La Vigilanza rimanda all’11 dicembre 2024, il Tar del Lazio al 4 marzo 2025: sarà la Legge di Bilancio 2025 l’occasione giusta per sciogliere i diversi nodi? 17 associazioni del settore lanciano un appello “SOS Cinema”. Anche Anica ed Apa apprezzano la decisione del Tar, ma Confartigianato chiede l’autosospensione dei decreti da parte del Ministero
La situazione del settore cine-audiovisivo italiano versava in condizioni di grande incertezza e grave crisi (si rimanda ad un nostro intervento su “Key4biz” del 21 novembre 2024, “La Rai in stallo, il Cinema in ansia, nebbie sul Centro Sperimentale di Cinematografia”): a distanza di una settimana, la situazione è purtroppo peggiorata, per due fattori scatenanti, uno squisitamente partitico, l’altro squisitamente giudiziario…
La Commissione bicamerale di Vigilanza sulla Rai non riesce a trovare la quadra, rispetto alla conferma della designazione di Simona Agnes come Presidente di Viale Mazzini: mercoledì mattina, la maggioranza non si è presentata a Palazzo San Macuto, disertando in blocco la seduta convocata dalla Presidente Barbara Floridia (Movimento 5 Stelle), facendo mancare così il numero legale per votare la presidente “in pectore” (designata dal Governo ovvero specificamente dal titolare del Mef Giancarlo Giorgetti e fortemente sostenuta da Forza Italia ed in particolare dall’eminenza grigia Gianni Letta).
Quasi da non crederci: è la quinta volta (!) che la votazione sul presidente del cda Rai non va in porto. Erano presenti in Commissione mercoledì mattina – ha segnalato Adnkronos – soltanto Stefano Graziano, Annamaria Furlan e Ouidad Bakkali (Pd) e Dario Carotenuto (M5s).
La Commissione è stata quindi riconvocata per il prossimo 11 dicembre.
La vicenda si intreccia con il “tira e molla”, interno alla maggioranza di governo, tra chi vuole una ulteriore riduzione del canone (dagli attuali 90 euro ai 70 euro per l’anno 2025), come richiesto dal leader della Lega Matteo Salvini, e chi invece non è d’accordo, come Antonio Tajani leader di Forza Italia… Come ha scritto Flavio Fabbri, “a sparigliare la maggioranza è stata Forza Italia, che ha votato contro insieme all’opposizione” (vedi “Key4biz” del 27 novembre 2024, “Canone Rai. Bocciato il taglio e il Governo va sotto, FI vota con l’opposizione”). Come suol dirsi “il Governo è andato sotto”, e certamente non è un bel segnale, nemmeno nei confronti del proprio elettorato.
Forti tensioni infra-maggioranza, tra canone e Commissione Vigilanza Rai
Pochi minuti dopo la conclusione della seduta, la Presidente pentastellata Barbara Floridia mercoledì mattina ha affidato alle agenzie la sua rabbia: “di fronte all’ennesima convocazione della Vigilanza andata a vuoto per l’assenza in blocco della maggioranza, è arrivato il momento che i partiti si assumano le proprie responsabilità. Non è possibile andare avanti così. È necessario superare l’impasse in cui versa la Commissione, almeno per quanto riguarda la sua ordinaria attività. Invito tutte le forze politiche, ma ovviamente soprattutto quelle di maggioranza, ad assumere un atteggiamento dialogante e responsabile consentendo il riavvio dei lavori della commissione, anche alla luce delle tante urgenze che riguardano la Rai. Abbiamo il dovere istituzionale di ripartire con le audizioni e gli atti di competenza della Commissione. Quanto al nodo sulla presidenza, auspico che le forze politiche abbattano i muri che al momento le separano e trovino una soluzione condivisa il prima possibile”.
La senatrice pentastellata critica anche le contraddizioni interne alla maggioranza rispetto al canone: “la spaccatura sul canone Rai dimostra che questa maggioranza è in frantumi (anche la Segretaria del Pd Elly Schlein ha utilizzato la stessa metafora: governo “in frantumi”, n.d.r.) e che non ha alcuna visione né alcun progetto sul Servizio Pubblico. Con questo atteggiamento, da un lato, si mette in difficoltà la Rai e si espone l’Italia al rischio di sanzioni europee; dall’altro, Meloni e Salvini prendono in giro i cittadini, fingendo di volere la riduzione di una tassa quando in realtà si trattava del solito gioco delle tre carte, perché la copertura era la fiscalità generale, cioè soldi presi sempre dalle tasche degli italiani. In tutto questo, Giorgia Meloni dà un contentino alla Lega votando con loro, ma sapendo benissimo che il taglio non sarebbe passato: oltre agli italiani, prende in giro pure i suoi stessi alleati”.
Come definire queste dinamiche… se non balletti della vecchia e nuova partitocrazia?!
Qualcuno si pone seriamente il quesito (strategico) sul ruolo della Rai nell’attuale habitat digitale?
Qualcuno si pone il quesito sulla necessità di quantificare – e non ritualmente – il “do ut des” del servizio radiotelevisivo e mediale della Rai?!
