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Il Natale dei bambini a Gaza: sotto le bombe a piedi scalzi, senza acqua, né cibo

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Un Natale povero senza cibo ed acqua e sotto le bombe. Questa è la realtà quotidiana dei bambini Gazawi che sono costretti a rovistare nella spazzatura per trovare cibo e vestiti caldi e a ripararsi in rifugi di fortuna per sfuggire ai bombardamenti israeliani che in questi ultimi mesi si sono intensificati nel Nord della Striscia di Gaza. A lanciare l’allarme è la ong Oxfam e altre agenzie umanitarie internazionali che denunciano la sistematica ostruzione da parte delle autorità israeliane che impedisce loro di consegnare aiuti salvavita nel Governatorato di Gaza Nord dal 6 ottobre, quando Israele ha intensificato l’assedio militare di Jabalia, Beit Lahia e Beit Hanoun. Oxfam spiega che dei miseri 34 camion di cibo e acqua che hanno avuto il permesso di entrare nel governatorato settentrionale di Gaza negli ultimi 2 mesi e mezzo, i ritardi deliberati e le ostruzioni sistematiche da parte dell’esercito israeliano hanno fatto sì che solo dodici riuscissero a distribuire gli aiuti ai civili palestinesi affamati. Per tre di questi, una volta che il cibo e l’acqua sono stati consegnati alla scuola dove le persone si erano rifugiate, questa è stata sgomberata e bombardata nel giro di poche ore. Secondo Oxfam, migliaia di persone sono tagliate fuori dagli aiuti umanitari. All’inizio di dicembre, le organizzazioni umanitarie che operano a Gaza hanno ricevuto diverse chiamate da persone vulnerabili intrappolate in case e rifugi che avevano completamente esaurito cibo e acqua.  Il mese scorso, un convoglio di 11 camion è stato inizialmente bloccato dall’esercito israeliano a Jabalia, dove alcuni alimenti sono stati presi dai civili affamati. Dopo aver ricevuto il via libera per procedere verso la destinazione, i camion sono stati fermati più avanti a un posto di blocco militare. I soldati hanno costretto gli operatori umanitari a scaricare gli aiuti in una zona militarizzata, alla quale i civili disperati non avevano accesso. “È esecrabile che, nonostante il diritto internazionale sia stato pubblicamente violato da Israele e la fame sia stata usata senza sosta come arma di guerra, i leader mondiali continuino a non fare nulla”. Sally Abi-Khalil, direttrice di Oxfam per il Medio Oriente e il Nord Africa racconta che poche settimane fa solo tre camion hanno potuto trasportare razioni pronte per il consumo, farina di grano e acqua raggiungendo la destinazione prevista, la scuola di Mahdia al-Shawa a Beit Hanoun, dove si erano rifugiate alcune famiglie sfollate. Mentre gli aiuti venivano distribuiti, nel giro di poche ore soldati ed elicotteri hanno sparato sulla scuola e le famiglie sono state evacuate. Il giorno successivo l’esercito israeliano è tornato a bombardare la scuola, bruciando gli edifici. Il mese scorso la Classificazione Integrata delle Fasi della Sicurezza Alimentare (IPC), uno strumento che classifica lo stato di sicurezza alimentare nel mondo, ha avvertito che c’è una forte probabilità che la carestia si stia già verificando nel nord e il rischio di carestia persiste in tutta Gaza. Secondo Oxfam i Gazawi sono costretti in questi giorni a misure disperate e inimmaginabili per sopravvivere. I bambini e le donne frugano tra i cumuli di rifiuti alla ricerca di resti di cibo, a mani nude e spesso a piedi nudi, rischiando malattie e ferite da metalli taglienti ed esponendosi alla minaccia di bombe inesplose. Gaza ha ora il più alto numero di bambini amputati al mondo, con il sistema sanitario decimato e poche forniture critiche, tra cui l’anestesia. “La situazione a Gaza è apocalittica e le persone sono intrappolate, incapaci di trovare qualsiasi tipo di rifugio. La disperazione assoluta di non avere cibo o un riparo per la propria famiglia nel freddo pungente dell’inverno. Gaza è stata ampiamente distrutta e l’intera popolazione sta soffrendo. Il settore pubblico è crollato e il sistema umanitario è in ginocchio. Chiediamo all’intera comunità internazionale di fermare tutto questo, ora. Avete le leve diplomatiche ed economiche per far sì che Israele si fermi. Ogni giorno che passa senza un cessate il fuoco è una condanna a morte per altre centinaia di civili”. Oxfam chiede un cessate il fuoco immediato, incondizionato e permanente e il rilascio di tutti gli ostaggi e dei palestinesi detenuti illegalmente.
Intanto non si fermano i bombardamenti. Il 23 dicembre, alla vigilia di Natale, una nuova serie di attacchi aerei e terrestri da parte delle forze israeliane ha ucciso almeno 58 persone e ne ha ferite 88 nella Striscia di Gaza, secondo il Ministero della Sanità di Gaza. Uno dei bombardamenti ha preso di mira il campo per sfollati di al-Mawasi, nel sud dell’enclave, nonostante fosse stato classificato come “territorio sicuro” dallo Stato ebraico. Qui sono state uccise otto persone, tra cui due bambini, come confermato da due dei medici che hanno ricevuto i corpi all’ospedale Nasser della vicina città di Khan Younis. Nel nord della Striscia di Gaza, che da tre mesi è sottoposta a un’intensa pressione militare, l’esercito israeliano ha ordinato l’evacuazione dell’ospedale Kamal Adwan, uno dei tre ancora parzialmente funzionanti in un’area che ospita ancora tra le 65.000 e le 75.000 persone, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA). “Abbiamo circa 400 civili nell’ospedale, compresi i bambini nell’unità neonatale, le cui vite dipendono dall’ossigeno e dalle incubatrici”, ha dichiarato alla Reuters il suo direttore, Hussam Abu Safiya. Dall’inizio delle ostilità ad oggi sono oltre 46.000 le vittime palestinesi.
Nella terra che ha visto la nascita del Natale, la morte e la distruzione che avviene quotidianamente in Palestina ci ricorda che ogni giorno Dio muore sotto le bombe di Gaza e che il suo grido di dolore rimane oramai inascoltato qui in Occidente, mentre il pianto disperato dei bambini scalzi si perde nella polvere delle macerie di Beit Hanoun.

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