80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

Magari un video-messaggio anche su questo… la nave Italia è ferma: il pil è a zero

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Mi raccontano di un direttore di telegiornale RAI solitamente calmo e imperturbabile che una volta perde il suo aplomb e va su tutte le furie: è accaduto che in un servizio un particolare della “telenovela” Fedez/Ferragni s’era perso per strada. Sorridere è il minimo, anche se metà dei tg sono poi dedicati a queste e altre simili vicende; e penso immancabilmente alla frustrazione di colleghe e colleghi che lottano per strappare qualche secondo in più da dedicare alle vicende in Ucraina, Gaza o alle altre cinquanta guerre che si combattono nel mondo, “dimenticate”.

Qualcuno poi cita: “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore” del “vecchio” Sergio Endrigo (ci sta: la canzone la presentò in un lontano Festival di Sanremo). E tutto quello che invece accade “vicino” ai nostri occhi, e magari riguarda più che il cuore quello che si mette nello stomaco?

I dati Istat sono una doccia fredda per l’economia italiana: il 2025 si prospetta di sofferenza, bene che vada si spera in una crescita di qualche decimale.

La “nave” Italia si è bloccata, ferma da sei mesi. Gli ultimi due trimestri si chiudono senza crescita, le previsioni partono da zero. Francia e Germania fanno peggio ma mal comune, nessun gaudio. Significa, anzi ulteriori difficoltà future, se si pensa a relazioni e interdipendenze con le imprese tedesche.

Secondo il ministero dell’Economia, alla fine del 2025 il pil italiano dovrebbe crescere dell’1,2%. Obiettivo difficile: l’Istat fa sapere che nell’ultimo trimestre del 2024 il PIL è zero, mentre lo scorso anno il Paese non è riuscito ad andare oltre lo 0,5%. Istat fa sapere che la manifattura inizia a vedere un po’ di luce e in crescita gli italiani che hanno ripreso a cercare lavoro. Piccoli segni positivi, che però non cambiano la situazione, se si esamina l’intero 2024.

La flessione degli italiani che non lavorano e hanno smesso di cercare un’occupazione, si registra solo tra novembre e dicembre. Da inizio anno è invece in aumento, in particolare sotto i 50 anni. Stesso discorso per il fatturato dell’industria: a novembre sono cresciuti dell’1,5% come volumi e dello 0,6% come valore. Ecco perché il centro studi di Confindustria ha registrato a gennaio un aumento delle aspettative delle grandi imprese associate, in gran parte convinte che la produzione sarà stabile (il 59,9%) o che addirittura aumenterà rispetto alla fine del 2024 (per il 28,7%). Ma nel complesso dell’anno il calo è del 3,6%.

“La tenuta dell’occupazione a dicembre, la crescita della fiducia e qualche sporadico segnale positivo sul versante dei saldi invernali, inducono a collocare nel primo quarto del 2025 una moderata ma significativa ripresa della spesa delle famiglie. Tuttavia, questa valutazione è particolarmente incerta”, osserva l’Ufficio studi Confcommercio dopo i dati Istat. “Gli impulsi alla crescita degli occupati sembrano essersi esauriti, anche se non mancano indizi rassicuranti sui prossimi mesi. La nota dolente continua a essere l’occupazione femminile che ha cominciato a mostrare una minor dinamicità. Preoccupa il ritorno, per il secondo mese, del segno meno tra gli autonomi”.

Per Bankitalia i consumi sono destinati a crescere nel prossimo triennio. Dovrebbero invece rallentare gli investimenti, “risentendo degli effetti del ridimensionamento degli incentivi alla riqualificazione delle abitazioni, che verrebbero solo in parte attenuati dall’aumento della spesa per infrastrutture e dalle misure di incentivo previste nel Pnrr”. È quanto prevede l’Ance, l’associazione dei costruttori: per il 2025 un crollo del 7% degli investimenti nel settore, con punte del 30% per le ristrutturazioni.

Per Tomasz Wieladek, Chief European Economist, T. Rowe Price, “L’incertezza della politica commerciale statunitense, soprattutto per quanto riguarda i dazi, manterrà deboli gli investimenti europei fino a quando non sarà risolta. Una soluzione potrebbe ovviamente indebolire ulteriormente l’attività se le merci europee destinate agli Stati Uniti finissero per essere soggette a tariffe molto più alte del previsto. Naturalmente, è plausibile che le esportazioni europee crescano nel primo semestre del 2025, poiché le aziende cercheranno di anticipare le esportazioni verso gli Stati Uniti prima che i dazi vengano effettivamente applicati e ciò non farebbe altro che spostare la debolezza economica più in là nel tempo”.

Ancora Bankitalia prevede che la crescita della domanda estera dovrebbe consolidarsi, “su valori nettamente inferiori a quelli medi del ventennio precedente la pandemia”. Senza l’attesa spinta dei consumi, il rischio è restare l’Italia dello zero virgola.

Non mi capita di vedere, nella TV di Stato, servizi, dibattiti, confronti, su queste questioni che riguardano tutti e ciascuno di noi. Nessuno mi ha raccontato di flemmatici direttori di Tg rizelati perché nei notiziari che dirigono, queste notizie non hanno spazio.


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