Sono ore in cui ci scambiamo auguri e auspici di cose piacevoli da vivere nei prossimi 12 mesi. Ma è impossibile nasconderci che questo è stato uno dei peggiori capodanni del dopoguerra.
I nostri cuori lo sanno: troppi morti, troppe guerre diffuse, troppa indifferenza. Persino troppi opinionisti che cercano di convincerci che la guerra è necessaria, ineludibile, persino giusta. Ma poi sotto i nostri occhi scorrono immagini.
Poche in verità, scarne e quasi mai proposte dai telegiornali pubblici e privati. Passano su internet, sui social, su questa rete diffusa su tutto il pianeta, spesso difficile da decifrare, spesso ingannevole, spesso diretta artatamente da chi vuole indirizzare le nostre coscienze.
Alla fine della paziente selezione però qualcosa resta. Sono occhi di bambini impauriti e tremanti per il freddo e la fame o un medico in camice bianco che cammina, solo, in mezzo alle macerie del suo ospedale distrutto a Gaza Nord. Forse è lui che dovrebbe essere riconosciuto come “uomo dell’anno”: il Dott. Abu Safya che ha difeso i suoi pazienti, il loro diritto ad essere assistiti, che ha difeso il principio che un ospedale – il Kamal Adwan – non può essere un obiettivo militare. E che ha perso la sua coraggiosa battaglia; come sta perdendo il diritto internazionale, nell’inferno di Gaza. Abu Safya è stato catturato dall’esercito israeliano insieme a pazienti e personale medico. Il suo destino è ignoto.
200 giornalisti uccisi. Migliaia di vittime civili, decine di migliaia: bambini, donne, esseri umani inermi. La striscia è rasa al suolo, i campi di fortuna colpiti incessantemente. Ancora morti, anche arsi vivi. Sei neonati uccisi dal freddo e dalla fame. Mancano il cibo e l’acqua. Mancano gli elementi essenziali per sopravvivere. Non ci sono più ospedali.
Israele sta annientando un popolo. Distruggendo il suo territorio, distruggendo la sua memoria. Decine di relazioni, dettagliata e scrupolosa quella di Amnesty International, spiegano che a Gaza è in atto un genocidio. Un genocidio. Sotto i nostri occhi.
Scriveva Primo Levi. “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”.
E’ ciò che sta avvenendo. Non vedere il genocidio perpetrato da Israele nei confronti dei palestinesi equivale a chiudere gli occhi consentendo che la strage e i crimini di guerra proseguano. L’assenza di opposizione internazionale, l’assenza di decisioni che impongano sanzioni ad Israele e il divieto di cedergli armi, rendono complice la comunità mondiale che assiste muta alla strage.
(nella foto l’ultima immagine del Dott. Abu Safya – Palestine Chronicle)