BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Ciao Fabio, sei andato via troppo presto!

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Se ne è andato troppo presto, coinvolto in un incidente stradale a Milano, mentre tornava a casa dopo il lavoro, il giornalista Fabio Postiglione.

«57 i giornalisti minacciati in Campania, ma la città non si indigna»: era il titolo di un suo articolo, pubblicato sul sito di Articolo21, quando fu minacciato dalla camorra per le sue scottanti inchieste, fino a ricevere la tutela di un servizio di vigilanza nel 2015; quell’anno  il suo nome emerse nel corso di un’intercettazione tra un boss della camorra e i suoi familiari, in cui lo si voleva zittire: «Quel giornalista deve essere sistemato».

Non si conoscono ancora le dinamiche del terribile incidente, sul quale sono in corso accertamenti. Secondo le prime informazioni, come viene riportato nelle pagine del Corriere della Sera, un van avrebbe urtato la sua moto, facendogli perdere il controllo. La caduta ha portato Fabio a scivolare sull’asfalto, fino a impattare contro il guard rail. I soccorsi sono giunti tempestivamente con un’ambulanza in codice rosso e l’intervento dei Vigili del fuoco, ma le sue condizioni sono apparse subito critiche. Nonostante gli sforzi dei medici all’ospedale San Raffaele, ogni tentativo di salvarlo è stato vano. Nel frattempo – come scrivono dalle pagine del Corriere – il conducente del veicolo coinvolto è sotto indagine per omicidio stradale, mentre sono in attesa ulteriori accertamenti; l’uomo risulta negativo all’alcol test.

Postiglione era approdato dal 2020 al Corriere della Sera, dopo una straordinaria gavetta, prima al Roma, testata per quale si occupava di cronaca nera e di giudiziaria e poi al Corriere del Mezzogiorno (con una collaborazione anche da Matera, dove curava il dorso lucano del Corriere), e una lunga collaborazione all’Agi. Un giornalista di razza, anche per la sua capacità di non farsi intimorire dalla criminalità organizzata.

«In un incontro pubblico promosso a Napoli – scrivono i suoi colleghi dalle pagine del Corriere della Sera –  nel 2018, fu lui stesso a raccontare di quando si era fatto prestare l’auto dal fratello ma non potè restituirla: fu data alle fiamme. Non si è mai fermato, Postiglione, nemmeno dopo altre intimidazioni, come quando gli squarciarono il sellino dello scooter, bucarono le ruote, frantumarono il lunotto di un’altra auto, stavolta la sua. Il suo nome comparve in alcune intercettazioni tra un boss e i suoi familiari e per lui erano state attivate misure di vigilanza».

«L’avevamo salutato ieri sera, dopo la chiusura delle pagine e aver fatto il punto sulla riunione – raccontano ancora gli amici di redazione –  per impostare il lavoro dell’indomani. Pensieri, spunti, idee. Come sempre (…). Innamorato di Valentina, di Napoli, del Napoli, di Maradona e della Sicilia, la terra di lei, appena poteva prendeva un volo e andava. Negli ultimi tempi anche per assistere la madre malata. Una situazione che non gli ha mai fatto perdere l’ironia: “Come va laggiù in fondo?, scherzava con milanisti, juventini e interisti a ogni vittoria del Napoli. Abbiamo perso un grande collega e un amico speciale».

Il cordoglio della comunità di Articolo21, che si stringe attorno al dolore della moglie, Valentina Trifiletti, anche lei giornalista, a Mediaset, della sua famiglia, dei colleghi e amici. Ripubblichiamo il suo articolo, la sua denuncia verso l’indifferenza nei confronti di chi rischia la vita, facendo il suo mestiere, per quello che è stato e sarà un giornalista – giornalista, con la schiena dritta!

«Mi sono commosso, più volte lo faccio. Non per paura, quella ce l’ho ma so come dominarla, ma per rabbia. Quella che ti prende quando pensi che tutto sia inutile, che tanto le cose non cambiano. Io non penso che le cose possano cambiare in questa città, ma sono convinto però che chi sbaglia prima o poi i conti con la giustizia li fa. Quando parlo di ciò che mi è accaduto, che mi accade, mi commuovo perché sono “incazzato”. Questa rabbia mi prende ogniqualvolta penso a Napoli, alla mia città intrappolata nella camorra. Vorrei che tutti ci indignassimo di fronte alla criminalità e vorrei che la mia città si indignasse quando uno dei suoi figli viene minacciato.

Non è solo il mio caso, sono 57 i giornalisti minacciati in Campania, ma la città non si indigna. Questo fa “incazzare”. Vorrei che le istituzioni, i preti, gli insegnanti facessero comprendere a tutti il valore della libertà di informazione. Un giornalista minacciato è un problema di tutti, deve essere un problema di tutta la città, non solo il mio o della mia famiglia. Io scrivo per il quotidiano Roma, il più antico del Mezzogiorno d’Italia, fondato dai garibaldini quando sognavano un’Italia unita ed inneggiavano a Roma capitale di una nazione con sani valori. Da luglio, dopo alcune inchieste su un giro milionario di estorsioni organizzato dai alcuni clan napoletani, sono stato bersagliato con sette atti intimidatori sotto casa, hanno violato la mia intimità distruggendomi l’auto. “Sappiamo dove sei ma non ci palesiamo”, questo il messaggio oscuro che mi lanciano. Vado avanti. Tutti i miei colleghi lo fanno. Napoli è una città di frontiera, sogno che diventi capitale della libertà».


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