Cinquant’anni senza Vittorio De Sica, la sua capacità di leggere la realtà italiana del dopoguerra, il suo acume nel raccontarla e i suoi graffianti affreschi di una società assai peggiore di come tendesse a descriverla la propaganda governativa del tempo. Cinquant’anni senza uno dei massimi esponenti del neorealismo, capace di fare scuola e di rendere migliore il Paese attraverso una narrazione veritiera del nostro dramma, del nostro dolore e delle nostre speranze. Basti pensare a “La ciociara”, tratto dal capolavoro di Alberto Moravia: un’opera che non fa sconti ai vincitori della Seconda guerra mondiale, meno che mai ai “goumier”, le truppe marocchine arruolate nell’esercito francese, autrici di stupri e violenze d’ogni sorta in una Ciociaria ridotta a terra di frontiera, esibendo una volontà di dominio, uno spirito di vendetta e una ferocia intollerabili sempre e comunque, chiunque sia a rendersene protagonista. De Sica non faceva sconti a nessuno: per questo era un gigante. E le sue opere parlano per lui: da “Sciuscià” a “Ladri di biciclette”, passando per “Miracolo a Milano”, “Umberto D.” e molte altre ancora; splendori e miserie, incubi e prospettive di una società che provava a rimettersi in cammino dopo il diluvio bellico che aveva travolto ogni certezza.
Mezzo secolo senza la sua arte e avvertiamo la mancanza di un punto di vista così intenso, profondo e disincantato su noi stessi: uno specchio fedele di ciò che eravamo e un’analisi universale del nostro modo di essere, della quale oggi purtroppo non siamo o, peggio ancora, non vogliamo più essere capaci.
Compie cent’anni, invece, la radio, che iniziò a trasmettere il 6 ottobre 1924 e ci tiene compagnia da un secolo. È molto cambiata rispetto alle origini, certo, ma non ha smarrito la sua freschezza, la sua vitalità e la sua capacità di insinuarsi piacevolmente nelle nostre vite. Ha scandito gli orrori del regime fascista e della guerra, ci ha raccontato la rinascita e il boom economico, è stata l’antesignana della televisione e oggi ha una funzione essenziale. Nella stagione della velocità eccessiva, della mancanza di approfondimento e della follia diffusa e generalizzata, questo strumento può infatti ancora costituire un elemento di ribellione. Per assurdo, proprio la mancanza d’immagini potrebbe favorire la bellezza del racconto, la dolcezza della storia che prevale sulla cronaca e un’attenzione maggiore a ciò che si muove nel mondo, coniugando immediatezza e approfondimento e restituendoci entrambi sotto forma di parole scelte con cura. A condizione, naturalmente, di volerlo davvero fare, il che nella stagione del controllo governativo su ogni sillaba purtroppo non è scontato.
E poi gli anniversari. Quattro compleanni d’autore. Sofia Loren e Brigitte Bardot: i sogni proibiti di una società più ingenua e ancora in grado di apprezzare fino in fondo la bellezza. Se pensiamo alla definizione di diva, ci vengono in mente i loro sguardi, le loro movenze, la loro unicità. La Loren ha continuato a recitare per tutta la vita, BB ha smesso da tempo immemorabile, come se volesse invecchiare lontano dai riflettori, conservando un’eterna giovinezza che non è propria di questa Terra ma ci piace comunque immaginare che possa essere appannaggio di una donna e di un’attrice che ha incarnato, meglio di chiunque altra, il ruolo di “femme fatale”. Possiamo dire che siano state, insieme all’americana Marylin Monroe, le tre stelle del dopoguerra. Solo una, la Sofia nazionale, ha avuto la possibilità e il coraggio di spingersi al di là della mervaiglia, incarnando anche il fascino dell’età matura e interpretando ruoli immortali come l’Antonietta di “Una giornata particolare”, ma non staremo certo qui a stilare gerarchie. Di fronte a tanta immensità, non possiamo che toglierci il cappello.
Gino Paoli e Ornella Vanoni, infine, costituiscono per la musica italiana un qualcosa che non si può descrivere a parole. È inutile elencare i gioielli di una produzione discografica senza eguali. Possiamo solo fermarci a riascoltarli e innamorarci, ancora una volta, delle loro canzoni e della poesia che esse sprigionano.
Momenti di splendore assai diversi fra loro ma accomunati dal fatto di averci reso migliori. Per questo, semplicemente grazie da un cultore della magia senza frontiere.
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