Greenpeace International (GPI) ha deciso di ricorrere per la prima volta alla nuova Direttiva contro le cause temerarie dell’Unione Europea (in inglese, SLAPP, Strategic Lawsuits Against Public Participation), presentando a sua volta una causa presso un tribunale olandese contro la compagnia statunitense di oleodotti Energy Transfer (ET). GPI chiede il risarcimento di tutti i danni e i costi che ha subito per via delle cause infondate e ripetute intentate da Energy Transfer, che ha chiesto centinaia di milioni di dollari a Greenpeace International e a Greenpeace Stati Uniti.
“La causa pendente da 300 milioni di dollari intentata da Energy Transfer contro Greenpeace International, solo per aver firmato una lettera aperta insieme ad altri 500 firmatari, è una delle più sfacciate cause temerarie del mondo. Questo la rende un buon caso per mettere alla prova la nuova Direttiva UE. Se avremo successo, invierà un messaggio ai bulli aziendali: l’era dell’impunità sta finendo. Questo sarebbe un incentivo per la società civile nell’Unione Europea e un precedente per chi combatte il fenomeno SLAPP altrove”, dichiara Daniel Simons, consigliere legale di Greenpeace International. Dal 2017 Greenpeace è costretta a difendersi dalle cause legali di Energy Transfer, intentate in seguito alle proteste guidate dai nativi americani contro il Dakota Access Pipeline nel 2016. La prima causa è stata respinta con la dichiarazione del giudice che le prove erano “davvero insufficienti”. L’ultima azione legale di Energy Transfer; che ha riproposto argomentazioni simili al precedente caso, è stata presentata in North Dakota dove il processo è previsto per il 24 febbraio. In questo Stato non esiste una legislazione contro le SLAPP e, in caso di una vittoria, Greenpeace non recupererebbero integralmente le spese sostenute, un problema che la causa avanzata oggi da Greenpeace International intende affrontare. “L’Italia non è estranea alle SLAPP, fra le azioni strumentali e intimidatorie promosse da compagnie dell’oil&gas si annovera anche quella fatta da ENI nei confronti di Greenpeace Italia, Greenpeace Paesi Bassi e ReCommon – dichiara Simona Abbate di Greenpeace Italia – l grandi colossi fossili, nel tentativo di distrarre l’attenzione dalle loro enormi responsabilità per la crisi climatica, cercano di soffocare ogni voce che si leva in difesa del clima, minacciando inoltre alcuni pilastri fondamentali della nostra società e sanciti dalla Costituzione: la libertà di espressione e il diritto a un ambiente vivibile e sano”.
