80 anni dalla Liberazione, verso il 25 aprile 2025

Iran. Solo nel 2024 sono state giustiziate 31 donne

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Continuano le denunce del Movimento Donna Vita e Libertà sulle condizioni delle donne in Iran. Ancora una volta il Movimento dimostra quanto il regime sia assetato di sangue e richiede che l’attenzione internazionale da parte dei media e delle associazioni umanitarie per i diritti non deve mai calare, esattamente come è accaduto per la giornalista italiana Cecilia Sala. Dopo la giornalista Sala è la volta dell’attivista per i diritti delle donne, dei bambini e delle minoranze etniche. Pakhshan Azizi di quarant’anni, che dai tempi dell’università combatte contro disuguaglianze e ingiustizie. Azizi è stata condannata a morte con l’accusa di “ribellione attraverso l’appartenenza a gruppi di opposizione”, semplicemente lavorava come operatrice umanitaria nei campi profughi della Siria. Al momento è incarcerata nella stessa prigione di Cecilia Sala: il famigerato carcere di Evin dove si trovano i dissidenti politici che si oppongono al regime. In questi giorni la Corte Suprema della Repubblica islamica ha confermato la sua condanna a morte per impiccagione emessa dal tribunale rivoluzionario di Teheran nel luglio 2024. Nel caso di Pakhshan Azizi l’accusa è costruita ad arte ed è considerata colpevole due volte: essere donna e di appartenere ad una delle due minoranze etniche maggiormente oppresse i curdi e i belugi. Nel 2009 è stata arrestata la prima volta, rilasciata, poi imprigionata una seconda volta nell’agosto 2023 con la sorella e il padre. Dopo quattro mesi di isolamento è stata trasferita nel reparto femminile assieme ad altre attiviste tra cui il Premio Nobel per la Pace Narges Mohammadi. Il suo legale Amir Raeisiian ha denunciato che il suo processo si è svolto in “spregio ad ogni regola del diritto, in mancanza di indagini e prove”.

Solo nel 2024 sono state giustiziate 31 donne, il numero più alto degli ultimi quindici anni, nel corso dei quali ne sono passate per le mani del boia 241.                                  Al grido di libertà del Movimento Donna Vita Libertà, portavoce di Pakhshan Azizi e di tutte le donne iraniane detenute nelle carceri del regime, si unisce anche Articolo 21.


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