Le risposte sono nette, ad entrambi i quesiti: no.
Non esiste uno studio di scenario sul fabbisogno di medio periodo di Viale Mazzini, non esiste uno studio comparativo sulle potenzialità e criticità della Rai rispetto ai soggetti omologhi nell’economia dei “Big 5” d’Europa…
Sull’argomento, si rimanda ad un’interessante ricognizione proposta dal mensile “Prima Comunicazione” – diretto da Alessandra Ravetta – nell’edizione della rivista in edicola da venerdì scorso 21 novembre, con alcune schede comparative (Regno Unito, Francia, Germania, Spagna, Paesi Bassi…) curate da Lorenzo Menichini, dalle quali emergono i tanti ritardi e l’evanescenza dell’identikit identitario del “public service media” italico, con una stimolante intervista curata da Stefano Carli all’ex dirigente Rai e dell’Ebu Giacomo Mazzone (uno dei massimi esperti di politica dei media a livello europeo)…
Nella giornata di ieri, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito queste vicende Rai “schermaglie”, trattandosi di “nulla di serio”, ricordando che se il suo Governo è riuscito a contribuire in modo significativo alla tregua in Libano, saprà trovare una soluzione anche rispetto al tema del “canone”.
La riduzione e la progressiva abolizione della tassa in favore della tv di Stato sono una battaglia storica della Lega
Si ricordi che lo scorso anno, Matteo Salvini aveva ottenuto un obiettivo parziale: nella Legge di Bilancio si era stabilito che per il 2024 il canone Rai sarebbe stato ridotto da 90 a 70 euro. La misura era temporanea: valeva per un solo anno. Ora, nella bozza di Legge di Bilancio redatta dal Ministro dell’Economia e Finanze Giancarlo Giorgetti, che è pure lui della Lega, è stata ripristinata la tassa nella sua interezza, 90 euro, perché il titolare del Mef non avrebbe trovato risorse ovvero coperture finanziarie adeguate per mantenerlo a quota 70: in un emendamento presentato dai senatori della Lega, infatti, si prevedeva che il mancato introito connesso alla riduzione del canone venisse compensato con una riduzione di 430 milioni di euro di un fondo destinato a Rfi, la società pubblica che gestisce la rete ferroviaria italiana e che fa capo proprio al Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture guidato da Salvini…
Forza Italia si è opposta, anzitutto per motivi contabili: “se si riduce il canone, bisogna comunque trovare 430 milioni da dare alla Rai, e bisogna trovarli nella fiscalità generale, cioè dalle tasse dei cittadini”, ha sostenuto il Capogruppo al Senato di Forza Italia Maurizio Gasparri.
Sullo scenario vi è anche una proposta di legge sostenuta dalla Lega stessa, primo firmatario il deputato Stefano Candiani, che ridurrebbe sì il canone, ma consentendo alla Rai di alzare il suo “tetto” pubblicitario, e qui c’è chi sostiene che si andrebbe a danneggiare, teoricamente, il Gruppo Mediaset… Anche in questo caso, senza che esistano analisi di scenario e studi di fattibilità che possano dimostrare il nesso tra “azione” dello Stato e “reazione” del mercato: si naviga a vista, ancora una volta.
La sessione della Commissione di Vigilanza fissata per mercoledì 11 dicembre, ovvero tra due settimane, registrerà una soluzione positiva, o si continuerà a “giocare” partitocraticamente con l’interesse della cittadinanza a poter fruire di un servizio pubblico mediale libero ed indipendente, e non soggetto a questi mercanteggiamenti politici?!
Il Tar del Lazio accoglie, parzialmente, le richieste di alcune decine di produttori cine-audiovisivi indipendenti e fissa una pubblica udienza per il 4 marzo 2025
Se il fronte è senza dubbio critico in materia di televisione pubblica, quello del settore cine-audiovisivo (intimamente connesso a quello televisivo: basti pensare al ruolo centrale che ha una società controllata da Viale Mazzini, qual è Rai Cinema…) è un altro fronte problematico. In questo caso, non sembrano registrarsi significative “contraddizioni interne” alla maggioranza, anche perché di fatto Fratelli d’Italia ha ereditato le politiche dell’ex Ministro Gennaro Sangiuliano, ed il successore Alessandro Giuli ha sostenuto di voler confermare la “linea” del suo predecessore (vedi alla voce “continuità”): qui la questione è piuttosto un’altra, perché fin dai primi mesi del Governo guidato da Giorgia Meloni (fine ottobre 2022), l’allora titolare del Collegio Romano Gennaro Sangiuliano ha affidato ampia delega alla senatrice leghista Lucia Borgonzoni, che può ormai farsi vanto di essere stata uno dei più longevi Sottosegretari alla Cultura della storia della Repubblica…
La delega di Sangiuliano a Borgonzoni era ampia – cinema e audiovisivo e “industrie culturali e creative” (moda, design, architettura, editoria, ma anche – in questo “insieme” – il settore cine-audiovisivo) – ed è stato l’ex Ministro a sentire l’esigenza di una “correzione di rotta” della Legge Franceschini del 2016, segnalando l’esistenza di molte sacche di inefficienza ed inefficacia: basti ricordare che tra il 2019 ed il 2023 sono state prodotte in Italia 1.354 opere cinematografiche, di cui il 44 % non è nemmeno uscito in sala…
Non sono mai emersi “conflitti” (almeno a livello pubblico) tra l’idea di razionalizzazione del Ministro (Sangiuliano) e l’azione riformatoria affidata alla Sottosegretaria (Borgonzoni), ma è evidente che la gestazione degli interventi correttivi è stata veramente molto lenta e si è protratta per molto (troppo) tempo.
