Un’ecatombe impressionante che il governo Meloni non pensa minimamente di fermare o almeno ridurre, mettendo in campo strumenti di prevenzione adeguati. La strage non conosce confini regionali, né specifici luoghi di lavoro. Ieri, ad esempio, hanno perso la vita in tre: a Cagliari, Genova e a Postiglione, nel salernitano. Tragedie particolarmente dolorose per le famiglie, che perdono i loro cari alla vigilia della festa più attesa e vissuta dell’anno.
A che serve riempirsi la bocca di un disegno di legge definito, di ‘sicurezza’, se non riguarda minimamente il mondo del lavoro? ‘Tolleranza zero’ per tutto, tranne che per la tutela dei lavoratori?
A Cagliari ha perso la vita un meccanico, Stefano Deiana, soprannominato Jerry per la sua somiglianza con Jerry Calà, di 57 anni. Dipendente di una officina meccanica specializzata in lavori di riparazione su mezzi pesanti, è morto schiacciato dal camion sotto il quale stava lavorando. Scampato alla tragedia, ma ferito, anche il giovane senegalese Abdulaye Lo, di 27 anni, che lo stava affiancando nel lavoro.
A Genova ha perso la vita il portuale Giovanni Battista Macciò, di 52 anni, conosciuto con il nome di Francesco. È rimasto schiacciato tra due ralle, i mezzi adibiti allo spostamento dei container. L’incidente è accaduto alle tre del mattino, nel porto del capoluogo ligure, mentre l’uomo controllava i sigilli di un container. Macciò è stato la ventesima vittima sul lavoro in Liguria dall’inizio dell’anno.
Nel salernitano, a Postiglione, la più giovane delle vittime di ieri. Aveva 36 anni, si chiamava Domenico Caputo. Anche lui, per una tragica similitudine, morto schiacciato da un camion parcheggiato negli spazi dell’impresa di famiglia.
A Genova, la reazione operaia è stata immediata. Bloccate tutte le attività portuali e traffico impazzito. Netta presa di posizione di Cgil, Cisl e Uil di categoria: ”Basta morti sul lavoro. Inaccettabile uscire di casa e non tornare più dalla tua famiglia”.
Anche a Cagliari la risposta sindacale è stata immediata. Deiana è stato la venticinquesima vittima sul lavoro di questo terribile 2024, 7 in più rispetto al 2023. Durissima la protesta della CGIL: “Sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici che costruiscono la ricchezza del Paese si scaricano le storture di un sistema economico e di un modello di produzione che considerano salute e sicurezza come costi da tagliare anziché come investimenti prioritari”. Da qui, conclude il segretario regionale della CGIL Fausto Durante, deriva il fatto che si tagliano i fondi investiti sulla prevenzione per la protezione contro gli incidenti e sull’attività degli ispettori del lavoro.
Non so se la ministra del lavoro o qualche altro suo collega di governo abbiano almeno espresso cordoglio per quanto accaduto e continua ad accadere. Quel che proprio non si vede è un qualunque tipo di intervento di tutela, espressione di sensibilità sociale. Possibile che possano pensare solo a punire e reprimere i pochi strumenti pacifici in possesso del mondo del lavoro per sottolineare ingiustizie, rischi, pericoli e chiedere rispetto e retribuzioni adeguate?