BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Così Andò…

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L’abbaglio. Di Roberto Andò.

Con Tony Servillo, Salvo Ficarra, Valentino Picone, Giulia Andò, Tommaso Ragno.

Garibaldi, per depistare i borbonici, prima di entrare a Palermo, crea un diversivo col colonnello Orsini, che andò con una colonna in giro per la Sicilia. Il nemico abbocca e segue. . . Vittoria!

Una sfida cinematografica sul tema centrale del Risorgimento italiano: l’impresa dei Mille. Parzialmente storica, l’opera forse è più attuale di tanti film sul nuovo millennio. Come non pensare ad oggi nel cogliere il senso di disfatta che i giovani del 1860 ebbero dopo l’unità di Italia. Unità oggi a rischio. Anche in questo film il bravissimo Andò si accosta a Sciascia e Pirandello che, nel suo “I vecchi e i giovani”, offre una limpida analisi della crisi morale della fine dell’800.

Ma intere pagine sarebbero necessarie solo per rilevare le tantissime citazioni sparse ne “L’abbaglio”. Come nella scena dei soldati della nebbia che rimanda a “Kaos” dei Taviani, come confermatoci dal maestro. Sapida anche l’auto-citazione nella scena del versarsi dell’inchiostro sullo scritto del colonnello Orsini. Come non pensare alla splendida scena del sangue che Tommasi di Lampedusa fa cadere sul manoscritto del titolo: “Il manoscritto del principe”.

Ecco che la sfida, che Andò ha vinto, comporta il confronto con veri mostri sacri del cinema italiano. Da bambini ci entrò nel cuore il “Gattopardo” di Visconti. Ma già da adulti riconoscemmo che l’eccesso di zelo del grande regista (poi pedissequo in Zeffirelli) creava un’aura di rimpianto per un mondo che, solo formalmente, non c’è più. Un altro regista fu aiuto di Visconti: Francesco Rosi, ecco che Roberto Andò sa meglio rifarsi al rigore professionale e morale di quest’ultimo.

Nel film si ride. Ma l’affare è molto serio. Con Ficarra e Picone che governano tutte le sfumature drammaturgiche, mutando, con un alzarsi di ciglio, la commedia in tragedia. Nulla di più universale ed umano. Anche qui la storia del cinema ci aiuta. Come non pensare a Gassman-Sordi de “La grande guerra”. Per campanilismo tifiamo per i due siciliani. Un film veramente corale, con un cast, più che stellare, solare, anche perché colmo dei migliori attori siciliani. Governati con la risaputa signorilità del regista. Mentre i conti e i Visconti tanto signori non erano.

Ecco che il magnifico film di Andò, forte dei rimandi, si inserisce, da subito, nella storia del cinema italiano. Come corpo vivo si alimenta, già nel suo DNA, delle storie: la storia narrata, la storia del cinema e quella della letteratura. Volutamente il regista si scosta da una lettura teatrale, come invece brillantemente fece con “La stranezza”. Ma tanto, in Sicilia, il teatro è in ogni angolo di via.


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