L’informazione giudiziaria è a rischio. Interviene il Cnog

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“L’Ordine dei Giornalisti è contrario alla modifica dell’articolo 114 del codice di procedura penale che vieta la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare. Le ordinanze sono atti pubblici, non coperti dal segreto dell’indagine e trattano del momento in cui un cittadino viene privato della sua libertà”. Lo ha affermato Carlo Bartoli, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine, nel corso dell’audizione in commissione Cultura alla Camera sul decreto legislativo per l’adeguamento alla direttiva UE 2016/343 sulla presunzione di innocenza. “Riteniamo che tale decisione da parte dell’Autorità giudiziaria – ha sottolineato Bartoli – vada non solo resa nota
all’opinione pubblica, ma anche ben illustrata e spiegata nelle sue motivazioni. Non è un privilegio dei giornalisti quello di fornire notizie, ma un diritto costituzionale dei cittadini ad
essere informati correttamente di quanto accade. Si dice che comunque il giornalista può diffondere la notizia di un arresto tramite sintesi ma senza pubblicare, nemmeno con stralci, il
testo dell’ordinanza. È come chiedere ad un cronista parlamentare di illustrare una legge senza citare una riga dei passaggi fondamentali, o di dare notizia del bilancio di una grande azienda senza riportare neppure un numero o raccontare una partita di calcio senza il risultato finale”. “Nella Direttiva europea, inoltre, non vi è alcun riferimento alla limitazione della pubblicazione degli atti di indagine – ha affermato ancora il presidente dell’Ordine in audizione -, al contrario si fa esplicito riferimento, nell’applicazione del principio di presunzione di innocenza, alla salvaguardia del
diritto nazionale a tutela della libertà di stampa e dei media”. “Segnalo che siamo di fronte all’ultima di una serie di norme che tendono a restringere l’operato dell’informazione professionale. Basti pensare alle distorsioni introdotte dalla legge Cartabia, mentre per il reato di diffamazione, la proposta al vaglio del legislatore dispone un aumento spropositato delle pene pecuniarie e nulla viene messo in campo per frenare le azioni giudiziarie intimidatorie, oggetto della recente Direttiva Europea anti-Slapp. Chiediamo al Parlamento – ha concluso Bartoli – un impegno per varare leggi che garantiscano la piena agibilità per l’informazione professionale e non comprimano, invece, la libertà di stampa”. (ANSA).


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