“Sopprimiamo la discussione, e non ci resterà che la scomunica (in mancanza del rogo), o il manganello, o il colpo alla nuca”. Lo ha scritto – cent’anni fa – Gaetano Salvemini, uno che oggi non si darebbe pace se vedesse a quale orrendo dejà-vu stiamo assistendo. Ieri dall’account ufficiale del partito di governo “Fratelli d’Italia” è stato pubblicato un post che si fatica a credere sia reale: “Saviano, sciacallo senza alcuna dignità. I ragazzi, che emulano i criminali di Gomorra, sono figli del tuo cinismo. In nome del denaro, hai trasformato dei criminali in eroi. Sei uno dei peggiori scrittori che l’Italia abbia mai conosciuto”. Insulto, infamia, gogna, minaccia. C’è tutto in questo piccolo post che è un esempio da manuale di quale orrenda reazione ti aspetti se osi criticare o sbugiardare la Propaganda del potere autoritario. Se osi svelarne le grossolane – eppure efficaci – bugie. Il potere fa così: minaccia. Elimina come può ogni voce libera. Attacca uno per avvisarci tutti, sapendo bene che troverà nel silenzio comodo dei tanti e nella diffidenza di circostanza dei fedeli alleati. Ma come hanno fatto a tacere allora? Come si fa a tacere oggi. Quando – cent’anni fa – Gaetano Salvemini sbugiardò la propaganda fascista, provando come la prosperità post bellica decantata dal regime fascista fosse in verità dovuta anche ai prestiti, quella sua affermazione venne trasformata in una fake news e pubblicata a tamburo battente sulla stampa italiana di regime. Era il 1926 e sulla stampa comparse un articolo intitolato “Un santo pazzo”. Altro che articolo, un invito a fargli del male: “Noi siamo per istinto e per esperienza contrari alle complicate consultazioni di giureconsulti. Per Salvemini non c’è che una sola soluzione: la morte infamante. Il codice purtroppo non lo raggiungerà e del resto l’applicazione del codice in questi casi è solo burletta. Ci auguriamo che la mano benedetta di un santo pazzo trovi all’estero la maniera di chiudere la più vergognosa bottega di tradimento: ferro freddo”. Quella volta, mentre buona parte della stampa italiana assecondava o taceva per il suo quieto vivere, ci pensò l’inglese Times a riportare quelle minacce. E le minacce continuarono. Sul Popolo d’Italia arrivarono a scrivere che “i fuorusciti dovevano essere rintracciati dovunque si trovavano e la vita doveva essere resa loro impossibile”. La carrellata continuò per anni, ogni santo giorno, tra minacce e promesse di morte. In patria e all’estero.
Vessato, messo alla gogna, al bando, additato come nemico, bersaglio dell’odio cosciente e incosciente, voce libera che non ha saputo rimanere in silenzio davanti allo scempio fascista. Gaetano Salvemini è stato il bersaglio prediletto della stampa fascista.
Oggi, nell’era digitale le cose vanno ancora più forte e più veloce. Il regime delle fake news si è affermato: prendi una base di verità e ricoprila di menzogna. Cent’anni dopo, mentre ci sforziamo di essere tolleranti con gli intolleranti e democratici con i fascisti, lo squadrismo spadroneggia perlopiù indisturbato. Nel silenzio di troppi, ma non di tutti.