Dalla primavera del 2023, tutta la “macchina burocratica” del Ministero ovvero della Direzione Generale Cinema e Audiovisivo è stata rallentata
Se i “big player” (ovvero le grosse società di produzione, buona parte delle quali peraltro ormai in mano a multinazionali straniere) hanno continuato a produrre, moltissime piccole imprese di produzione indipendente hanno iniziato a soffrire, per l’incertezza complessiva di medio periodo, in attesa delle nuove regole.
Anche molti investitori stranieri (particolarmente quelli dagli Usa) hanno iniziato a guardare verso mercati più “appealing”, in termini di vantaggi fiscali.
Dopo oltre un anno di gestazione – non realizzata a “porte aperte”, ma con il coinvolgimento attivo quasi esclusivamente delle due maggiori associazioni del settore (Anica ed Apa) – nel luglio scorso è stato finalmente emanato un “decreto interministeriale”, che reca la firma di Gennaro Sangiuliano e di Giancarlo Giorgetti… Firmato il 10 luglio 2024, ma pubblicato soltanto il giorno prima di Ferragosto, il 14 agosto, e presentato in occasione del Festival di Venezia il 29 agosto dalla Sottosegretaria Borgonzoni e dal Direttore Generale Nicola Borrelli…
Da allora, s’è scatenata una tempesta: le due principali “lobby”, Anica ed Apa, hanno sostanzialmente apprezzato la riforma, altre associazioni minori si sono mostrate meno convinte (da Cna Cinema e Audiovisivo abbastanza sintonica con Anica ed Apa alla Confartigianato Cinema e Audiovisivo più critica), mentre è emerso lo scontento di tante altre soggettività, dalle associazioni degli autori (Anac, 100autori, Wgi…) a quelle dei lavoratori (tra tutte Siamoaititolidicoda…). Ad ottobre, il Dg Nicola Borrelli ha firmato una serie di “decreti direttoriali”, ovvero le regole di attuazione della riforma.
Almeno 70 imprese (piccole imprese, produttori indipendenti…), insoddisfatte per l’assenza di dialogo con il Ministero durante la gestazione della “riforma Borgonzoni”, hanno deciso di cercare “un giudice a Berlino” e si sono rivolte al Tribunale Amministrativo del Lazio, per contestare sia il decreto interministeriale (Sangiuliano-Giorgetti) sia i decreti direttoriali (Borrelli).
Nel mentre – come abbiamo ben segnalato su queste colonne – s’è scatenata una (piccola) tempesta mediatica, con alcune emittenti televisive generaliste che si sono interessate del tema “Tax Credit”, da Canale 5 con “Striscia la Notizia” a Rete 4 con “Quarta Repubblica” per arrivare a “Piazza Pulita” su La7, così sdoganandolo dalla nicchia degli operatori del settore…
Sono stati affrontati alcune degenerazioni del sistema del credito di imposta, usi ed abusi insomma, e sono state offerte variegate numerologie che evidenziano in sostanza un deficit di valutazione e controllo nell’intervento pubblico a sostegno del settore.
Perché nessuna testata giornalistica (a parte “Key4biz” ed “il Riformista”) ha acceso i riflettori sui ricorsi al Tar?!
Va osservato che nessuna testata giornalistica ha mai affrontato la questione dei “ricorsi” al Tar, se non giustappunto IsICult (Istituto italiano per l’Industria Culturale) sulle colonne del quotidiano online “Key4biz” (a partire da un primo intervento dell’11 ottobre, “Tax Credit cine-audiovisivo: una valanga di ricorsi al Tar?)”: che la questione rappresentasse forse un… tabù?!
In effetti, a parte “Key4biz”, soltanto il quotidiano “il Riformista” – diretto da Claudio Velardi – ha toccato lo scabroso tema (si veda l’intervento IsICult di martedì 26 novembre 2024, “Rai bloccata dai partiti e senza guida. Settore cinema ancora in agitazione: la politica culturale al palo”).
Ieri invece, la rassegna stampa e web ha registrato diversi interventi: come dire?! Il “caso” è giustamente emerso e diverse testate quotidiane l’hanno evidenziato: si segnala in particolare un approfondito articolo di Vincenzo Vita, su “il Manifesto” di ieri giovedì 28 novembre, dall’efficace titolo, “Tax credit sospeso dal Tar, schiaffo al Mic e produzioni bloccate”. Sostiene Vita: “i motivi dell’iniquità sono evidentissimi, secondo il giudizio di buona parte del cinema e dell’audiovisivo, nonché di diverse associazioni nate negli ultimi anni per contrastare inerzie e inadeguatezze di governi e maggioranze parlamentari. Anzi. L’unica via di uscita, ora, è proprio il ricorso ad un’abrogazione legislativa del decreto e alla riscrittura credibile dei criteri ispiratori di un nuovo testo”.
