La democrazia per essere considerata tale su cosa si basa?
La Costituzione ci insegna che il voto è importante ma non può essere solo il voto. Quante volte abbiamo sentito dire dai vari Meloni, La Russa, Tajani, Salvini: “Gli italiani ci hanno scelto, abbiamo il diritto di governare”.
È vero, ma è giusto precisare che a votarli è stata la metà della metà degli aventi diritto e, chi li ha votati, non ha firmato un assegno in bianco. È la libertà di espressione, l’articolo 21 il termometro della democrazia: il diritto-dovere di informare dei giornalisti e il diritto dei cittadini di essere informati.
È sufficiente guardare i tg per capire che questo nel nostro Paese non sempre accade. Quanti fatti non vengono portati all’attenzione del cittadino?
In questi giorni vi è una netta presa di posizione da parte di numerose Associazioni di famigliari di vittime di mafia e terrorismo, singoli famigliari di vittime, che esprimono, non solo forte preoccupazione ma vera e propria indignazione, per l’articolo 31 del Ddl Sicurezza in discussione in Parlamento che violerebbe principi democratici.
In un comunicato, presente in rete, prevalentemente ignorato dai vecchi media, sta scritto: “In un paese che non ha ancora superato le cicatrici provocate da stragi, omicidi, attentati, depistaggi, dossieraggi, golpe tentati, progetti eversivi e altre fenomenologie criminali della stessa specie, che sono state immancabilmente accompagnate da responsabilità non solo morali, spesso processualmente accertate, di esponenti degli apparati di sicurezza, il solo pensiero di fornire ancora più poteri a tale personale, ivi compreso il potere di delinquere, pare non solo una offesa alla Costituzione repubblicana ma anche eversivo”.
Cosa prevede l’articolo 31? Se approvato come è stato scritto andrebbe a potenziare le attività sotto copertura dei servizi segreti dando nuovi poteri di accesso alle banche, ai dati statali, compresi quelli delle procure e di altri organi chiave dello Stato, portando la pubblica amministrazione a ricordare, in assenza di adeguati sistemi di controllo, ciò che avveniva durante il fascismo con la polizia segreta, trasformando funzionari e impiegati in informatori. Peggio ancora, consentendo agli agenti non solo di partecipare alle organizzazioni terroristico-eversive ma anche di dirigerle e guidarle, persino arruolando nuovi membri.
Il Governo racconta che tutto ciò è fondamentale per la democrazia, ma da quando Giorgia Meloni è presidente del Consiglio, in Italia è aumentata la cultura autoritaria e c’è stato un forte rigurgito di fascismo: manifestazioni squadriste in lungo e in largo la Penisola, con la polizia che interviene per proteggere i camerati, addirittura, come è accaduto a Bologna, prende ordini da dirigenti di CasaPound, mentre i cortei pacifici degli studenti vengono presi a manganellate, non mi riferisco a quelli degli Antagonisti, la violenza da qualsiasi parte arrivi va sempre condannata, è sufficiente gridare ad una manifestazione di neofascisti: “Viva l’Antifascismo”, per essere schedati, infine le contestazioni nei confronti del lavoro della magistratura con l’ennesimo tentativo di fare una legge che metta i giudici sotto il controllo del potere politico.
L’informazione, la corretta informazione, quella che racconta i fatti come sono accaduti, non si combina con chi governa che non ammette critiche e che usa lo strumento della denuncia come mai è accaduto nel passato. A questa crisi della libertà di informazione collaborano anche quei giornalisti che vanno in tv, nei talk, sostituendosi ai politici. Una degenerazione che è diventata internazionale a dimostrazione che i regimi hanno paura della libera informazione e combattono contro il libero giornalista per imbavagliarlo, a volte per sempre.
Lo dimostra il rapporto annuale (2024) dell’IFI (Federazione Internazionale dei Giornalisti) che denuncia il netto aumento dei cronisti arrestati: 520 (al primo posto la Cina con 135 seguita da Israele con 59), mentre quelli uccisi sono stati 104; 130 i giornalisti morti a Gaza da ottobre 2023.