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Di Andy Rocchelli non s’ha da parlare. Il totale disimpegno della politica

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La tentazione dei bilanci a fine anno è sempre in agguato. E anche alla fine di questo 2024 è difficile sottrarsi all’esigenza di fare il punto su ciò che si è fatto e su quanto invece ancora si attende, per ora invano. La scadenza di un anniversario decennale rende poi il bilancio ineludibile. Sono infatti passati 10 anni e qualche mese da quel 24 maggio 2014 che vide abbattere a Sloviansk da colpi di mortaio ucraino il fotografo italiano Andy Rocchelli e l’attivista russo Andrei Mironov, lasciando ferito un altro fotografo, il francese William Roguelon. Questo 2024 è stato un anno fitto di iniziative: un libro – Il valore della testimonianza, ed. Contrasto – che propone una selezione dell’opera fotografica di Rocchelli con vari testi, tra cui un riepilogo delle indagini e della storia giudiziaria, di Anna Dichiarante, i commenti di Mario Calabresi e di Michele Smargiassi, il ricordo personale di Gabri Micalizzi; qualche intervento televisivo e in particolare uno molto incisivo di Mario Calabresi ospite di Corrado Formigli a Piazza pulita; un docu-film di Arianna Arcara presentato alle Gallerie d’Italia di Torino e diversi articoli nella stampa, dal “Manifesto” ad Articolo 21, da “Elle” a Vialibera.it. Non sono mancate le mostre: a Pavia con le Finestre per Andy, occasione di una spontanea affettuosa partecipazione della cittadinanza, e poi a Ronchi, a Savignano, a Pontecurone, ad Ancona, a Torino nel contesto del Premio Morrione per il giornalismo d’inchiesta, a Roma all’Ordine dei giornalisti. E ancora a Roma se ne aprirà una a fine gennaio grazie all’Associazione Libera. In tutte queste occasioni l’impegno e la passione di Andy fotografo, la storia giudiziaria di una verità fattuale chiarita e delle responsabilità ucraine accertate dalla magistratura italiana sono state discusse pubblicamente e connesse alla casistica infinita dei crimini impuniti perpetrati contro chi lavora per un’informazione libera e indipendente nei contesti di crisi e di dittatura di tutto il pianeta. In questo bilancio, che documenta l’attenzione dell’opinione pubblica e del mondo dell’informazione per la vicenda c’è un capitolo mancante, una voce assente. La politica tace, le istituzioni di governo italiane continuano ad eludere il problema come si trattasse di una questione sconveniente e politicamente inopportuna: la magistratura italiana ha definito il duplice attacco delle forze armate ucraine un crimine di guerra, ma chi guida la politica estera italiana e ispira l’azione diplomatica non ne chiede conto al governo ucraino, un governo, si badi, amico al cui fianco l’Italia si è schierata dopo la sciagurata invasione russa di quasi tre anni fa. Non sono mancate, per la verità, le sollecitazioni a prendere in esame la vicenda nel contesto dell’establishment politico: nel luglio di quest’anno è stata promossa un’audizione sul caso Rocchelli dal Comitato permanente per i diritti umani presieduto dall’onorevole Laura Boldrini. E la stessa onorevole Boldrini ha presentato il 4 luglio su questo tema un’interrogazione in commissione al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. L’interrogazione, cofirmata dai deputati Gianni Cuperlo, Fabio Porta e Giovanni Provenzano, chiede al governo italiano di compiere «ogni sforzo, nell’ambito dei propri poteri, per evitare che gli omicidi di Andrea Rocchelli e Andrej Mironov rimangano impuniti». Vox clamans in deserto? Così pare, perché a tutt’oggi nessuna risposta è stata data all’interrogazione che meritoriamente sollevava una questione legata, da un lato, alla libertà d’informazione, pilastro di ogni democrazia che si rispetti e, dall’altro, alla politica internazionale, deputata anche a difendere l’incolumità dei suoi cittadini, civili inermi, giornalisti, fotografi, videoperatori. Ma il caso Rocchelli continua a restare in un cono d’ombra, si parla dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato e in Europa, ma l’Italia ufficiale esclude di interrogarsi su un crimine di guerra commesso dalle forze armate ucraine e occultato dalle autorità di quel paese.


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