È interessante osservare che la Sottosegretaria Lucia Borgonzoni ha reagito all’intervento IsICult su “il Riformista” precisando di essere stata “Sottosegretario alla Cultura con delega al settore audiovisivo dal 13 luglio 2018 al 5 settembre 2019 e poi dal 23 dicembre 2022 a oggi”, ma rimarcando che, pur essendolo stata Sottosegretaria per oltre 3 anni, “durante l’operato del Ministro Franceschini, non ho avuto nessuna delega al settore”.
La senatrice ha anche precisato che “il 13 luglio 2022, quando ero a capo del Dipartimento Cultura della Lega, non avendo a quel tempo la delega all’audiovisivo, feci presentare una risoluzione in aula e cito, volta a “rivedere e razionalizzare i crediti d’imposta riservati alla produzione di opere cinematografiche e audiovisivo, per evitare rischi di utilizzo improprio delle risorse messe a disposizione“”.
In sostanza, la senatrice Lucia Borgonzoni ha sottolineato che non aveva delega a cinema e audiovisivo, pur essendo Sottosegretaria in un Ministero guidato dal “dem” Dario Franceschini.
Come dire?! Che ci fosse qualcosa che non andava l’aveva evidentemente scoperto, in materia di “Tax Credit” e dintorni, e prima che venisse ri-nominata Sottosegretaria, e questa volta con delega specifica su cinema e audiovisivo, prima dell’insediamento del Governo guidato da Giorgia Meloni…
In effetti, Lucia Borgonzoni è stata Sottosegretaria dal 25 febbraio 2021 al 21 ottobre 2022, con Dario Franceschini Ministro della Cultura: il “dem” le ha assegnato la delega, il 6 maggio 2021, ai rapporti con Regioni e Enti Locali, con gli allora Ministeri dell’Istruzione e dell’Università, al paesaggio e alla rigenerazione urbana, ma anche alle “industrie culturali e creative” (ed il cinema e l’audiovisivo sono tra esse)… E va ricordato che è stata proprio Borgonzoni a avere competenza sui fondi del Pnrr che sono stati destinati anche al cinema e all’audiovisivo (con i bandi “Tocc – Transizione Organismi Culturali e Creativi” gestiti da Invitalia) con un budget complessivo nell’ordine di oltre 150 milioni di euro.
Senza dubbio Borgonzoni non aveva una specifica delega sul cinema e l’audiovisivo, con Dario Franceschini, ma si immagina che abbia fornito al “suo” Ministro suggerimenti e consigli, anche rispetto all’esigenza di razionalizzazione del “credito d’imposta”: consigli evidentemente non accolti da Franceschini, ma certamente dal suo successore Sangiuliano…
Cosa è accaduto martedì 25?! Nella serata di mercoledì (non appena la notizia della decisione del Tribunale è stata resa pubblica), abbiamo manifestato un commento a caldo sul pronunciamento del Tar del Lazio, che è stato rilanciato dall’agenzia stampa specializzata AgCult (diretta da Ottorino De Sossi). AgCult ha titolato: “Tax credit, Zaccone Teodosi (IsICult): Decreto non sospeso, ma da Tar segnale d’allarme”.
“Si tratta senza dubbio di una vittoria dei ricorrenti, seppur parziale, perché i provvedimenti restano pienamente in vigore, ma l’Amministrazione è ora sottoposta ad una pericolosa spada di Damocle, perché le decisioni che andrà ad assumere in attuazione dei decreti vigenti potrebbero essere annullate da un provvedimento avverso del Tribunale”: questo il nostro commento a caldo dell’ordinanza emessa dalla Sezione Seconda Quater del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, pronunciata nella Camera di Consiglio presieduta da Antonella Mangia, che ha accolto la domanda cautelare rispetto al decreto interministeriale del 10 luglio 2024, co-firmato da Gennaro Sangiuliano (Mic) e Giancarlo Giorgetti (Mef) di regolamentazione del “Tax Credit” alla produzione cinematografica, e rispetto ai successivi quattro decreti direttoriali firmati dal Dg Nicola Borrelli 5 tra il 14 ed il 28 ottobre 2024…
Va precisato che il Tar non ha deciso l’annullamento dei decreti, e quindi alcune interpretazioni giornalistiche subito emerse sono fuorvianti (anche con dispacci di qualificate agenzie stampa nazionali, che scrivevano di “sospensione” dei decreti ministeriali): i decreti in questione non sono stati sospesi (la prima agenzia a segnalare la notizia è stata l’Ansa, alle ore 18:33 di ieri, titolando in modo impreciso “Il Tar sospende il decreto sul Tax Credit”), e restano pienamente in vigore, come ha chiarito ufficialmente lo stesso Ministero della Cultura (la stessa Ansa alle 19:42 si correggeva, titolando “Tax Credit, accolta cautelare ma decreto resta in vigore”).
