Giurato n.2. Eastwood e il conflitto morale

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Un film perfetto, da Oscar, l’ultima opera del quasi 95 enne Clint Eastwood che ruota attorno ad un dilemma morale, tra colpa e giustizia.

Presentato, in anteprima italiana, in apertura del XXVIII Tertio millennio Film Festival, al Cinema delle Province di Roma – un festival del cinema voluto da S.S. Giovanni Paolo II nel 1997, che si propone come luogo di dialogo interreligioso e interculturale, interrogandosi su temi legati alla spiritualità – “Giurato n. 2”, l’ultimo lungometraggio di Clint Eastwood, è un forte richiamo alla coscienza di ognuno su di un tema cruciale: la giustizia, revocando nel dubbio la sovrapposizione tra verità sostanziale e verità processuale.

“Dove sei?” (Genesi 3,9-15), è la domanda che il Signore pone all’uomo. E “dov’è l’uomo? è la domanda che il film pone lungo tutto il suo svolgimento allo spettatore di fronte al tormento di Justin Kemp, il protagonista (il bravissimo Nicholas Hoult – protagonista di About a boy) e alle sue contorsioni psicologiche rispetto alla verità – intrecciando quella processuale con quella personale e la sua difficile affermazione – stretto nella morsa di un conflitto interiore che si svelerà soltanto nell’ultimo frame.

Justin Kemp è un marito, ex alcolista, e prossimo padre – in attesa del suo sospirato primo figlio, a seguito di una gravidanza risoltasi negativamente – chiamato come componente di una giuria in un processo di omicidio.

Alla sbarra, il fidanzato della vittima – un uomo con un passato burrascoso come componente di una gang giovanile. Justin, con il progredire delle prime fasi processuali, si rende conto di essere coinvolto direttamente nel delitto ed è combattuto da un angoscioso dilemma: far assolvere l’imputato, avendo l’assoluta certezza della sua innocenza, ovvero lasciare che il suo destino si compia evitando, così, di dover confessare le proprie responsabilità.

Un dramma giudiziario, dunque, che si svolge quasi interamente nelle aule di un tribunale, quello di Savannah, in Georgia, Stati Uniti.

E’ la notte del 25 ottobre, quando la giovane Kendall Carter (Francesca Eastwood) perderà la vita, battendo la testa su di una pietra, a seguito dell’impatto con un’autovettura che, sotto una pioggia torrenziale e con una visibilità quasi azzerata, ne scaraventa il corpo in un fossato.

Della sua morte viene accusato James Sythe (Gabriel Basso), il suo ragazzo, con il quale aveva litigato violentemente quella sera in un pub dove avevano bevuto entrambi abbondantemente. Lo stesso bar in cui anche Justin aveva trascorso del tempo davanti ad un bicchiere di whisky, lacerato dal dolore per la perdita dei gemelli attesi da sua moglie. Tornando a casa sotto una pioggia battente, aveva urtato un cervo proprio sul ciglio della strada, o, almeno, era quello di cui era rimasto a lungo persuaso.

Un’altra prova del talento straordinario di Clint Eastwood, oramai un’icona del cinema, con i suoi 94 anni, alla sua quarantesima regia. Ancora una volta, alle prese con questioni morali di altissimo valore, con al centro una giustizia, quella a stelle e strisce, attorno alla quale ruotano avvocati alla ricerca del successo personale e giurati appesantiti dalle proprie debolezze quotidiane che preferiscono emettere un giudizio veloce per poter tornare rapidamente a casa, nonché le falle processuali che sembrano allontanare sempre più la ricerca di una “giustizia giusta”.

La verità a volte non è giustizia, sentenzierà, infatti, Justin in un passaggio molto toccante e significativo del film.

Splendido anche il ruolo della prosecutor, affidato alla bravissima Toni Collette, che vuole chiudere rapidamente il processo ottenendo l’immediata condanna dell’accusato – anche a costo di rinunciare a indagini approfondite – da presentare come bandiera alle imminenti elezioni dell’Ufficio di Procuratore della Contea (District Attorney).

Da ricordare, infine, i collaboratori di lungo corso di Eastwood: Jonathan Abrams (“Escape Plan”), alla sceneggiatura, Yves Bélanger, alla fotografia, Ron Reiss, alla scenografia, il premio Oscar Joel Cox (Unforgiven) al montaggio.

Il film, distribuito in poche sale cinematografiche negli USA rischiando l’uscita direttamente sulle piattaforme streaming, è stato accolto con entusiasmo sia dagli spettatori sia dalla critica, ed è stato inserito dalla Warner Bros tra i titoli su cui punterà per la campagna promozionale agli Oscar 2025. Il lungometraggio, distribuito dalla Warner Bros. Pictures è nelle sale italiane dal 14 novembre.


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