Ritratto di un leader. Non nell’accezione distorta che ha trionfato negli ultimi decenni. Ritratto di un leader che non “comanda”, ma ascolta, si confronta e produce sintesi politica. In tempi molto difficili, i più difficili della storia repubblicana.
Non è un caso che il film di Andrea Segre si apra con il tentato omicidio di Sofia e con il golpe cileno. Perché è proprio dalla riflessione sulla drammatica fine dell’esperienza democratica di Allende e dallo strappo con Mosca che si opponeva alla via italiana al socialismo, che Berlinguer elaborerà la teoria del “compromesso storico”: una strategia di alleanze necessaria per non lasciare sole le masse operaie ed evitare una possibile reazione violenta, anche in Italia, di fronte al successo elettorale del PCI e il suo avvicinamento al governo del paese.
E’ raro che un film riesca ad essere fedele alla ricostruzione storica dei fatti. “La grande ambizione” ci riesce. Un pregio tra i molti della pellicola che sta registrando un buon successo di pubblico. Chi ha vissuto quegli anni, splendidi e terribili, lo comprende subito. E anche per questo sarà utile a quei giovani che vorranno vederlo. Utile a comprendere un periodo storico di grande complessità.
Il privato di Berlinguer ed il suo ruolo politico si intersecano nel film. Lo spessore di un dirigente si misura con la cifra della sua umanità. Se Enrico Berlinguer è stato un punto di riferimento democratico del paese è stato anche perché era uomo di grande spessore umano. Il confronto con il nostro presente è devastante.
Straordinaria l’interpretazione di Elio Germano nei panni di Berlinguer.
Emerge, nel film, anche l’esperienza politica di una generazione che ha vissuto quelle lotte, quelle speranze, quelle paure con generosità ed entusiasmo. E che ha creduto di potercela fare coltivando “la grande ambizione”, mettendosi al servizio di un’idea di giustizia, di uguaglianza, di democrazia.
Contro il terrorismo neofascista e contro il terrorismo brigatista. Senza tentennamenti.
Berlinguer è stato a volte accusato di “moderatismo”. La sua storia è, al contrario, uno straordinario esempio di coraggio e di lucidità politica, sostenute dalla consapevolezza di essere dalla parte di chi si batteva per una società giusta.
Quell’ opportunità democratica è sfumata con il rapimento di Moro e il suo assassinio, è sfumata perché chi ha vinto ha giocato sporco per difendere privilegi, ingiustizie e piccole ambizioni.
Troppo piccole per provare solo a paragonarle con la grande ambizione berlingueriana.
(foto film “La grande ambizione”)