I ricorrenti avevano richiesto la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati (il decreto interministeriale ed i decreti direttoriali), ma questa istanza non è stata accolta.
Di fatto, il Tar ha accolto la cosiddetta “domanda cautelare”, riconoscendo che esistono fondati motivi per procedere una trattazione di merito: “vittoria di Pirro” o “Davide che sconfigge Golia”?!
In sostanza, la richiesta dei ricorrenti non è stata rigettata, ma ritenuta degna di considerazione e di analisi, e verrà trattata in un’udienza fissata in tempi brevi (per la prassi del Tar), ovvero il 4 marzo 2025.
Si tratta di una grande “battaglia di principio” oppure di una banale “vittoria di Pirro”?!
Riteniamo che si tratti senza dubbio di una vittoria dei ricorrenti, per quanto parziale, perché, se è vero che i provvedimenti restano pienamente in vigore, l’Amministrazione (Mic Dgca) è ora sottoposta ad una pericolosa “spada di Damocle”, perché le decisioni che andrà ad assumere in attuazione dei decreti vigenti potrebbero essere annullate da un provvedimento avverso del Tribunale…
Si tratta di un vero e proprio “segnale di allarme”, di cui il Ministero dovrebbe tenere conto.
La Direzione Cinema e Audiovisivo potrebbe mettere in atto, nelle more dell’udienza di marzo, alcune opportune correzioni di rotta che vadano ad accogliere le istanze dei ricorrenti, che rappresentano le ragioni dei piccoli produttori. Va anche ricordato che le richieste “ad opponendum” delle due maggiori associazioni del settore, la cinematografica Anica e la televisiva Apa, non sono state prese in considerazione dal Tribunale, a causa di errori di notificazione. Le due “lobby” hanno sostenuto che la eventuale sospensione dell’efficacia dei vigenti decreti avrebbe determinato il rischio di una nuova paralisi del settore, dopo quella determinata dalla lunghissima gestazione degli stessi…
Secondo alcuni osservatori, si tratta in verità di una vittoria piena dei ricorrenti, perché proprio gli stessi si sono resi disponibili, di fronte ai magistrati del Tar, ad un “rinvio a breve” senza “sospensione” proprio per evitare un altro “blocco del sistema”, ma per essere anch’essi sentiti e coinvolti nelle opportune modifiche.
Abbiamo sostenuto che “si tratta senza dubbio di una vittoria di Davide contro Golia, che dovrebbe stimolare una riflessione sull’esigenza di una migliore condivisione della gestione della riforma Borgonzoni della Legge Franceschini – non soltanto rispetto al controverso Tax Credit – anche con i piccoli produttori, le associazioni degli autori e dei lavoratori del settore”.
Il ricorso è stato curato dall’avvocato Andrea Lo Foco (Studio Legale Michele Lo Foco) su mandato di 16 società di produzione: App Movie, Aurumovie, Elite Group International, Father & Son, Geko Film Production, Green Film, Halley Pictures, Imagine The Stars, Isola Produzioni, Maayca, Mediterranea Productions, Movie Cinema Italia, Mymax Edutainment, Pfa Films, Spm Tecnologie. Pendono di fronte al Tar del Lazio anche altri ricorsi (alcuni a firma di Alessandro Malossini, dello Studio Legale Vannicelli Cinquemani), presentati da altre decine di società di produzione indipendenti (complessivamente dovrebbero essere oltre 70), ma si può ragionevolmente prevedere che gli imminenti pronunciamenti verranno “riuniti” in una procedura unica, che verosimilmente confluirà nella pubblica udienza del 4 marzo 2025 (“dopodomani”, di fatto, considerando le abituali tempistiche dei tribunali amministrativi).
Alcuni sostengono che l’ardita azione intrapresa da queste società le mette molto a rischio: le istanze dei ricorrenti potrebbero essere congelate e quindi escluse da ogni contributo o agevolazione fiscale, ma riteniamo che si tratti di una ipotesi eccessivamente pessimista…
Ieri non si sono registrate pubbliche reazioni di sorta, né da parte del Ministro Alessandro Giuli né da parte della Sottosegretaria Lucia Borgonzoni, ma sono emerse le prevedibili preoccupazioni di alcuni esponenti dei partiti di opposizione…
Le opposizioni plaudono alla decisione del Tar: il M5s chiede al Ministro Giuli di revocare la delega alla Sottosegretaria Borgonzoni, il Partito Democratica invoca le “correzioni” durante l’iter della Legge di Bilancio
Per primi, sono intervenuti i deputati M5s Gaetano Amato e Anna Laura Orrico: “sul disastro del Tax Credit per il cinema siamo stati – purtroppo – facili profeti, come dimostra la pronuncia del Tar del Lazio che ha sospeso in via cautelativa il relativo decreto. Lo abbiamo detto più e più volte che, così strutturato, il Tax Credit andava a minare dalle fondamenta le leggi sulla concorrenza, dando ovviamente alle major il vantaggio enorme di mettere le mani sull’intero meccanismo. Questo governo e questa maggioranza ancora una volta dimostrano di non avere idea di quello che stanno facendo, andando a creare danni su danni che diventano via via sempre peggiori. Grazie a questi incompetenti si profila un altro anno nerissimo per il cinema italiano. Alessandro Giuli ritiri subito le deleghe in capo alla leghista Lucia Borgonzoni e provi a porre rimedio a una situazione che investe migliaia di lavoratrici e di lavoratori. Se non ora, quando?”. La richiesta di revoca delle deleghe su cinema e audiovisivo alla Sottosegretaria era stata peraltro già manifestata settimane fa dal Movimento 5 Stelle.
