Similfascismo. Le frasi che 100 anni fa imbavagliarono la stampa, troppo simili a quelle di oggi

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Telegramma n.17916 ai prefetti del 31 luglio 1925 del ministro degli Interni Luigi Federzoni.

Con riferimento disposizioni vigenti che vietano pubblicazione atti istruttori richiamo attenzione SS.LL. su grave sconcio che si verifica quotidianamente ad opera dei giornali mediante riproduzione fotografie di delinquenti arrestati sotto imputazioni gravi reati. Tutti i giorni accade di veder riprodotte fotografie di omicidi, ladri, adulteri, ecc., che sono così elevati agli onori della più biasimevole pubblicità. (…) Poiché tali fotografie sono consegnate ai giornali o dagli uffici di questura o da funzionari stessi che compiono servizi di polizia, provvedere che tale abuso cessi immediatamente vietandosi altresì ogni amplificazione di notizie che riesce a deviare opinione pubblica e a rendere più difficile compito magistrati inquirenti. Riterrò personalmente responsabile i Sigg. Questori di ogni colpevole infrazione alle norme della presente circolare.

(ACS MCP Gabinetto, b.3, f. 11, sf. Cronaca nera)

“L’Italia  cerca di non applicare il diritto dell’Unione”. Così, nel recente incontro di Articolo 21, in un’ottima sintesi del momento che si sta vivendo in Italia, Donatella Stasio ha descritto le reazioni scomposte davanti alla recente sentenza del Tribunale di Roma sul caso Albania. Quella certa “allergia” al bilanciamento dei poteri costituzionali, alle regole già scritte prima dell’avvento di questo governo e la mania del controllo dell’informazione sono la prova del rigurgito fascista che anima l’attuale condizione del nostro Paese. Articolo 21 da anni, avendo purtroppo avuto ragione, segnala il pericolo di una deriva antidemocratica che, per di più, affonda le sue radici nel nostalgismo per l’era fascista, mai morta del tutto. Le similitudini con il ventennio dominato da Benito Mussolini e dai suoi fedelissimi sono molteplici, ma colpiscono quelle sulla  libertà di espressione e di informazione, che si ritrovano in leggi e leggine recentissime. La ricerca spasmodica della conformità delle notizie alla volontà del Governo è stata esplorata più volte da grandi firme del nostro giornalismo e da storici contemporanei. Il loro lavoro di ricerca offre la possibilità di riportare le frasi del fascismo inerenti la stampa, destinate ai giornalisti, ai direttori dei giornali, ai Prefetti e firmate direttamente dai gerarchi, specie dal Ministro dell’Interno. Anche allora, come ora, si puntava a “rimodulare” la cronaca nera che è sempre la nostra brutta, lo specchio di  un Paese difficilissimo. Allora non si volevano turbare le coscienze con immagini sconce di morti e/o insubordinati. Oggi si cerca di evitare che si sappia in giro che abbiamo molti corrotti, soprattutto politici e amministratori.

Inizia oggi, alla vigilia dei cento anni dell'”anniversario” dei cento anni della marcia su Roma un focus sui dispacci con cui il Governo di Mussolini impose una narrazione di cronaca avulsa dalla realtà. Troppo simili a frasi che si sentono oggi da parte di numerosi esponenti di Governo. Non si può non fare riferimento alla proposta del senatore Maurizio Gasparri, che ha chiesto di sospendere la messa in onda di Report perché ci sono le elezioni  in una delle venti Regioni italiane. Non si può non pensare (male) al cosiddetto emendamento Costa, che vieta del tutto la pubblicazione di uno dei più importanti atti giudiziari nel procedimenti penali. Non si può non richiamare la sistematica violazione del Media Freedom Act in riferimento alla Rai e al sistema di proprietà dei media in Italia (vedi alla voce Angelucci).

La raccolta dei messaggi originali, che Articolo 21 ha inserito anche in alcune card per i canali social, è stata possibile grazie al saggio di Stefano Mannucci e relativo alle “Disposizioni del Minculpop sulla fotografia”, al libro di Paolo Murialdi  “La stampa del regime fascista”, al saggio di Giancarlo Tartaglia, “Un secolo di giornalismo italiano”.


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