L’episodio più recente – e purtroppo è facile prevedere che non sarà l’ultimo – è accaduto a Lauria, un comune di 12 mila abitanti nel sud della provincia di Potenza, quasi al confine con la Calabria. Vigilia di Natale, in Piazza del Popolo scambio di auguri, clima di festa. Ad un certo punto l’aria viene invasa dal suono, a tutto volume, di una famosa canzoncina fascista scritta per anticipare e celebrare la conquista coloniale dell’Etiopia: Faccetta Nera. Inequivocabile il contenuto bellicista e razzista. Sgomento, ma anche esultanza: balletti e braccia alzate nel saluto romano. Scuse di tutti, dagli amministratori cittadini ai titolari del bar da dove si è levata la musica. Silenzio di altre istituzioni che avrebbero il dovere di vietare qualunque manifestazione di esaltazione del violento e sanguinario regime fascista sconfitto ottanta anni fa dalla Resistenza e dalla Democrazia. Speriamo solo che non vogliano dare un’interpretazione, diciamo così, goliardica, di quanto accaduto. Anche perché è stato preceduto da altri due episodi diversi, ma non meno preoccupanti.
A Castellammare di Stabia si gioca la partita di serie B Juve Stabia-Cesena. Tra i padroni di casa milita una giovane promessa dal nome inequivocabile: Romano Floriani Mussolini, figlio di Alessandra Mussolini, nipote di Romano e pronipote di Benito. Tocca proprio a lui, al 21’ del primo tempo, di mettere in rete la palla che poi darà la vittoria alla sua squadra. Grande esultanza in campo e sugli spalti, esultanza che prende una deriva inaccettabile quando lo speaker dello stadio urla il nome dell’autore del gol e non lo chiama Floriani, ma Mussolini. Molti dei tifosi non solo rilanciano a gran nome, ritmandolo, quel nome, ma accompagnano l’urlo sollevando in alto il braccio teso. È vero che in tanti stadi simboli e slogan fascisti vengono utilizzati e mistificati come espressione di calore sportivo, ma qui è entrato in campo strumentalmente il nome del capo del fascismo. Neppure questa è apologia?
Infine quello che a mio giudizio è l’episodio più grave di questa fine d’anno. E’ accaduto a Massa Carrara. La questura, che un anno fa aveva denunciato Dario Buffa e due suoi amici per aver ‘imbrattato’ di vernice una parte del mercato coperto della città, viene condannato, il 22 dicembre, a 4 mesi di reclusione e, insieme con i suoi amici, a 1.800 euro di multa. Nulla da eccepire? Tutt’altro, se si pensa che la vernice rossa utilizzata dai ragazzi del collettivo Casa Rossa Occupata era finalizzata a coprire una svastica, trasformandola in una innocua x. Ovviamente mai nessuno si era premurato di individuare i responsabili dello sgorbio nazista. Grande sollecitudine, invece, nel denunciare chi aveva voluto porvi rimedio in nome di quel ripudio del nazifascismo sancito in modo sacrale dalla Costituzione. Neppure su questo Piantedosi, visto che da lui dipendono le forze di polizia e quindi anche la Questura di Massa Carrara, avrà nulla da dire? E Dario Buffa, forte delle sue ragioni, chiede di essere processato perché si conosca meglio quanto accaduto.
Perché bisogna non trascurare o passare sotto silenzio questo stillicidio di piccole ma gravi vicende? Perché tra pochi giorni si apre l’anno nel quale celebreremo l’ottantesimo anniversario della vittoria della guerra di liberazione contro il nazifascismo. È vero che dobbiamo ancora fare i conti con alti rappresentanti istituzionali che non intendono riconoscersi nell’antifascismo o che non nascondono sentimenti nostalgici esibendo busti del ‘Duce’ o gagliardetti, ma è altrettanto vero che non dobbiamo assuefarci a questa pericolosa deriva di uno strisciante fascismo fatto passare come innocuo sentimento popolare. A chi cerca di imporre questa narrazione, ricordiamo sempre le adunate tollerate e protette, la vicenda di Acca Larenzia ed anche, perché no? la violenta aggressione alla sede nazionale della CGIL. La propaganda che annacqua o che intontisce è molto più pericolosa ed incisiva dell’olio di ricino o di squadracce pronte ad entrare in azione. Addormentare per poi colpire, allontanare dalle urne per poi farci trovare immersi in un regime autoritario che decide di ignorare i controlli parlamentari ed agisce come se il potere gli fosse stato consegnato a vita.
Alle urla furiose e agli sguardi minacciosi della Meloni la risposta va data con una sempre più solida e convinta tenuta della Democrazia che si fonda sulla Costituzione.