Subito dopo è intervenuto il Partito Democratico, chiedendo che “il Governo torni indietro sulla riforma del tax credit cinema, un pasticcio che sta gettando nel caos l’industria audiovisiva italiana”, ha sostenuto la Capogruppo “dem” nella Commissione Cultura della Camera, Irene Manzi. “La manovra di bilancio può essere l’occasione giusta per assumersi le proprie responsabilità e non perseverare nell’errore. È evidente a tutti che questa riforma e l’accanimento ideologico contro un settore che rappresenta un’eccellenza italiana stanno causando gravi perdite per le produzioni, con progetti significativi che stanno virando in altri Paesi, e provocando danni significativi in termini occupazionali. Giuli smetta di far finta di nulla e dia un segnale concreto”.
Poco prima delle 20 di mercoledì 27 novembre, dal Collegio Romano viene diramata una nota – asettica – con la quale si evidenzia che il Tax Credit “resta pienamente efficace”, rimarcando che, “in merito all’accoglimento da parte del Tar del Lazio dei ricorrenti sul decreto Tax Credit, il Ministero della Cultura precisa che lo stesso Tax Credit resta pienamente efficace e il tribunale ha fissato ‘per la trattazione del merito del ricorso l’udienza pubblica del 4 marzo 2025’”. Tra le righe, si può comunque percepire un qual certo imbarazzo del Collegio Romano.
Evidente è come il Tar abbia ritenuto che anche nella “riforma Borgonzoni” – così come nella Legge Franceschini – ci sono criticità che vanno affrontate…
Infine, va segnalato che nessuna testata giornalistica ha riportato, rispetto all’esigenza di… “corrigende”, una presa di posizione del Presidente della Commissione Cultura della Camera, Federico Mollicone (Fratelli d’Italia), che venerdì scorso 22 novembre ha sostenuto “grazie a un nostro emendamento parlamentare a mia prima firma, concordato con il Governo – con il Ministro Giuli e il Sottosegretario Borgonzoni – e depositato sulla legge di bilancio, il testo delle modifiche al tax credit cinema sarà migliorato e chiarito”.
Mollicone ha annunciato la “eliminazione della possibilità che lo Stato possa acquisire quote dei diritti sulle opere beneficiarie, in quanto non funzionale agli obiettivi perseguiti dalla norma, mentre resterà in vigore la disposizione che prevede che i proventi dell’opera spettanti al beneficiario, una volta coperti i costi dell’opera, in proporzione, rispettivamente, al credito d’imposta riconosciuto ovvero al contributo selettivo concesso, rientrano, previo versamento in entrata al bilancio dello Stato, nella disponibilità del Fondo cinema” (sull’argomento, si veda “Key4biz” del 6 novembre 2024, “Tax credit. Manovra: lo Stato entra come “produttore associato”, al fianco del produttore”). E concludeva in modo (molto) ecumenico, a margine del “Torino Film Festival”: “il Parlamento si conferma luogo di sintesi”. La presa di posizione di Federico Mollicone appare in sintonia con la richiesta della deputata “dem” Irene Manzi: sarà quindi la manovra di bilancio… “l’occasione giusta” per… “non perseverare nell’errore”, prima dell’udienza pubblica del Tar del 4 marzo 2025?!
Nel mentre, prevale ulteriore incertezza ed aggravata preoccupazione negli operatori del settore.
17 associazioni del settore cine-audiovisivo (autori, attori, tecnici…) lanciano un appello intitolato “SOS Cinema”: “una crisi senza precedenti”
Nella mattinata di ieri giovedì 28 novembre, è emersa una reazione, rispetto al pronunciamento del Tar del Lazio, da parte di una ventina di sigle di associazioni del settore, soprattutto nell’ambito dei lavoratori e tecnici, anche se l’appello lanciato vede la firma di una delle maggiori associazioni dei creativi, ovvero i 100autori (ma ci sono anche gli attori di Unita ed i registi di Air3)…
Scrivono le 17 associazioni, in un comunicato intitolato “SOS Cinema”: “a seguito della recente pronuncia del Tar del Lazio in merito al ricorso dei decreti attuativi relativi alla legge sul tax credit, il comparto cinema in Italia è precipitato in una crisi senza precedenti. La paralisi quasi totale che ne deriva sta già causando gravi ripercussioni per l’intero settore, con il rischio concreto che il 2025 si trasformi in un anno disastroso sul piano occupazionale, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro. Già da giugno 2024, i lavoratori del cinema hanno lanciato ripetuti appelli alle istituzioni, denunciando con forza una situazione insostenibile. Nonostante le numerose richieste di aiuto, le loro voci sono rimaste inascoltate, lasciando il settore senza risposte e i suoi professionisti senza alcuna certezza per il futuro”.
