è andata come speravamo, quando le prime navigazioni sul web le facevi con Mosaic  e poi con  il mitico Nescape, prima che nell’autunno di quell’anno Windows 95 invadesse il mondo.

Dieci anni dopo sarebbe cominciata la rivoluzione di Facebook e da lì il veloce cammino verso il peggio. Dice Benanti: “Di fronte a qualsiasi innovazione tecnologica, che fosse l’automobile o la televisione, le democrazie si sono dotate di regole per armonizzare qualità della vita e libertà e diritti. In questo caso no.
Si è avuta paura di sembrare arretrati, passatisti, inadeguati. E siamo arrivati dove siamo arrivati, con tale Elon Musk che vuole dominare i popoli e cancellare la democrazia.

 

 

 

 


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