Il 6 gennaio del 1980 è uno di quei tragici giorni il cui ricordo è rimasto impresso nella mia memoria. Abitavo a poche centinaia di metri dal Presidente Piersanti Mattarella ucciso quel mattino mentre si apprestava, senza scorta, a recarsi a messa con la famiglia. Ho sentito gli spari della 38 del killer, ho visto la scena del delitto dopo pochi minuti. Fu subito chiaro che fosse un altro delitto politico mafioso, pensato e attuato da coloro che si opponevano a qualsiasi collaborazione politica col Partito comunista, dopo quello di Reina segretario della Democrazia Cristiana di Palermo nel 1979 e poi di quelli di Pio La Torre e Rosario Di Salvo nel 1982 (i tre processi furono infatti successivamente unificati). Bisogna ricordare che Mattarella era stato sostenuto da Moro, ucciso nel 1978 dal terrorismo rosso, perché promotore dell’apertura politica al Partito comunista italiano, ritenuta necessaria per il consolidamento della democrazia, di ammodernamento e sviluppo economico e sociale della Sicilia e del Paese. Il terrorismo, rosso e nero, la mafia sono stati utilizzati da una parte della classe dirigente del Paese per tentare di soffocare la democrazia prefigurata dalla Costituzione repubblicana antifascista. Le carte in regola, le mani pulite propugnate da Piersanti Mattarella, cioè il rispetto della legalità a tutti i livelli: politico, economico, sociale, istituzionale, burocratico per poter negoziare con più forza con lo Stato e con l’Europa un processo di sviluppo nuovo per la Sicilia, libero da corruzione, clientelismo, ingiustizia sociale, povertà e sottosviluppo.
Piersanti Mattarella nel 1975 promosse con l’appoggio del PCI siciliano la prima programmazione degli interventi della Regione per il quinquennio 1975-80. Nel ’78 vara il governo di solidarietà autonomistica con l’appoggio esterno del PCI. Sulla gestione privata delle esattorie, vedi quella dei Salvo, si pronuncia in modo duro contro la presenza della mafia. Quale responsabile del PCI regionale per la politica urbanistica degli enti locali ho partecipato alle riunioni per concordare le proposte di riforma con il Presidente Mattarella e con i suoi consulenti. In quelle occasioni ho avuto modo di apprezzarne le qualità politiche ed umane. Da quegli incontri uscirono le leggi per il decentramento amministrativo degli enti locali e la legge urbanistica l.r. 71/1978, che limiterà l’edificabilità per i terreni agricoli, farà pagare ai costruttori parte degli oneri di urbanizzazione, norme contro speculatori ed abusivismo.
Il governo di solidarietà autonomistica nominerà il primo comitato per la programmazione, proporrà un piano di ammodernamento agricolo, la riforma delle USL, degli enti economici regionali ed i controlli della loro efficienza e trasparenza. Ecco alcuni dei motivi per cui i mafiosi e i loro protettori politici hanno ritenuto necessario sopprimerlo ed impedire la formazione del governo con il PCI.
Fu un momento tragico per la democrazia italiana che fu sconfitto soltanto grazie all’unità della sinistra e delle forze progressiste cattoliche. E’ la lezione storica da tenere presente nell’attuale fase di crisi della democrazia, di sottovalutazione politica e di tentativi di smantellamento con il populismo ed il sovranismo della democrazia parlamentare, della legislazione antimafia ed anticorruzione, del ruolo del mondo del lavoro, dell’impresa onesta, della società civile e delle politiche di inclusione.
Crisi ambientale, decine di guerre nel mondo, rivoluzione tecnologica, controllo di pochi della ricchezza prodotta nel mondo impongono, imitando l’esempio di Mattarella e di Moro una nuova unità strategica della sinistra e delle forze progressiste per salvaguardare la democrazia, la giustizia sociale e la libertà.