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Migranti, il miracolo di Natale di Yasmine e la vergogna di un paese

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I soccorritori del veliero Trotamar III, dell’ong Compass Collective, l’hanno trovata semi congelata aggrappata ad alcune camere d’aria . Salva grazie alle sue urla disperate, Yasmine, 11 anni, è l’unicaunica sopravvissuta dell’ultimo naufragio al largo di Lampedusa,. L’equipaggio dell’imbarcazione l’ha recuperata nel canale di Sicilia prima che fosse troppo tardi.

La storia di Yasmine è un piccolo miracolo di Natale. In un contesto di dolore e disperazione, un faro di speranza che illumina le oscure acque in cui molti, troppi, perdono la vita.

Ma mentre ci inchiniamo di fronte alla gioia per la sua salvezza, dobbiamo anche chiedere: a che prezzo?

Non possiamo permetterci di dimenticare che, per ogni Yasmine salvata, ci sono centinaia di vite spezzate, storie mai raccontate e sogni affogati nel mare. La tragedia dei migranti nel Mediterraneo è un tema che ci interroga profondamente, rivelando la nostra umanità e il nostro senso di responsabilità nei confronti dell’altro. L’egoismo di chi cerca di bloccare i flussi migratori con muri, leggi draconiane e indifferenza sta alimentando una crisi umanitaria senza precedenti, creando un ambiente in cui la vita umana sembra avere un valore pari a nullo.

La narrazione dominante spesso si concentra sull’emergenza, sulla sicurezza, sulla necessità di respingere coloro che tentano di cercare una vita migliore. Ma questo approccio, oltre a essere moralmente discutibile, si scontra con la realtà di una crescita globale disuguale, di conflitti e persecuzioni che costringono le persone a lasciare le proprie case. Le storie di vita come quella di Yasmine rappresentano solo la punta dell’iceberg; sotto la superficie ci sono famiglie distrutte, madri che non rivedranno mai più i loro figli, uomini e donne che hanno perso tutto nel tentativo di sfuggire a una vita di miseria.

Il miracolo della salvezza di Yasmine non deve quindi farci perdere di vista la tragedia che si consuma ogni giorno nel Mediterraneo. Dobbiamo affrontare la realtà che l’egoismo politico e il cinismo di chi guida le politiche migratorie stanno contribuendo a una crisi che continua a mietere vittime. Ogni morte in mare è un fallimento collettivo, una sconfitta della società e delle sue istituzioni.

Celebrare la vita attraverso la salvezza di Yasmine significa anche impegnarsi in una riflessione profonda sul modo in cui trattiamo i migranti e i rifugiati. Significa lottare per un cambiamento di paradigma, da una visione della migrazione come minaccia a una comprensione di essa come opportunità. Affinché la storia di Yasmine non rimanga un’eccezione ma divenga la norma, dobbiamo promuovere politiche che garantiscano la sicurezza e la dignità a chi cerca rifugio, a chi fugge dalla guerra e dalla povertà.

Il Natale è un momento di riflessione e speranza, ma è anche un appello all’azione. Che la salvezza di Yasmine ci ispiri non solo a gioire, ma a costruire un mondo in cui storie come la sua possano essere la norma, in cui ogni bambino possa sentirsi al sicuro, non solo in mare ma in ogni angolo del mondo. Non possiamo permettere che il miracolo del Natale si trasformi in un alibi per ignorare la vergogna delle morti nel Mediterraneo. È tempo di agire, di ascoltare le voci di chi ha bisogno e di lavorare insieme per costruire un futuro più giusto e umano per tutti.

Credits foto Compass Collective


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