Emerge con evidenza che una parte significativa delle anime del settore cine-audiovisivo non è stata coinvolta nella gestazione della riforma della Legge Franceschini. Da notare l’assenza di associazioni di produttori e l’assenza di sigle sindacali: questo appello scaturisce prevalentemente dalla “base” del settore, ovvero da coloro che costituiscono la maggiore “forza-lavoro” del sistema audiovisivo…
Le associazioni denunciano la lentezza dei processi decisionali: “registi, sceneggiatori, tecnici, attori e tutti gli operatori della filiera stanno subendo le conseguenze di una gestione tardiva e inefficace, che rischia di compromettere irrimediabilmente non solo il tessuto produttivo, ma anche il patrimonio culturale del cinema italiano”.
I lavoratori chiedono con urgenza:
– l’attivazione immediata di strumenti di sostegno al reddito per il 2025;
– il riconoscimento e il recupero dell’anno contributivo;
– un sistema di welfare efficace, che possa garantire la sopravvivenza economica delle migliaia di famiglie che dipendono da questo settore.
E concludono sostenendo che “l’intervento delle istituzioni non è più rimandabile: senza misure concrete e immediate, il collasso del cinema italiano è inevitabile. Il Paese non può permettersi di perdere il suo patrimonio umano e creativo, pilastro della nostra identità culturale”.
Seguono le 17 firme/sigle (elencate in ordine alfabetico):
- 100Autori (associazione dell’autorialità cinetelevisiva)
- AGI SPETTACOLO (associazione generici italiani)
- AIARSE (associazione italiana aiuto registi e segretarie di edizione)
- AIC (associazione italiana autori della fotografia)
- AIR3 DIRECTOR (associazione italiana registi)
- AITR (associazione italiana tecnici di ripresa)
- AITS (associazione italiana tecnici del suono)
- APAI (associazione del personale di produzione dell’audiovisivo italiano)
- APCI (associazione pittori cinematografici italiani)
- CACAO (comparto audiovisivo e cinema auto organizzato Puglia)
- CCS (collettivo chiaro scuro)
- EMIC (elettricisti e macchinisti italiani cineaudiovisivo)
- LCS (lavoratori cineaudiovisivo Sicilia)
- MUJERES NEL CINEMA (associazioni di donne nel cinema e nell’industria dell’audiovisivo)
- RETE SOCIALE BASILICATA
- #SIAMOAITITOLIDICODA (comitato organizzativo lavoratrici e lavoratori del cineaudiovisivo italiano)
- UNITA (unione nazionale interpreti teatro e audiovisivo
Si tratta di associazioni che, nel corso degli ultimi due anni, durante la gestazione della riforma della Legge Franceschini avviata dall’ex Ministro Gennaro Sangiuliano non sono mai state adeguatamente consultate e coinvolte…
Anica e Apa apprezzano la decisione del Tar, Cna Cinema e Audiovisivo preferisce il “dialogo” alla via giudiziaria, Confartigianato chiede al Ministero di “autosospendere” i decreti
E ieri pomeriggio è stata diramata anche una nota congiunta delle due maggiori associazioni del settore, ovvero Anica ed Apa: “riteniamo la decisione del Tar del Lazio di rinviare la sospensione del Tax Credit, per acquisire nuovi elementi, una decisione estremamente misurata e rappresenta per noi una notizia positiva. Il Tax Credit è uno strumento cruciale – atteso dall’industria audiovisivo di tutte le dimensioni, in particolare dalle piccole‐media imprese – per il sostegno e la valorizzazione della produzione italiana (…). Come già ribadito dalle associazioni Anica e Apa, la riforma del sistema era in discussione da oltre un anno ed è importante che le tempistiche applicative siano rapide e che sia sempre più tempestivo il lavoro della macchina amministrativa”. Il Presidente di Anica Alessandro Usai ha aggiunto: “accogliamo positivamente la decisione del Tar del Lazio sul Tax Credit Produzione nazionale, che non ha in alcun modo sospeso il decreto del Ministero della Cultura e del Ministero dell’Economia e Finanze, consentendo al settore di continuare ad accedere allo strumento fondamentale per la crescita e la competitività dell’industria culturale italiana. Il Tar ha infatti rilevato che la molteplicità e la complessità delle questioni sollevate richiede un livello di approfondimento tale da essere incompatibile con la fase cautelare e si è limitato a rinviare alla discussione di merito, fissando l’udienza pubblica al 4 marzo 2025 per la definizione. Riteniamo comunque che il provvedimento del Tar del Lazio offra l’opportunità di aprire un confronto con il Mic, al fine di migliorare la norma e trovare soluzioni razionali ed efficaci per il settore, che diano stabilità ed evitino ulteriori contenziosi”.
