Elahe Mohammadi e Niloufar Hamedi, le due giornaliste che hanno pubblicato due servizi sulla vicenda dell’assassinio di Mahsa Jina Amini e che si trovavano in libertà dietro cauzione, sono tornate in carcere per scontare la condanna a cinque anni di reclusione.
Mahsa Jina Amini, una ragazza curda arrestata a Teheran il 13 settembre 2022, per non indossare correttamente l’hijab obbligatorio, è morta tre giorni dopo in ospedale a seguito delle violenze subite durante la breve detenzione. La prima ad informare della morte di questa ragazza curda è stata Niloufar Hamedi, mentre l’altra giornalista, Elahe Mohammadi, è “colpevole” per aver scritto un articolo sui funerali di Mahsa Jina Amini che si sono svolti nella sua città natale di Sagghez,
Le due coraggiose giornaliste, ambedue socie onorarie di Articolo21, non sono tra gli unici giornalisti attualmente in carcere nella Repubblica Islamica dell’Iran, per aver semplicemente svolto il loro lavoro. Attualmente si trovano in carcere Nasrin Hasani, Parisa Salehi, Kamyar Fakour, Yashar Soltani, Shirin Saiidi, Vida Rabbani, Saba Azarpeik, Saideh Shafii, Rouhollah Nakhaii, Jina Modarres Ganji e Reza Valizadeh. Sette di questi giornalisti sono donne.
Nell’anno in corso 181 giornalisti sono stati rinviati a giudizio nel paese degli Ayatollah, con accuse come: ”diffusione di notizie false e tendenziose”, “attentato alla sicurezza dello Stato”, oppure per aver criticato personaggi del governo e vicini al regime e istituzioni e ufficiali delle Guardie della Rivoluzione (i Pasdaran).
Dall’inizio del 2024 i Tribunali della Rivoluzione hanno inflitto 31 anni e 6 mesi di carcere ai giornalisti, oltre a multe salate, periodi di divieto di accesso ai media sociali e divieto di esercitare la professione oltre a anni di confino e divieto di lasciare il paese.
Nello stesso periodo i direttori responsabili di 61 organi di stampa o notiziari online sono stati convocati dai giudici e in molti casi hanno dovuto sospendere le pubblicazioni da 1 a 22 giorni. Il sito economico Fardaye Eghtesad (il Futuro dell’Economia) è stato chiuso definitivamente con l’accusa di offrire un’immagine “negativa” dell’economia del paese. In realtà aveva pubblicato i risultati di una ricerca effettuata dal Centro Ricerche del Majlis (Il Parlamento) nella quale si affermava che uno ogni tre cittadini della Repubblica Islamica vive non sotto la soglia di povertà, ma sotto quella della fame.
La Repubblica Islamica dell’Iran secondo CPJ (Committee to Protect Journalists) è una delle “grandi prigioni dei giornalisti” assieme alla Cina, Myanmar, Bielorussia, Russia e al Vietnam.