Dal 2017 l’Italia ha siglato un accordo con la Libia per la fornitura di motovedette alla Guardia Costiera di quel Paese e da allora quei mezzi sono utilizzati spesso per sparare contro i migranti. Una situazione al limite del paradosso, tanto più che il costo di quelle forniture è elevatissimo e oggi rappresenta la foglia di fico dietro la quale si consuma una caccia ai migranti con mezzi italiani. La Guardia costiera libica continua a inviare il proprio personale ad addestrarsi in Italia, presso la sezione navale di Gaeta. L’ultimo episodio probante su ciò che avviene al largo delle coste libiche e talvolta anche ben oltre quel limite ha riguardato la Geo Barents, la nave umanitaria di Medici senza frontiere, con a bordo le 83 persone tratte in salvo il 28 novembre scorso in acque internazionali. Quando c’è stato il soccorso sul posto è stata trovata anche un’imbarcazione veloce che ha riferito di appartenere alla guardia costiera libica. Secondo la ricostruzione resa possibile proprio grazie alle testimonianze dei soccorritori sulla motovedetta c’erano uomini armati e con il volto coperto, che hanno sparato in aria e in acqua, facendo gettare in mare oltre 70 persone presenti sul gommone e caricandone sulle motovedette altre 29 tra donne e bambini, che quindi sono stati riportati in Libia. Purtroppo è una sequenza che si ripete e che chiama in causa il ruolo dell’Italia e del famoso protocollo del 2017.
Nella foto la cerimonia di consegna delle prime 10 motovedette italiane il 21 aprile 2017 a Gaeta, che sarebbero dovute servire “contro il traffico dei migranti” invece che per sparare contro i migranti.