Non sappiamo ancora quale sarà il futuro della Siria, cosa aspettarsi dal nuovo leader al-Jawlani e cosa potrà accadere nei prossimi mesi. Ci limitiamo a esprimere una discreta soddisfazione per l’uscita di scena di Assad, un macellaio, la cui repressione sta emergendo dai racconti strazianti di uomini e donne reclusi, talvolta anche per decenni, nel lager di Sednaya, fra violenze, stupri, abusi, torture e orrori d’ogni sorta.
Ci sarà tempo, dunque, per occuparci di geo-politica, questioni internazionali, scenari da analizzare ed equilibri fra potenze regionali e globali. Ci sarà tempo per capire se Putin si sia davvero indebolito e chi si sia rafforzato nella regione mediorientale: se Israele, la Turchia o entrambi. Ci sarà tempo anche per tracciare un bilancio della lunghissima era Assad in un Paese martoriato, in cui intere generazioni non hanno mai conosciuto un giorno di pace. Per ora, ci limitiamo a osservare il presente, con l’aiuto di un’amica e collega come Asmae Dachan, giornalista italiana di origini siriane, da sempre in prima fila nel denunciare gli orrori del regime ora deposto e nel chiedere alla comunità internazionale di mobilitarsi come è avvenuto, ad esempio, per Gaza. In parte sta accadendo e, benché sia tardi, registriamo con piacere questo cambio di passo.
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