La spaventosa strage di Calenzano che ha fatto salire ad oltre 1.400 i morti sul lavoro dall’inizio dell’anno (secondo l’INAIL) dovrebbe spingere le forze politiche democratiche a porsi e porre un interrogativo: ma per maggioranza e governo il mondo del lavoro è escluso dagli interventi per la sicurezza dei cittadini? Al DDL che, come una qualunque, banale fake news, viene definito proprio della ‘sicurezza’ bisognerebbe cambiare nome e definirlo per quello che realmente è: ‘DDL della repressione’. Un altro motivo per dare ancor maggior forza alla manifestazione che si terrà sabato prossimo 14 dicembre. Sì, perché mentre si vietano le iniziative di protesta e i sit-in, non c’è una sola parola che impegni le istituzioni a tutelare meglio i lavoratori. Dove erano gli ispettori che avrebbero dovuto vigilare sulla correttezza della contemporanea presenza, sotto le pensiline del deposito ENI, di ben cinque autocisterne in coda per caricare combustibile? E se quelle modalità di accesso risultassero corrispondenti alle norme, chi le ha varate, con quale competenza e previsione del pericolo? E quanti ispettori vengono impiegati nel controllo delle industrie, delle imprese edili o di quelle agricole? Tutto il rispetto per poliziotti, carabinieri, militari della Guardia di Finanza, ma perché si parla solo di loro, dei loro numeri, del loro utilizzo e non si pensa mai a come migliorare i controlli sui luoghi di lavoro? Non sarebbe meglio disporre di meno manganelli contro studenti e operai e contare su un maggior numero di strumenti a tutela di operai, artigiani, autotrasportatori, agricoltori? Una ulteriore conferma delle scelte politiche di una destra italiana che ha l’ambizione di diventare una sorta di scuola guida per i loro camerati mondiali, soprattutto dopo il nuovo avvento di Trump. Come interpretare altrimenti le scelte di amnistiare i no vax – che commisero un reato in piena pandemia Covid e causarono la morte di chissà quante persone – e condannare tanti cronisti a multe salate solo per aver fatto il loro lavoro? La tragedia di Calenzano sta già abbandonando le prime pagine, come se le morti sul lavoro, comunque si presentino, siano il prezzo da pagare obbligatoriamente ad un capitalismo che non conosce il rispetto delle persone. Per questo pian piano notizie su drammi come quello vengono oscurate per poi essere accantonate e dimenticate. Ma cosa sarà delle famiglie dei cinque autotrasportatori spazzati via da una tremenda esplosione che si è sentita a chilometri di distanza e che ha causato un imponente inquinamenti atmosferico? Cinque lavoratori in rappresentanza di un’Italia pesantemente squilibrata nel fornire occasioni di lavoro: due di loro erano lucani, uno del napoletano, uno di Catania, il quinto della provincia di Novara. Neppure questo dato sarà in grado di produrre una riflessione? O il silenzio sarà il metodo adottato per non entrare nel merito delle scelte operative del principale colosso industriale italiano, l’ENI?