Ieri si sono espressi anche i presidenti due associazioni che rappresentano i produttori indipendenti: Gianluca Curti, in rappresentanza di Cna Cinema e Audiovisivo, ha sostenuto che la sua associazione predilige il “dialogo” con le istituzioni e non la contrapposizione per via giudiziaria: “riteniamo che il confronto con la pubblica amministrazione non debba passare attraverso i ricorsi al Tar… crediamo fermamente nel metodo della concertazione come strada imprescindibile per chi rappresenta interessi collettivi. Per questo motivo, Cna Cinema e Audiovisivo non ha mai preso in considerazione l’ipotesi di ricorrere le vie legali, né ha incoraggiato i propri associati a farlo”.
Di tutt’altro parere invece Corrado Azzolini, Presidente di Confartigianato Cinema e Audiovisivo (in sintonia con Mario Pierchiazzi di Pmi Cinema e Audiovisivo), che chiede al Ministero di procedere ad una “sospensione” dei decreti ministeriali: “il Tar non ha formalmente ‘sospeso’ il ricorso ma ha fissato un’udienza pubblica di discussione del merito al 4 marzo 2025, ai sensi dell’art. 55 comma 10 del Cpa (Codice del Processo Amministrativo)… Nella sostanza, il decreto non è formalmente sospeso, tuttavia il Collegio ritiene che vi siano ‘esigenze del ricorrente apprezzabili favorevolmente’ e quindi ha fissato l’udienza di discussione con urgenza. Il messaggio inviato all’Amministrazione opposta (Mic) è quello di prendere atto della posizione del Tar e di provvedere ad intervenire entro la data fissata per l’udienza. Una amministrazione diligente, in questi casi, autosospende l’applicazione del decreto impugnato, al fine di evitare di dare esecuzione a disposizioni che sono a forte rischio di annullamento. Ci auguriamo che il Mic si astenga dall’applicare il nuovo decreto fino alla pronuncia definitiva, altrimenti, se il decreto verrà annullato, dovrà recuperare tutto quanto erogato… Possiamo anche augurarci che si riprenda una discussione propositiva nella direzione indicata dai ricorsisti, che rappresentano le Mpmi (medio-piccole-micro-imprese) fortemente danneggiate da un decreto poco equilibrato. Oggi più che mai, come indicato anche dal Presidente Sergio Mattarella all’Assemblea nazionale di Confartigianato, che ha ricordato un passaggio della Costituzione l’art. 45 ‘La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità. La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato’”, ha concluso Azzollini…
Interventi del Partito Democratico (Matteo Orfini), di Alleanza Verdi Sinistra (Elisabetta Piccolotti), del Movimento 5 Stelle (Gaetano Amato): tutti chiedono al Ministro Alessandro Giuli di chiarire in Aula
Ieri pomeriggio ulteriori prese di posizione: il deputato (e attore) del Movimento M5s Gaetano Amato ha dichiarato, in Aula: “lo scorso anno il 66 % delle produzioni è rimasto fermo, perché il governo è stato incapace di promulgare i bandi. Ora che il Tar ha accolto l’istanza di sospensione e si riserva di esaminare in udienza il decreto legislativo e i decreti direttoriali allegati, passerà un altro anno prima che il cinema possa continuare a lavorare”. E soprattutto – aggiunge – “cosa accadrà a chi accederà al credito in base a quelle regole, che magari poi verranno smentite dal Tar a marzo? Per questo il M5s esorta il Ministro ad andare il Parlamento per spiegare “esattamente cosa intende fare””.
Lo chiede anche il Partito Democratico, che chiama il Ministro ad una informativa urgente in Aula: “quali regole deve seguire un produttore cinematografico? Può avviare nuovi progetti o deve continuare a restare fermo a causa del caos legislativo che si è creato?”, la domanda del deputato “dem” Matteo Orfini, che punta l’indice sulle “gravi responsabilità” del Governo. “I dati – ricorda Orfini – sono sotto gli occhi di tutti: le produzioni sono ferme, gli stabilimenti cinematografici sono vuoti, le maestranze si stanno rivolgendo ad altri settori pur di lavorare e le grandi produzioni internazionali stanno virando verso altri paesi a noi concorrenti. Cosa dobbiamo aspettare ancora? Non c’è più tempo”.
La traiettoria, denuncia anche Elisabetta Piccolotti di Alleanza Verdi Sinistra, è chiara: “le produzioni indipendenti italiane che hanno agonizzato fino ad ora moriranno”. E la soluzione, aggiunge, è una sola: “tornare indietro dalla riforma del Tax Credit senza aspettare il Tar, per tornate indietro da questo omicidio premeditato del cinema italiano”…
La decisione di martedì scorso del Tar del Lazio potrebbe stimolare un tardivo ma apprezzabile “cambio di metodo” nei processi decisionali del Ministero della Cultura, con procedure più trasparenti, aperte, partecipative, e democratiche (e magari anche più adeguati strumenti tecnici di conoscenza, valutazione, controllo dell’intervento pubblico). Facendo finalmente uscire il dibattito dalle ovattate stanze del Collegio Romano, ed aprendolo alla società civile: gli “stakeholder” del sistema cine-audiovisivo non sono soltanto i produttori…
[ Note: questo articolo è stato redatto senza avvalersi di strumenti di “intelligenza artificiale”. ]
(*) Angelo Zaccone Teodosi è Presidente dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult (www.isicult.it)