Premio Marco Luchetta: la denuncia di Riccardo Iacona e l’impegno per il Giornalismo di Pace

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Si è conclusa la tre giorni della XXI edizione del Premio Giornalistico Internazionale Marco Luchetta.

Tra i momenti più significativi, il forte intervento di Riccardo Iacona, presidente di giuria, che ha denunciato il pericolo crescente per la libertà di stampa nelle aree di conflitto.

«Le guerre moderne hanno bisogno del consenso, si fanno con i numeri, anche quelli dei morti e noi giornalisti siamo nel mirino, ci vogliono chiudere la bocca. Stanno sparando sul pianista – queste le parole di Riccardo Iacona, presidente di giuria, nel corso della cerimonia finale -. Le vie della pace passano per le vie dell’informazione, attraverso un dibattito pubblico onesto. C’è bisogno di riflettere a fondo su quello che sta accadendo attorno noi e soprattutto sul tema delle guerre e che pongono una sfida altissima al giornalismo contemporaneo, chiamato a raccontare non solo quello che accade fuori di noi, ma anche dentro di noi. Siamo nella terza guerra mondiale, fatta di tante guerre che cambiano il nostro modo di vedere il mondo, l’economia e la natura delle nostre democrazie. In tutti questi anni il Premio è stato capace di calarsi nella contemporaneità dei conflitti, facendolo con l’occhio rivolto allo spessore politico delle cose che ci stanno succedendo. Non c’è agiografia o commemorazione nei racconti che si fanno al Premio, ma stimoli per noi operatori dell’informazione ad approfondire ulteriormente».

Una comunità di professionisti del giornalismo d’inchiesta che si riunisce, si confronta e indica nuovi ambiti di approfondimento: è la “fotografia” del Premio giornalistico internazionale Marco Luchetta che nella XXI edizione ha ribadito in modo ancora più forte e unanime l’impegno a difendere il giornalismo di approfondimento e di inchiesta, indispensabile strumento di indagine di una società sempre più difficile da decifrare e da raccontare. Nel corso della cerimonia di consegna dei premi l’omaggio a Franco Di Mare, alla conduzione della prima edizione, ricordato come una vittima del conflitto nella ex Jugoslavia, e la dedica a tutti i giornalisti morti nelle zone di guerra.

Dal palco del Teatro Miela l’impegno di Fabiana Martini, segretaria del Premio: «Il nostro obiettivo è di sensibilizzare la cittadinanza sui temi e sui valori che da sempre condividiamo. Consideriamo il giornalismo come antidoto all’indifferenza e ai depistaggi. L’invisibilità, quando si tratta di vittime di guerra, di migrazioni o di privazioni di diritti è un’ulteriore forma di violenza, anche se sembra meno cruenta».

Da Vittorio Di Trapani, presidente nazionale Federazione Nazionale della Stampa Italiana, e membro della giuria, la riflessione sul ruolo delle colleghe nel giornalismo d’inchiesta: «Su sette sezioni in concorso, sono state sei le giornaliste vincitrici. Sono inviate che hanno uno sguardo che sa concentrarsi sulle persone, passando dal freddo conflitto ai loro volti. Se vogliamo trasformare l’informazione in via di pace dobbiamo cambiare l’informazione e concentrarsi sulle persone».

«C’è una parola smarrita che deve essere assolutamente recuperata: è la parola “pace”. Dobbiamo rimetterla al centro del dibattito dei nostri politici e delle nostre istituzioni», questo l’appello di Carlo Bartoli, presidente del Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti e membro di giuria.

I vincitori della XXI edizione del Premio saranno i protagonisti di “Bambini senza nome”, lo speciale prodotto da Rai, che andrà in onda sabato 7 dicembre in seconda serata.

L’appuntamento per la XXII edizione del Premio è per il 21-22-23 novembre 2025.


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