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Le Procure che vorrebbero. Nel progetto di riforma della Corte dei conti, separazione delle carriere e gerarchizzazione della magistratura requirente

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La separazione delle carriere non basta”, ha recentemente dichiarato Maurizio Gasparri, evidenziando il cambio di passo rispetto alla decennale battaglia del centrodestra per un giudice “terzo” anche rispetto al pubblico ministero, a maggiore garanzia dell’imputato nel processo penale.

Nel dibattito sulla riforma della Corte dei conti in corso alla Camera, due emendamenti della maggioranza hanno il merito di rendere esplicito come, attraverso la creazione di una carriera separata per i magistrati requirenti, se ne possa attuare parallelamente la gerarchizzazione, in spregio all’art. 107 della Carta costituzionale secondo il quale i magistrati si distinguono tra loro “soltanto per diversità di funzioni”.

Gli emendamenti a firma Russo, Montaruli e Sbardella rappresentano, in questa prospettiva, un esempio da manuale.

Dopo aver sancito la separazione formale (Montaruli-Sbardella) o sostanziale (Russo) delle carriere, precludendo il transito dei magistrati dalla funzione requirente alle altre e viceversa, gli emendamenti prevedono l’accentramento dell’azione di responsabilità (ora intestata ai Procuratori regionali) in capo alla sola Procura Generale romana e dettano la nuova composizione dell’ufficio: un Procuratore Generale “con funzioni di vertice” (nel caso la qualifica lasciasse qualche dubbio), otto Procuratori Generali Aggiunti “con funzioni di coordinamento” e 80 Vice Procuratori Generali “con funzioni istruttorie”, fra i quali, pare di capire, un responsabile per ciascun ufficio regionale.

La gerarchizzazione raggiunge il parossismo nell’emendamento Russo, ove si legge che “qualsiasi atto, istruttorio o processuale, è valido ed efficace soltanto se reca le sottoscrizioni digitali del viceprocuratore generale territorialmente competente, del procuratore generale aggiunto di coordinamento e del procuratore generale”.

A volerla prenderla sul serio, la disposizione costringerebbe il Procuratore Generale, gli Aggiunti e i Vice responsabili a livello regionale a sottoscrivere ogni memoria, richiesta di documentazione, delega di attività istruttorie, sequestro, invito a dedurre: sostanzialmente ogni atto formale degli altri 80 magistrati. Tre sottoscrizioni per ciascun atto, non delegabili, che esaurirebbero verosimilmente la vita lavorativa degli interessati, dedicata al controllo minuzioso di ogni mossa dei loro sottoposti.

Per non lasciare dubbi sulle finalità degli emendamenti – accentrare in poche mani e rendere più complessa l’attività requirente – un drastico intervento sul termine di prescrizione del dirittoal risarcimento dei danni erariali. I cinque anni decorrerebbero infatti dalla data del fatto dannoso “indipendentemente dal momento in cui l’amministrazione o la Corte dei conti ne sono venuti a conoscenza”, salvo il suo occultamento doloso “realizzato con una condotta attiva”.

Una semplice denuncia tardiva, nella prassi tutt’altro che infrequente, potrebbe quindi garantire l’impunità del responsabile, che a volte coincide proprio con il soggetto obbligato a denunciare il danno.

L’Associazione Magistrati della Corte dei conti ha dichiarato lo stato di agitazione della categoria.

 


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