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Caso Todde: una farsa a danno del futuro della Sardegna

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Da ‘velenosa bolla di sapone’, come l’avevo definita qualche giorno fa scrivendone sul nostro sito, la vicenda della richiesta di decadenza della Todde da presidente della Regione Sardegna si sta trasformando in una farsa prodotta da una  articolata regia.

Lo sviluppo più recente riguarda il modo in cui si è giunti alla presentazione della richiesta al Consiglio Regionale da parte del Collegio di garanzia, che analizza la correttezza dei rendiconti presentati dai candidati alle elezioni, istituito presso la Corte d’Appello di Cagliari, collegio che erroneamente si credeva fosse composto solo da magistrati. I sette componenti erano così distribuiti per professione (e ovviamente anche per appartenenza o vicinanza politica, non meglio definite): due commercialisti, un docente universitario, un giudice minorile, due magistrati della Corte d’Appello, oltre alla presidente del Tribunale che poi ha firmato la perentoria richiesta di ‘decadenza’.

 La decisione è stata presa a maggioranza e il risultato porta davvero a far credere che più che dal merito della questione i componenti siano stati condizionati da altri giudizi: 4-3, così suddivisi. Per il no alla richiesta e quindi fermarsi eventualmente solo ad una sanzione di carattere burocratico-amministrativa, i due giudici della corte d’appello e una commercialista; per il sì alla proposta di decadenza il giudice minorile e gli altri due commercialisti, ai quali si è aggiunta la presidente Gemma Cucca.

Tutto questo è accaduto mentre una parte dei giuristi ha sottolineato il fatto che il Collegio di Garanzia non avrebbe dovuto occuparsi della Todde, in quanto non era candidata alle regionali come consigliera, ma direttamente come Presidente. Su questa parte della vicenda mercoledì si riunirà il gruppo di lavoro del Consiglio che dovrà decidere se portare in aula la richiesta del collegio  di garanzia (novanta giorni di tempo per pronunciarsi) o addirittura astenersi perché non di sua competenza visto che il suo compito è una valutazione degli adempimenti dei consiglieri eletti, non della presidenza.

Ora tutta questa snervante manfrina perché è stata messa in piedi e rischia di protrarsi nel tempo rallentando i provvedimenti urgenti che devono essere presi per una regione che attende disperatamente interventi nella sanità, per l’occupazione, per la transizione energetica? Dietro tutto questo c’è una violenta azione politica cominciata appena il ‘campo largo’ aveva vinto le elezioni. Primo assalto sull’energia. Opposizione all’eolico e al fotovoltaico con una inconfessata propensione a ricorrere ancora all’uso del fossile che tanti guai alla salute e al territorio ha già prodotto. L’esasperante campagna condotta dall’impero editoriale di Zuncheddu ha prodotto anche una mobilitazione popolare come se fosse colpa della nuova maggioranza il non opporsi agli speculatori d’ogni risma che peraltro si erano presentati anni prima nel silenzio assoluto della giunta sardo-leghista.

Non ancora soddisfatta, la Lega ha addirittura deciso di aprire dei banchetti dai quali far partire la richiesta di dimissioni della Todde.

Proprio loro che devono 49 milioni di euro allo Stato, si permettono di sindacare su una vicenda che ruota intorno ad una bolletta elettrica di 153 euro andata persa. Che si vergognino” è stata la pronta reazione di Sinistra Futura che sostiene a spada tratta la Todde ritenendo che l’obiettivo vero di chi la contrasta in modo tanto violento sia il suo programma di sottrarre a precise lobbies economiche e massoniche il controllo su questioni fondamentali per il futuro dell’isola, proprio come la sanità e l’energia pulita prodotta dal vento e dal sole.

Una controprova è data dal fatto che dopo l’accantonamento del ruolo della cosiddetta ‘Pratobello 24’ nei giorni di maggior pressione sul caso Todde, ora che il pallone si sta sgonfiando viene rilanciata quella lotta popolare che è legittima, ma che è stata fatta nascere artificiosamente grazie a paure e bugie.

 

(Foto profilo FB Todde)


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