Il Governo italiano ha solennemente inaugurato la nuova enclave in Albania, costata decine milioni di euro, per sperimentare l’esternalizzazione della detenzione amministrativa dei richiedenti asilo provenienti da Paesi di c.d. “origine sicura”, antipasto del novello patto europeo sulle migrazioni. E così, dopo avere imbarcato il “carico umano” composto da ben 16 bengalesi ed egiziani una nave della Marina, ha salpato da Lampedusa alla volta del Paese delle aquile dove, al netto di due minori ed un paio di persone vulnerabili immediatamente rispediti in Italia, costoro hanno presentato domanda di protezione internazionale e sono stati trattenuti nel locale centro di detenzione in attesa di verificare il loro diritto a fare ingresso sul suolo italico (quello vero). Poiché il nostro habeas corpus prevede che ogni limitazione della libertà personale, se disposta dall’autorità amministrativa, debba essere convalidata da un giudice entro 96 ore dalla sua adozione, il Questore di Roma ha chiesto al Tribunale di verificare se sussistessero i presupposti giuridici per convalidare quei provvedimenti. Il tribunale ha detto no, perché ha ritenuto illegittimo il decreto ministeriale con il quale quei Paesi di provenienza fossero da ritenersi di “origine sicura”, con il vincolante supporto di una sentenza della Corte di giustizia dell’U.E. – appena pubblicata lo scorso 4 ottobre – che aveva precisato come un Paese terzo, per essere considerato “sicuro” al lume del diritto dell’Unione, deve essere effettivamente tale in tutto il suo territorio, e non soltanto in alcune sue parti o con esclusione di talune categorie di persone (LBGTQ+ per esempio). Tuttavia, si dà il caso che la designazione dei Paesi d’origine sicura operata con decreto interministeriale ( atto amministrativo non avente forza di legge primaria) sia stata adottata sulla base di un’istrttoria condotta dal MAECI che ha redatto delle schede-paese da cui risulta che i Paesi in questione non sono sicuri al 100%. Il che, all’evidenza, contrasta con la nozione di Paese di origine sicura elaborata dalla vincolante – tanto per i giudici quanto per la pubblica amministrazione – recentissima sentenza della Corte di giustizia.
Immediato lo scalpore della maggioranza: i giudici politicizzati affossano le politiche governative in tema di immigrazione, facendo finta di dimenticare, però, che la parziale insicurezza dei Paesi in questione non è stata decretata dalle toghe rosse, ma dallo stesso MAECI e i giudici, soggetti soltanto alla legge, si sono limitati ad applicare le norme in conformità all’interpretazione vincolante fornita dalla Corte di giustizia dell’Unione.
Se si leggessero i provvedimenti prima di commentarli si rederebbe un servizio alla nazione, oltre che alla credibilità dei governanti.
Avv. Guido Savio, ASGI