La doppia morale occidentale, che condanna l’attacco contro Unifil ma si astiene su Gaza

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La condanna dell’attacco ai caschi blu della United Nations Interim Force in Lebanon palesa ancora una volta tutta l’ambiguità e l’ipocrisia della comunità internazionale sul conflitto in Medioriente, in primis le responsabilità di Israele.
La recente aggressione delle Forze di difesa israeliane (IDF) contro i peacekeepers della missione Unifil e un atto gravissimo che, giustamente, ha sollevato un’ondata di sdegno e preoccupazione a livello globale.
Che sia chiaro  Quei colpi sparati dalle “Forze di difesa israeliane” contro il contingente Onu in Libano indignano fortemente anche me, che più di una volta sono stata ospite della base di Unifil (quando era comandante il generale Graziano). Ma questa azione, considerata un crimine di guerra da molti esperti e osservatori, si inserisce in un contesto di violenza e instabilità che ormai da anni caratterizza il Medioriente. E poi, la reazione della comunità internazionale, in particolare quella italiana, sembra avere una doppia faccia, rivelando ambiguità e ipocrisia nella valutazione delle responsabilità.

Da un lato, l’attenzione mediatica si è focalizzata sull’attacco a Unifil, destando preoccupazione per la sicurezza delle forze di pace e l’integrità di tutti gli operatori della missione internazionale.
È innegabile che l’aggressione contro questi caschi blu, i quali operano per mantenere la stabilità in un’area già profondamente scossa da conflitti, meriti una ferma condanna.
Dall’altro, la comunità internazionale, con l’Italia in prima linea, ha mostrato una sorprendente sottofferta di analisi critica rispetto alla strage quotidiana a Gaza e ai raid aerei in Libano da parte di Israele. Una contraddizione inaccettabile.
L’atteggiamento italiano nei confronti del Governo israeliano è storicamente caratterizzato da un sottile equilibrio. Mentre si esprimono condanne nei confronti di attacchi come quelli a Unifil, le stesse voci sono silenziose quando si tratta di riconoscere le responsabilità di Israele nella sofferenza dei civili palestinesi.
Questa ambiguità mette in luce una mancanza di coerenza nei valori che l’Italia e l’Europa dicono di difendere.
Il dibattito internazionale si è in gran parte concentrato su un “approccio selettivo” all’umanità, dove alcune vite – quelle dei caschi blu e dei cittadini di paesi occidentali – sembrano avere un valore maggiore rispetto ad altre, come quelle dei palestinesi. È un’incoerenza che non può passare inosservata, soprattutto in un contesto in cui il diritto internazionale e i diritti umani dovrebbero essere universali.
In un momento di crisi come quello attuale, la comunità internazionale deve chiedersi: quali sono le reali conseguenze della nostra retorica? Possono essere considerati crimini di guerra solo alcuni attacchi, mentre altri rimangono impuniti e sottovalutati?
È tempo di un cambio di paradigma, che abbandoni l’ipocrisia e affronti con coraggio le responsabilità di tutti i protagonisti.
L’attacco delle forze israeliane contro i caschi blu di Unifil, lungi dall’essere un episodio isolato, rappresenta l’ultimo e più grave sintomo della generale instabilità della regione e della mancanza di un vero impegno da parte della comunità internazionale per garantire la pace e la giustizia.
È urgente che le nazioni tutte, Italia inclusa, smettano di avere una visione parziale e inizino a considerare tutte le vite come ugualmente preziose, impegnandosi a porre fine alle violenze in tutte le sue forme. Solo così si potrà sperare in un futuro di pace duratura nella regione.


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