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Incidente nel sito ENI di Calenzano, la sicurezza si fa con l’impiantistica. Il dossier di Medicina Democratica

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A seguito dell’incidente rilevante presso il sito ENI di Calenzano (FI) Medicina Democratica ha inviato un comunicato stampa che cerca di proporre “una prima analisi della vicenda anche rispetto a segnalazioni svolte dalla sede di Livorno (per la correlazione del sito con la raffineria di Livorno) relativamente all’esito delle ispezioni dell’impianto di stoccaggio di combustibili nel quale oggi si è verificata una esplosione connessa con il carico di combustibili in una autocisterna determinando la morte di 2 lavoratori, il ferimento di altri 9 e (sic !) 4 “dispersi”.

“Non è possibile, dall’esterno, in questo momento individuare cause specifiche del disastro ambientale e per la sicurezza dei lavoratori e dei residenti dell’incidente rilevante presso il sito ENI di Calenzano ma possiamo provare a individuare gli aspetti da prendere in considerazione. – si legge nel documento – Il sito in questione è registrato tra gli impianti a rischio rilevante (direttiva Seveso) dal Ministero dell’Ambiente per lo stoccaggio e la movimentazione di combustibili derivati dal petrolio (benzine, cherosene/jet fuel, gasoli, oli combustibili densi, “biocarburanti”) per una quantità pari a 160.000 tonnellate, prodotte nella raffineria di Livorno e trasportate al sito tramite condotti per la successiva distribuzione. E’ pacifico che si è verificata una “perdita” di combustibile (in forma gassosa e/o liquida, secondo ENI liquida) in quantità considerevole che poi è stata innescata da qualcosa (banalmente anche da un impianto elettrico o una fiamma di qualunque genere) nel corso del carico di una autocisterna, fase particolarmente delicata. Su quest’ultimo aspetto sarà fondamentale valutare la tipologia di carico (con sistemi “a proboscide” dall’alto o mediante pompe e condotte chiuse) per valutare le necessarie misure per evitare la formazione di atmosfere esplosive ed il relativo innesco. Secondo ENI l’evento sarebbe stato innescato da una nube (atmosfera esplosiva) dovuta a una perdita di liquido combustibile ovvero per evaporazione e formazione di atmosfera esplosiva da una “pozza” a terra con conseguente innesco. Se seguiamo questa ipotesi dovremmo pensare che si è verificato un evento importante come la rottura di un condotto e/o importanti perdite da una valvola di trasferimento del combustibile o qualcosa di similare. L’entità dell’evento ovvero dell’esplosione denota un mancato intervento tempestivo dai sistemi di sicurezza interni e/o una impossibilità da parte degli stessi di affrontare l’evento per la sua gravità e istantaneità. La morte di diversi lavoratori porta a individuare un evento estremo incontrollato o anche un evento verificatosi durante i primi interventi dei servizi di sicurezza interni. In ogni caso dimostra purtroppo una inadeguata protezione dei lavoratori stessi e insufficienti misure di sicurezza a loro dedicate. Le autorità, peraltro le stesse coinvolte nella corretta gestione di impianti del genere (Prefetto, Regione, Vigili del Fuoco, Arpa, Comuni, Protezione Civile) dovranno ricostruire gli eventi ma soprattutto il contesto dell’evento. La normativa sull’argomento è estremamente chiara e obbliga i gestori a sottoporsi a valutazioni e controlli significativi. I principali obblighi riguardano la stesura e validazione di un rapporto di sicurezza ove il gestore deve documentare la capacità di gestione di ogni evento prevedibile con interventi in grado di mantenere gli effetti in aree limitate e soprattutto all’interno del perimetro aziendale, gli scenari incidentali vanno anch’essi validati dagli enti e comprendono quelle informazioni per garantire la sicurezza all’esterno degli impianti (non permettendo la vicinanza di siti sensibili) e l’attivazione di piani di emergenza dedicati e conosciuti dai cittadini. Tutti questi aspetti dovranno, per legge, venire rivisti non sono per la individuazione di specifiche responsabilità ma per valutare se il processo autorizzativo e gestionale si sia svolto correttamente. Come Medicina Democratica avevamo segnalato che le criticità in materia di valutazione dei rischi e relativi interventi di riduzione e gestione degli stessi, rilevate dagli enti di controllo nel 2017 e nel 2020 erano improvvisamente state risolte nella ultima ispezione nel corso del 2023. Ci chiediamo se tale risoluzione fosse più documentale che riguardante aspetti impiantistici specifici. Nella documentazione pubblica disponibile sul sito Ministero dell’Ambiente l’unico scenario di incidente rilevante con effetti esterni, secondo ENI, era quello di un incendio del serbatoio TK2 contenente benzina e comunque senza effetti nè sanitari nè danni fisici (da onda d’urto) per cittadini residenti e/o lavoratori delle imprese limitrofe al sito. Nonostante le nostre ricerche sul sito del Comune di Calenzano non abbiamo trovato, oltre alle dichiarazioni di lutto cittadino odierno, alcuna notizia in merito ai rischi per i cittadini per la presenza di questi impianti nè indicazioni sul comportamento da tenere in relazione a possibili incidenti rilevanti (per il tipo di impianto palesemente riferibili a casi di esplosione e/o incendio). Non abbiamo trovato nulla nemmeno relativamente ad un altro impianto (Manetti & Roberts) sempre a Calenzano e distante meno di 1 km dal sito ENI, con rischi di minore entità ma riferiti sia a sostanze infiammabili che pericolose per l’ambiente. In Italia gli impianti soggetti alla normativa Seveso sono ben 974 (in Toscana 54) l’impianto ENI è tra quelli a maggior rilevanza per il tipo e la quantità di sostanze infiammabili gestite. Si tratta di un “incidente rilevante” per gli effetti sulle persone che ne richiama molti altri precedenti ma con somiglianze, da quello presso la Raffineria ENI di Livorno (da cui provengono i combustibili stoccati) nel novembre 2021 alla raffineria di Falconara Marittima (AN) nel 2018 che aveva interessato un serbatoio di combustibili con “tetto galleggiante” a quella di Sannazzaro dei Burgundi (PV) dicembre 2019 e che richiama altresì i rischi connessi con il  trasporto e le procedure di rigassificazione di gas naturale liquefatto in fase di espansione in Italia in particolare dopo la riduzione della disponibilità di gas russo. Tutti questi siti sono delle potenziali bombe se non correttamente gestita sia la fase di realizzazione come di quella di manutenzione degli impianti (“la prevenzione si fa con l’impiantistica”), nonché con il coinvolgimento degli enti locali (dalle prefetture, ai comuni ai residenti) per idonei piani di emergenza come pure per limitare la vicinanza di siti sensibili (ospedali, scuole ecc) nei pressi degli impianti ed evitare la urbanizzazione in aree potenzialmente interessate da eventi importanti”.

a cura di Marco Caldiroli
(Foto del corpo nazionale dei Vigili del Fuoco)


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