La pellicola di Sean Beaker, Palma d’Oro all’ultimo Festival di Cannes, riproposta nell’ambito della 19^ edizione della Festa del Cinema di Roma è una Pretty Woman in salsa 2.0 in bilico tra comicità e dramma, empatia e critica sociale, in cui il romanticismo cede il passo a droga, sesso e bagordi, con un finale amaro.
Saper mischiare sapientemente dramma e commedia è forse una delle imprese più difficili da mettere a segno. Sean Baker, con Anora, è riuscito magistralmente nell’intento, con un film – premiato con la Palma d’Oro al 77° Festival di Cannes – riproposto in occasione della 19^ Festa del Cinema di Roma e in sala in Italia dal prossimo 7 novembre con Universal Pictures.
L’opera – che trae liberamente spunto dal romanzo autobiografico di Andrea Werhun: Modern Whore – è una sorta di Pretty Woman della nostra contemporaneità, sebbene il romanticismo e l’happy ending, caratteristici del film del 1990 con Julia Roberts e Richard Gere, lasciano spazio a droga, sesso ed eccessi, virando verso un finale amaro.
La protagonista – che dà anche il titolo al film – è Anora, Ani (Mikey Madison), una giovane spogliarellista di 23 anni che lavora in un nightclub di Brooklyn. Una sera, all’Headquarter arriva il giovane rampollo di una famiglia di oligarchi russi, Ivan Zakharov (Mark Eidelshteyn) il quale trascorre con Ani una piacevolissima serata, al punto tale che la invita nella sua lussuosissima villa, con decine di persone a servizio, dove trascorrono ancora del tempo tra sesso, alcol e droghe. Ma Ivan si sta invaghendo di Ani e vuole rivederla ancora e ancora, sino al punto di proporle di essere la sua fidanzata ufficiale per una settimana e di partire con lui e i suoi amici per una vacanza a Las Vegas, proposta che Ani accetta senza pensarci due volte.
Ed è nel corso del soggiorno in Nevada, che Ivan le chiede di sposarlo, proposta che Ani accetta senza esitazione, illudendosi, forse, che il matrimonio possa rappresentare la sua chance di riscatto da una condizione di marginalità, in cui è costretta a vendere il suo corpo per il piacere di uomini sconosciuti.
Tuttavia, quando la notizia delle nozze raggiunge la Russia, la famiglia di Ivan sale sul primo aereo per mettere fine all’infausta unione. Ed è proprio qui che probabilmente prende vita la parte più divertente del film: nell’attesa dell’arrivo dei genitori di Ivan, i due sposini vengono presi in ostaggio dal fedelissimo dell’oligarca, un tuttofare di origine armena, Toros, accompagnato da due inquietanti quanto rocamboleschi soggetti. Ma mentre Ivan riesce a fuggire, Anora, ancora mezza svestita, viene legata con il filo del telefono in una scena veramente memorabile.
Abbandonato lo humour che aveva lasciato presagire un diverso finale, la notte prosegue alla ricerca di Ivan tra locali equivoci e quartieri russofoni, sempre in bilico tra dissacrazione ed empatia, con ciò mostrando sempre di più ad Anora l’inconsistenza del sogno in cui aveva creduto.
Un film in cui ancora una volta il regista pone l’attenzione sugli ultimi, anche se con toni più leggeri rispetto a quelli che avevano caratterizzato la sua trilogia sulla periferia americana, che gode di una eccellente fotografia, di una sceneggiatura brillante e di un mix di attori, tra giovani talentuosi e artisti affermati, veramente straordinario.