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Il desolante video di Meloni: è ormai rotto ogni velo di ossequio istituzionale

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Il video col quale la Meloni commenta “l’avviso di garanzia” (che non è un avviso di garanzia!) ricevuto dalla Procura della Repubblica di Roma è grave e desolante: sempre più “bulli&pupe”, sempre meno Stato di diritto.

Nel merito della vicenda del generale libico inseguito da un ordine di arresto emesso dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità, effettivamente arrestato dalla DIGOS a Torino, rimesso in libertà dalla Corte di Appello di Roma che ha contestato la irritualità dell’arresto, immediatamente espulso e riportato a Tripoli con un volo di Stato non torno, ognuno ha potuto farsi una opinione in questi giorni.

Così come non commento le accuse di favoreggiamento e peculato contenute nell’atto redatto dalla Procura di Roma nei confronti di Meloni, Piantedosi e Mantovano.

Mi soffermo sulla reazione della Presidente del Consiglio che con un sol colpo è riuscita a trapassare tutti i cattivi, rassicurando la Nazione, soffiando in fine sulla canna della pistola e riponendola nella fondina.

Nell’ordine: il Tribunale penale internazionale trama evidentemente contro l’Italia perché l’arresto sarebbe stato disposto intenzionalmente (rectius “curiosamente”) soltanto quanto il generale libico stava per entrare in Italia; l’avvocato Li Gotti che potrebbe essere l’agente provocatore alla base del provvedimento della Procura di Roma altri non è che un difensore di mafiosi, un amico di Prodi, un sinistro militante, che evidentemente rappresenta un asse del male mafio-comunista che punta a far cadere il Governo della Nazione per tornare a più paludosi e confortevoli ap-prodi; il Procuratore Lo Voi è lo stesso del “fallimentare” processo per sequestro di persona contro Matteo Salvini, con il che il principio di uguaglianza di fronte alla legge e quello di obbligatorietà dell’azione penale sono una volta per tutte liquidati e retrocessi ad utensili buoni soltanto per ripicche tra bande armate di toghe e codici polverosi. Di fronte a questa scena mostruosa, fatta di personaggi grotteschi, coperti di rancori e ragnatele, degna della copertina di un Dylan Dog, si staglia monumentale, radiosa, sicura in bianco avorio che batte su azzurro governativo (quasi blu sabaudo) lei che, difronte a questa orda tenebrosa degna di Sauron, deve combattere l’ennesimo evidente tentativo di ricattarla ed intimidirla, nel superiore ed esclusivo interesse della nazione.

Questo video è l’ennesimo attacco allo Stato di Diritto, che strizza l’occhio alla pretesa impunità di chi vince le elezioni, alla pretesa libertà di fare e di disfare di chi ha la maggioranza, un video che manifesta ancora una volta l’incontenibile insofferenza per quelle regole generali fissate nella Costituzione, nella Legge, nei trattati internazionali che all’indomani dell’orrore della seconda guerra mondiale hanno sancito nuovi equilibri tra l’esercizio legittimo del potere e l’esercizio arbitrario del potere. Questo video piacerà sicuramente a Musk, che inveì contro i magistrati italiani. Piacerà a Salvini, che aveva già “bullizzato” i magistrati rei di protestare civilmente contro la separazione delle carriere, il quale infatti ha immediatamente suonato la carica sulla “riforma” della giustizia che si tradurrà nella subordinazione della magistratura al potere esecutivo.

E’ ormai rotto ogni velo ipocrita di ossequio istituzionale (che nostalgia di frasi come: “Abbiamo fiducia nella giustizia e ci difenderemo nel processo, dimostrando la nostra innocenza”!), vale ormai tutto per screditare i “pesi e i contrappesi” tanto cari ai liberali, per esaltare la volontà di comando che promette di rimettere in ordine le cose (tutte salvo i treni, of course): quella che oggi faceva dire a Quagliarello su Il Giornale “E se alla fine fosse Trump a salvare la democrazia?” O più banalmente alla Santanchè “Io me ne frego!”.

No! Ammesso che sopravviva qualcosa che assomigli formalmente alla democrazia, essa avrà a che fare con i suoi principi costituenti tanto quanto aveva a che fare con un villaggio ricreativo il ghetto di Terezin.

E voi che oggi vi eccitate davanti alle esibizioni muscolari del potere, ricordate, se non Levi e Brecht, almeno Umberto Tozzi: prima o poi, gli altri, siamo noi.

Fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/01/29/meloni-indagata-almasri-video-desolante/7855747/

 


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