Alla viglia del 92esimo anniversario della città di Latina, il Gup di Roma ha rinviato a giudizio per il 9 Aprile del 2025, Alessandro, Maurizio e Fabio Zof, Ahmed Jeguirim, Christian Ziroli, Davide Facca, Alessio Attanasio, Pasquale Scalise, Giovanni Ciaravino, Franco Di Stefano e Corrado Giuliani con l’accusa, fra le altre, di “turbata libertà degli incanti ed estorsione”. Per capire di cosa si tratta bisogna risalire a maggio 2017, quando gli Zof e i loro sodali iniziarono a minacciare gli aggiudicatari dei chioschi sul lungomare di Latina, innescando una serie di sospette rinunce che portarono l’allora sindaco Damiano Coletta a presentare un esposto in Questura.
Ora che quella vicenda, unitamente ad altre contestazioni, sta per entrare nel vivo della fase giudicante ci si aspettava che la nuova Amministrazione comunale guidata dalla sindaca Matilde Celentano (FdI) si costituisse parte civile per rappresentare la città e chiedere il danno causato da quella turbativa.
Invece incredibilmente la sindaca e la sua giunta non lo hanno fatto.
E così il 19 dicembre quando Latina Oggi e Il Messaggero hanno sottolineato “lo scivolone” del Comune, Damiano Coletta in consiglio comunale ha chiesto conto alla sindaca della decisione di non costituirsi parte civile, mentre alcuni esponenti della destra hanno fatto ciò che gli riesce meglio: urlare e inveire invece di spiegare.
La sindaca Celentano ha affermato che non era al corrente dei fatti e ha promesso un’indagine interna a tutto campo per capire come possa essere sfuggita una cosa simile. Dunque al momento è partita la caccia al capro espiatorio.
Sarebbe ora però che invece di continuare a celebrare i pur meritevoli bonificatori del passato, si avviasse una nuova bonifica in città: quella dalla mafia e dai suoi tentacoli, che almeno per quanto riguarda i chioschi è rappresentata plasticamente negli atti.
La città più giovane d’Italia si è “distinta” per aver sviluppato una mafia autoctona che agisce come le mafie tradizionali. Plurime sentenze descrivono una realtà fatta di intere famiglie organizzate in clan di stampo mafioso, con interessi ramificati: dall’estorsione di basso livello alla finanza, dallo spaccio al narcotraffico. Professionisti, imprenditori, negozianti e politici ricattati e vessati. Sull’omertà, come accade da sempre con la mafia, i clan pontini hanno prosperato. Mentre scriviamo è in corso un processo monstre: Reset nel quale la pubblica accusa ha avanzato richieste per oltre 400 anni di carcere.
L’ennesimo processo di mafia che si celebra a Latina e che meriterebbe più attenzione da parte dell’opinione pubblica che pare purtroppo rassegnata anche alla mafia.
(Nella foto Damiano Coletta)