(Re)fuse: l’informazione verso il 25 novembre

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La violenza maschile è al centro della cronaca quasi quotidiana, e di conseguenza anche di riflessioni politiche che fanno parte di precisi percorsi, dall’esperienza del femminismo e dei centri antiviolenza a collettivi e movimenti delle donne,  insieme ad associazioni che hanno prodotto alcune trasformazioni, nel simbolico e nel linguaggio con cui vengono affrontati questi temi anche nella loro narrazione e, in generale, nell’ informazione. Eppure altrettanti sono gli stereotipi e i luoghi comuni con cui molte e molti hanno a che fare quando devono scrivere o raccontare della violenza maschile sulle donne, con queste ultime spesso chiamate a  dover rispondere del loro ruolo attivo in quanto in qualche modo corresponsabili del reato subito.

Altro dato è la copertura data dai sette telegiornali italiani alle notizie Lgbtq+ che nel 2023 è stata dello 0,4%, secondo il Diversity Media Report. Una percentuale raddoppiata rispetto all’anno precedente (0,2%), ma certo sempre infinitesimale e indicativo di un grave gap sulla rappresentazione inclusiva nei media italiani di informazione e intrattenimento. L’informazione italiana è soprattutto informazione politica e si occupa delle questioni Lgbtq+ in senso politico, quando invece il tema della rappresentazione è anche sentir parlare di persone Lgbtq+ non solo per discutere di diritti o perché coinvolte in casi di cronaca. Un dato, quello dei telegiornali, che va letto anche alla luce dell’audience: basti considerare il fatto che fra gli ultra 64enni il 96% guarda abitualmente le reti Rai, mentre le percentuali sono via via più basse se si va alle fasce di popolazione più giovani e quindi più predisposte al cambiamento sociale che l’Italia sta vivendo.

Ma in ogni caso la rappresentazione che si dà delle realtà queer non riesce quasi mai ad andare oltre gli stereotipi. Chi invece non deve preoccuparsi di creare un palinsesto diviso per fasce orarie e tipologia di pubblico presente in quella fascia, è il digitale. Questa maggiore libertà editoriale, si riflette in una produzione di contenuti vasta e varia, in grado di fornire una rappresentazione della comunità Lgbtq+ più vicina alla società reale anche grazie a una comunicazione trasversale, in grado di contemplare la diversità dei punti di vista.

In tal senso va la giornata dell’11 ottobre, organizzata dall’associazione FactoryA e da Giulia giornaliste, dalle 9 al tramonto, da Zalib-Centro Giovani a Trastevere:  come trasformare la cultura della violenza, come parlare delle altre, come narrare correttamente le diversità e che rapporto hanno le giornaliste con le gerarchie di potere nel mondo dell’informazione? Sono solo alcuni dei temi che verranno trattati nei panel tematici che vedranno avvicendarsi giornaliste, conduttrici, studiose, scrittrici, economiste, attiviste, in una virtuale maratona della comunicazione incentrata su femminismi e media: un rapporto spesso difficile se non addirittura osteggiato, laddove basta sintonizzarsi su un qualsiasi canale tv o web per assistere al fallimento di mezzo secolo di battaglie femministe, con le operatrici di comunicazione ancora spesso messe a tacere e costrette a ruoli subordinati e sottoposte a sessismi.

In collaborazione con Giulia giornaliste, si tenterà di mettere a tema generi, generazioni e pratiche femministe nel mondo dell’informazione, dell’editoria, nei nuovi media e strumenti digitali. Grazie all’analisi dei dati e alle testimonianze delle esperte, si approfondirà il ruolo dell’informazione sulle pratiche linguistiche e sugli attraversamenti femministi dei media considerati uno dei 12 settori potenzialmente decisivi per il miglioramento della condizione femminile. Eppure ancora oggi l’informazione mainstream, soprattutto nei ruoli apicali, resta nelle mani degli uomini, così come sessuate sono le fonti di finanziamento, mentre il panorama delle testate femministe indipendenti è vivacissimo ma autoprodotto e con scarsa visibilità.

Il potere economico-politico può incidere sulla possibilità di trasmettere una cultura diversa, che affondi le sue radici nei femminismi? Grazie al coinvolgimento di AgCom e dell’Osservatorio di Pavia, saranno forniti strumenti per superare gli stereotipi di genere nel rispetto della deontologia professionale prevista dal Manifesto di Venezia e dalla Carta dei Doveri, attraverso quel differente punto di osservazione di cui i movimenti delle donne sino a oggi si sono fatti portatori.

Interverranno, tra le altre, Marta Bonafoni, responsabile della segreteria PD; Luciana Castellina, giornalista e scrittrice; Elisa Giomi commissaria AgCom, Pat Carra, fumettista e umorista;

Nel pomeriggio sono previsti tre workshop con la partecipazione di tantissime amiche, attiviste culturali, colleghe e con Celeste Costantino vicepresidente della Fondazione Una Nessuna Centomila; Serena Fiorletta, vice presidente di Aidos; Simona Maggiorelli, direttrice di Left; Francesca R. Recchia Luciani coordinatrice del primo DIN in Gender Studies; Azzurra Rinaldi, economista femminista.

IL CORSO RILASCIA 5 crediti deontologici per la formazione giornalistica iscrivendosi alla piattaforma www.formazionegiornalisti.it


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