Sarà perché per come me la immagino io Shahrazad le assomiglia tantissimo. A Cecilia Sala. Stessi occhi liquidi, stessa dimestichezza con l’arte del racconto. Mille e una novelle la prima. Stories la seconda. La più bella, forse, quella contata a Mario Calabresi il giorno dopo il suo ritorno a casa, con la voce rotta da emozione e pianto.
Quanto mi piace usare come sinonimi contare e raccontare. 1, 2, 3, 4, 5. E C’ era una volta. Anche nell’antichissimo ebraico della Bibbia vale questa equivalenza. E poi in inglese, to count e to recount, in francese, compter e conter.. Cecilia Sala, cercando di contare i giorni trascorsi in prigionia, si contava cose. Che il raggio di luce e un uccellino intravisti dall’unica apertura della cella avessero un nome. Che un giorno l’avrebbero riportata, come era successo per pochissimo tempo una volta, nel cortile del carcere di Evin. Si contava la storia della comica iraniana che aveva incontrato e intervistato pochi giorni prima del sequestro (usiamo le parole di Mario Calabresi, il suo direttore. Che non usa la parola arresto). Si contava che il fidanzato avrebbe letto con lei, per rimanere con le loro due anime vicine, un libro pieno di sesso e di gatti come Kafka sulla spiaggia. Desiderava la Bibbia, Cecilia, perché voleva un libro interminabile a farle compagnia in quella che temeva sarebbe stata una prigionia molto più lunga. Ha chiesto il Corano, pensando che le sarebbe stato dato, in quel carcere bigotto nutrito della paura che gli uomini hanno nei confronti delle donne. Io, se avessi potuto farle avere un libro in quei pacchi mai recapitati che dovevano contenere la nostra ossessione natalizia e cioè il panettone!, avessi potuto farle un regalo, le avrei mandato Le mille e una notte. Che sicuramente non le sarebbe stato consegnato. Perché non è affatto un capolavoro inoffensivo e inutile come può sembrare, Le mille e una notte.
Perché tutti abbiamo mille notti da passare.
Ma lasciatemi contare. C’era un magnifico sultano, Shahriyar, chiamato anche vostra Felicità, il quale un giorno scopre che la moglie lo tradisce. Ferito a morte lui la punisce in maniera molto severa. La ammazza. E poi inizia a generalizzare: le donne sono tutte uguali, vanno punite tutte. A partire da quel momento dormirà ogni notte con una donna diversa e la manderà a morte il mattino dopo. Finché una notte la sua sposa non diventa la figlia del visir, Shahrazad, che ogni notte gli racconta una storia, per mille e una notte gli racconta una storia, e così viene risparmiata perché il sultano vuole sentirla raccontare. E raccontare conta. Diventa una moneta di scambio. E non solo per Shahrazad in quella situazione. Non solo per Cecilia Sala che di lavoro fa quello, racconta, e ha continuato a farlo nella sua testa. Senza occhiali, senza carta e penna. Conta per tutti noi, perché purtroppo, e io non me ne capaciterò mai!, siamo destinati tutti a morire. Ma esiste una piega non ancora esplorata in cui raccontare ci distrae e ci compensa di quello che è il nostro destino.
Tra l’altro mi rendo conto in questo momento in cui scrivo di una particolarità veramente unica delle Mille e una notte. Stiamo dicendo che un racconto deve distrarre. I racconti di Shahrazad dovevano distogliere il sultano dai suoi propositi omicidi contro tutte le donne che fossero divenute sue mogli. Vuole distrarre anche Boccaccio nel suo Decameron, dove nessuna novella proprio per questo motivo parla della peste protagonista invece nella cornice dell’opera. Ed è lo stesso principio per cui in aereo proiettano film che, per distrarre dalla tensione del volo, assolutamente non parleranno mai di incidenti aerei.
E nelle mie Mille e una notte che avrei voluto far avere in carcere a Cecilia Sala? Ecco, nelle Mille e una notte a uno sposo tradito si racconta di tante donne infedeli. E raccontando la loro storia Shahrazad non sta provocando il sultano , come probabilmente intenderebbero i carcerieri di Cecilia Sala e anche le donne guardiane di cui lei parla a Calabresi. Lo sta rieducando. Al sultano viene detto che le donne a volte tradiscono. Ma non si possono odiare e ammazzare tutte e la vita non è fatta solo bianco e nero, di infedeltà femminile contro fedeltà. La vita è fatta di storie bellissime come quella di Sinbad il marinaio, come quella di Aladino. Storie che civilizzano, che riappacificano. Le stories di Cecilia Sala. Che sul momento magari è vero, sembrano non servire a niente. Invece poi ti aiutano a contare e comprare il tempo. Non vuoi sentirle, Maestà?