Si è tenuta ieri l’ultima udienza del processo per diffamazione a carico del giornalista Lorenzo Tosa, querelato dal “console fascio-rock” Mario Vattani per aver raccontato la partecipazione di quest’ultimo a un episodio di violenza del 1989. La colpa di Tosa? Semplicemente aver fatto il suo lavoro. Ora rischia una sanzione di 50 mila euro, in attesa di una sentenza che potrebbe arrivare nei prossimi trenta giorni. Questo processo non riguarda solo lui: è un simbolo delle querele temerarie che stanno soffocando il giornalismo in Italia.
SLAPP: lo strumento per mettere a tacere la stampa.
Il caso Tosa è solo l’ultimo esempio di SLAPP (Strategic Lawsuits Against Public Participation), le cosiddette querele temerarie. Questi procedimenti legali sono uno strumento utilizzato, spesso dalla politica, per intimidire chi osa fare luce e indagare su episodi scomodi. L’obiettivo non è ottenere giustizia, ma zittire i giornalisti con minacce di lunghe e costose battaglie legali, scoraggiando inchieste e articoli. La querela di Mario Vattani, attuale ambasciatore italiano a Singapore, segue questo schema. Vattani, noto per il suo passato nell’estrema destra, è stato frontman del gruppo musicale neofascista “Sotto fascia semplice”. Nel 2011 si esibì a un festival organizzato da Casapound, dove fra saluti fascisti e riferimenti espliciti dalle chiare ispirazioni fasciste, si guadagnò l’appellativo di “console fascio-rock”. Quella performance gli costò una sospensione dal Ministero degli Esteri, ma non gli impedì di continuare la sua carriera diplomatica, culminata nella nomina ad ambasciatore di grado da parte del governo Meloni.
Un quadro giuridico sempre più opprimente.
Il processo a Tosa si inserisce in un contesto in cui il governo Meloni sta restringendo progressivamente la libertà di stampa. Non bastano le querele temerarie, ora anche la cosiddetta “legge bavaglio” punta a silenziare ulteriormente i giornalisti, impedendo la pubblicazione delle intercettazioni in tutte le ordinanze, non solo quelle di custodia cautelare. Una misura che colpisce non solo i cronisti, ma anche le testate e gli editori, ampliando di fatto il controllo dell’informazione. Il deputato di Fratelli d’Italia Andrea Pellicini ha proposto l’estensione delle norme restrittive, accogliendo un emendamento di Enrico Costa. Questa legge “bavaglio”, viene denunciata dall’opposizione e dalle principali associazioni giornalistiche, come un attacco diretto alla libertà di stampa. “Meloni vorrebbe governare senza critiche,” ha dichiarato il deputato Angelo Bonelli, “con una stampa ridotta al silenzio, incapace di fare domande.”
Un futuro incerto per la libertà di stampa.
Il caso Tosa è l’ennesimo attacco contro la libertà di stampa in Italia, sempre più minacciata da intimidazioni e provvedimenti legislativi che rendono difficile, se non impossibile, il lavoro dei giornalisti. Non è un caso isolato, ma un esempio di un clima politico che non tollera dissenso o indagini scomode.
L’Ordine dei Giornalisti ha espresso solidarietà a Lorenzo Tosa, definendolo vittima di una strategia intimidatoria mirata a zittire chi racconta i fatti. Come ha detto lo stesso Tosa, “è una battaglia cruciale per la libertà di stampa”, perché queste querele temerarie non colpiscono solo i singoli, ma minano l’intera categoria giornalistica.
In un Paese in cui le leggi bavaglio e le querele intimidatorie cercano di ridurre lo spazio democratico, il futuro della libertà di informare è sempre più incerto. Casi come quello di Tosa mostrano chiaramente i rischi che corre chi cerca di svolgere il proprio ruolo di cane da guardia della democrazia.
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