La tortura è un’intima gioia? No, è un reato

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Quella “intima gioia” che provoca la tortura.
Nell’agosto 2013, una delle prime (e, per come fu repressa, anche una delle ultime) proteste contro il colpo di stato di Abdel Fattah al-SIsi, il presidente del paese amico e “sicuro” per antonomasia, l’Egitto, finì in un massacro così grande da essere ricordato come “la Tiananmen del Cairo”. Centinaia di manifestanti vennero uccisi direttamente in strada. Tanti altri vennero caricati sulle camionette per essere portati in carcere. Non ce ne fu granché bisogno. Le camionette stipate di persone rimasero ferme per lungo tempo al sole di Ferragosto. Quando vennero riaperti i portelloni, decine di persone erano morte asfissiate.
Sono certo che il sottosegretario Delmastro non avesse in mente quell’episodio quando, ieri, ha dichiarato di provare “Intima gioia” nel non far respirare i detenuti a bordo delle nuove vetture della polizia penitenziaria. Ma le sue parole proprio quell’episodio ricordano. E ci ricordano anche che i detenuti hanno diritti umani, uno dei quali è di non essere sottoposti a maltrattamenti e torture.

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