Non capita spesso di conoscere una persona di 102 anni: un’età davvero di tutto rispetto. Ebbene, a noi di Articolo 21 è capitato con Iole Mancini (scomparsa ieri a 104 anni), il 7 luglio 2022, quando è venuta ospite della nostra assemblea estiva, alla Casa delle donne, e ha tenuto un discorso memorabile, replicato l’anno successivo fra gli applausi generali.
Personalmente, ho avuto il privilegio di intervistarla nel marzo scorso, in occasione della Festa della donna: l’avevamo scelta come testimone e portabandiera dei valori costituzionali nei quali ci riconosciamo e di cui il femminismo costituisce parte integrante.
Di Iole mi hanno sempre colpito due aspetti: la straordinaria lucidità e il sorriso. Parlava a voce bassa ma non si arrendeva mai. Non lesinava alcun dettaglio, non si sottraeva alle domande, credeva nella sua missione civile e la portava avanti con encomiabile caparbietà. Non a caso, quando venne posto qualche limite alla possibilità per i membri dell’A.N.P.I. di recarsi nelle scuole a testimoniare la propria storia, che poi è la nostra, scrisse al presidente Mattarella e venne ricevuta al Quirinale, a dimostrazione di un filo rosso fra la memoria e la parte migliore delle istituzioni che per fortuna neanche in questa triste stagione si è ancora spezzato. Certo, ora sarà più dura battersi: senza la sua voce, senza i suoi ricordi preziosi, senza il suo coraggio.
Pensate che aveva ventiquattro anni anni quando venne rinchiusa nel carcere di via Tasso e torturata da Priebke. All’epoca, infatti, era la compagna di Ernesto Borghesi, un gappista coinvolto marginalmente nell’attentato di via Rasella, dunque il suo arresto fu un atto di ritorsione. Non parlò. E quando gli americani erano ormai alle porte della Capitale, venne caricata su un camion per essere portata in località La Storta, dove sarebbe stata fucilata. Per fortuna, un motore in avaria le salvò la vita, regalandole e regalandoci altri ottant’anni di passione politica e civile, di aneddoti, di condivisione ideale e di narrazione di un tempo che forse non tornerà mai in quella versione drammatica ma è già tornato sul piano lessicale, e anche questa era una delle sue angosce.
Quando la intervistai, parlammo delle ragazze di oggi: non lesinava mai consigli, manifestando attenzione e vicinanza senza paternalismi di sorta. E poi le piaceva presentarsi, sempre in perfetta forma, nonostante l’età, con quella vanità vezzosa tipica di una donna che aveva a cuore la bellezza: interiore ed esteriore. Ecco, se c’è un tratto che era connaturato a Iole Mancini era la meraviglia, intesa come amore per il prossimo, capacità di stupirsi ancora ed entusiasmo nel farti venire in contatto con un libro di storia su due piedi che non smetteva mai di impreziosire i nostri incontri.
Ha attraversato quasi per intero il Novecento e il primo quarto del Ventunesimo secolo. Classe 1920, ha preceduto di due anni l’avvento del fascismo, è cresciuta con Mussolini al potere, ha vissuto da protagonista il secondo conflitto mondiale ed è stata adulta in un’Italia nettamente migliore. Anche per questo non riusciva ad accettare il declino cui stiamo andando incontro, con il ritorno in auge di parole d’ordine che le ricordavano, per l’appunto, gli anni più bui della sua vita e della nostra esperienza collettiva.
La battagliera Iole, al termine di un’esistenza esemplare, ora riposa. Sta a noi, alla vigilia dell’ottantesimo anniversario della Liberazione dal nazi-fascismo, essere all’altezza dei suoi insegnamenti.
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