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Politica: adesso vanno colti i segnali positivi del 2024

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Segno di forza oppure di debolezza e paura sulla totale affidabilità dei suoi alleati? Al di là della valutazione che si potrà dare della scelta della Meloni sul cammino istituzionale della legge finanziaria, è certo che la volontà imposta di non accettare alcuna discussione in commissione prima e in aula dopo, è stata un’ulteriore conferma di quale forma di Stato ha in mente, con la marginalizzazione se non proprio con l’esclusione del confronto con i rappresentanti eletti del popolo italiano. Del resto dalla ‘bocca della verità’, quella di Ignazio Benito Maria La Russa, presidente del Senato, è venuta forte e chiara la dichiarazione che ‘il bicameralismo va cambiato’. Ma forse intendeva abolito.

L’anno si è chiuso dunque così, con l’ennesima affermazione autoritaria di un potere che sembra non conoscere delimitazioni. Almeno nelle intenzioni di chi quel potere detiene. Eppure, anche se politicamente non è stato utilizzata finora nel modo migliore, qualche crepa nell’imbattibilità di Giorgia Meloni, del suo governo e della sua maggioranza, è stata aperta nel corso dell’anno che si chiude e su cui si potrebbe lavorare meglio nell’anno che si apre. Vediamo come, dove e in qual modo.

Cominciamo dalla Sardegna. Governata per cinque anni da un presidente sardista diventato prima senatore con la Lega e poi presidente della Regione, l’isola era saldamente nelle mani del centrodestra, a guida sardo-leghista, anche nei comuni maggiori. Il 25 e il 26 febbraio la svolta inattesa, imprevista. Alessandra Todde, pentastellata, alla guida di una coalizione definita ‘campo largo’, vince le elezioni regionali grazie al suo notevole successo personale. Lo scarto è di soli tremila voti ma bastano per mandare all’opposizione il centrodestra guidato dall’ex sindaco di Cagliari Paolo Truzzu. La vittoria alle regionali è la premessa per quanto avverrà successivamente alle amministrative. Cagliari, Sassari e Alghero scelgono di cambiare e si conferma l’affermazione del centrosinistra. Diventano sindaci Massimo Zedda, Giuseppe Mascia e Raimondo Cacciotto.

E siccome intravedere la possibilità delle vittoria fa bene a chiunque decida di mettersi in gioco, quanto accaduto in Sardegna diventa un esempio. Così anche in Emilia Romagna e Umbria il centrosinistra vince, e comunque mostra una bella vitalità in Liguria, nonostante Orlando non ce la faccia a sconfiggere Bucci. Insomma l’effetto cascata ha prodotto i suoi risultati.

Ora, come proseguire? Innanzi tutto occorrerebbe dare maggiore ascolto a Pierluigi Bersani quando afferma che di fronte alla mancanza di idee del centrodestra di capacità progettuale, la risposta della sinistra è debole: “Sì, denuncia gli errori, fa qualche proposta, ma c’è la consapevolezza della gravità delle fase? (…) Giusto parlare di sanità, scuola, salari, ma non si vede ancora il carro su cui caricare queste proposte. Mentre denunciamo i disastri della maggioranza, dobbiamo dare una risposta all’altezza”.

Quale ‘carro’, dunque? Il ‘campo largo’ non basta più, perché era sceso in campo prevalentemente contro, non pro. Era largo perché radunava quanti non si riconoscevano o rifiutavano la politica del centro destra. Per passare dalla semplice difesa a costruire una strategia d’attacco forse bisogna partire già dal cambio di nome dell’alleanza. Non più ’campo largo’, ma ‘campo progressista’ per progettare un futuro che dia speranza, che rifiuti la rassegnazione o l’ineluttabilità della rinuncia alla sanità pubblica, all’occupazione – sempre più precaria e sottopagata -, ad una scuola pubblica continuamente impoverita, alla deindustrializzazione, al continuo aumento delle spese per l’armamento da guerra. Questo si aspettano gli elettori democratici. Sulla base di queste scelte potrebbero trovare un nuovo stimolo per riprendere a partecipare alla vita politica e agli appuntamenti elettorali, dai quali si sono spaventosamente  sempre più allontanati. E solo così si riuscirà a mandare a casa una destra pericolosa per la democrazia, che rifiuta di riconoscersi nella Costituzione antifascista, antirazzista, antimilitarista, pacifista, solidale e preferisce abbracciare acriticamente i Musk, gli Orban, i Trump che guardano con curiosità e sostegno ai nazisti dell’AFD tedesca. Ed hanno anche il coraggio di definirsi ‘patrioti’!

È insomma urgente ricostituire tutti i valori sui quali è stata costruita la Repubblica nata dalla Resistenza: dal lavoro al ripudio della guerra, dalla sanità alla scuola pubblica, all’accoglienza per fermare la deriva autoritaria, parafascista che il governo Meloni e la sua maggioranza stanno perseguendo con determinazione. Un primo segnale potremmo averlo il 7 gennaio per il raduno fascista di Acca Larentia. Vedremo se ancora una volta ci sarà totale tolleranza o addirittura tutela.


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