«La strategia della tensione imponeva anche la strategia dell’impunità e le strategie delle impunità, si facevano con i depistaggi», lo ha ricordato Manlio Milani, presidente dell’Associazione vittime di Piazza della Loggia, domenica scorsa, 27 ottobre a Brescia (dove Milani è di casa) presso il Teatro sociale, che ottenuto il sold out, ha meritoriamente deciso di mettere in cartellone uno spettacolo teatrale dedicato alla strategia della tensione.
Lo spettacolo: Io so. Inchiesta sulla strategia della tensione (che nasce all’interno di un contenitore più vasto, quello del progetto Sotto i fanali l’oscurità, promosso a Torino da associazioni e giornalisti e sostenuto grazie ai fondi dell’Otto per mille valdese – Unione delle chiese metodiste e valdesi) indaga un pezzo importante della storia d’Italia che arriva sino ai giorni nostri, tra misteri e depistaggi.
L’occasione dell’ultima messa in scena, ricordare i cinquant’anni dalla strage di Piazza della Loggia, proprio insieme a uno dei protagonisti di allora.
Lo spettacolo però non approfondisce solo le circostanze storiche di quella tragedia, indaga in senso ampio cosa fu la cosiddetta «strategia della tensione».
Elena Ruzza (grazie al testo di Davide Rigallo e alla regia tecnica di Matteo Cantamessa), attrice mossa da una forte passione civile (ricevendo al termine della sua esibizione l’approvazione palpabile del pubblico con un applauso interminabile) con grandi capacità attoriali ha consegnato ai presenti quel segmento emotivo della storia italiana che si sviluppò tra il 1965 e il 1975 con propaggini sino ai primi anni Ottanta. Un periodo in cui la progressiva affermazione dell’uso della violenza nella lotta politica, con la formazione di organizzazioni armate eversive di diverse matrici ideologiche, trasformò l’Italia in un teatro – questa volta –, nel quale si misero in scena alcune stragi tra le più efferate dalla fine della Seconda Guerra mondiale. Una sequenza diffusa di attentati, sequestri, scontri violenti, atti compiuti in un clima di tensione crescente, secondo un sistema di provocazioni, reazioni e paure che scrissero una delle pagine più tragiche della storia del nostro Paese.
«Affollano la mia mente nomi, voci e vicende che non conosco e che eppure percepisco come parte della mia storia, del mio ieri e del mio oggi. Una tesi di laurea come cura: “Inchiesta sulla strategia della tensione”. È il modo che ho scelto – ricorda sul palco Aida, nome scelto per l’unica protagonista dello spettacolo sul palco – per trovare un senso ai fatti che mi penetrano. Recupero informazioni dai quotidiani di allora, dalle sequenze televisive in bianco e nero che appaiono e scompaiono come in una eclissi. Nella mia mente va componendosi un puzzle, dove mi è ancora difficile tracciare dei collegamenti tra le tessere che spieghino… Mi pongo delle domande, comincio a collegare cose a cose – e parole a cose. “Che cosa è veramente la strategia della tensione?».
Al termine dello spettacolo, Giuseppe Giulietti, coordinatore nazionale di Articolo 21 e già presidente della Federazione nazionale delle stampa italiana (Fnsi), con grande passione ha aperto il dibattito (moderato dal giornalista Gian Mario Gillio) ricordando l’attualità dello spettacolo. Poi, l’emozionante testimonianza di Manlio Milani e gli interventi del coordinatore del quotidiano online delle chiese battiste, metodiste e valdesi Rifroma.it Claudio Geymonat, della psicologa Stefania Barzon e dell’analista politico Davide Rigallo, per analizzare il significato e l’attualità della strategia della tensione in un incrocio di punti di vista e interpretazioni: i livelli di responsabilità delle stragi, il valore della memoria, la conoscenza ancora incompleta di quanto accaduto a oltre cinquant’anni di distanza, la difficoltà a ottenere giustizia per i crimini avvenuti.
«La memoria della “Strategia della tensione”, delle stragi impunite e dei loro traumi, attraverso letture, interazioni, contributi multimediali, e ancora il voler analizzare le conseguenze nell’Italia di oggi delle trame oscure di allora è il merito di questo progetto, messo in essere dal gruppo di lavoro rappresentato qui oggi da Manlio Milani – ha rilevato Giuseppe Giulietti –. Come ricordare? Come elaborare violenze private e collettive? Quali parole usare per raccontare il male di ieri e quello di oggi? L’attacco dello spettacolo richiama la lungimiranza culturale di Pier Paolo Pasolini – ha proseguito Giulietti –, e la sua lucida denuncia delle trame oscure di quella strategia della tensione di “Io so… ma non ho le prove”, pubblicata nel 1974 nelle pagine Corriere della Sera. In questi ultimi tempi è evidente il desiderio di voler equiparare fascismo e antifascismo, di riscrivere la storia, di cambiare le sentenze, persino quelle sulla strage di Bologna, su Ustica, sulla trattativa stato/mafia. L’obiettivo è sempre quello di equiparare fascismo e antifascismo, di vendicarsi della sconfitta e della esclusione degli squadristi dalla scrittura della Costituzione italiana».
Dopo l’emozione per lo spettacolo, tenutosi a due passi da Piazza della Loggia, Manlio Milani, dopo aver ascoltato e rivissuto anche i tragici momenti di quella strage, ha ricordato che, ancora oggi, assistiamo a due verità contrapposte «quella giudiziaria e quella storica, che non sempre si congiungono, collimano. Quella giudiziaria – ha ricordato – richiede il “rispetto profondo delle regole”, ma questo rispetto è stato per lungo tempo assente, e a ricordarlo è proprio la storia delle stragi e della loro impunità, costellata da costanti depistaggi per falsificare la realtà, e non soltanto per coprire gli autori di quelle stragi. Il primo passo da realizzare è interrogarsi sulle ragioni della violenza, di ieri e di oggi. Credo che oggi il mio percorso si sia sempre caratterizzato dalla costante ricerca di qualche cosa di più, per capire quali siano stati e li siano tutt’oggi i meccanismi che portano qualcuno ad uccidere e per gli altri a subirne le conseguenze. Per questo ci siamo riuniti come famigliari delle vittime delle stragi in particolare in associazioni, per questo conduciamo una certa lotta. Dobbiamo interrogarci sulla storia. Il secondo passo, dal quale non possiamo esimerci è quello di guardare al bene comune e non interrompere mail il dialogo, lo dobbiamo a noi e agli altri, a chi ha a cuore la costante ricerca di verità, di giustizia».
Con l’espressione strategia della tensione, ha poi chiosato Davie Rigallo, «s’intende un preciso segmento della storia italiana che si sviluppa tra il 1965 e il 1975 con propaggini sino ai primi anni ’80. In questi quindici anni, l’Italia infatti diventa teatro delle stragi più efferate dalla fine della Seconda guerra mondiale, nonché di una sequenza diffusa di attentati, sequestri, scontri violenti. Tutti questi atti vengono compiuti in un clima di tensione crescente, secondo un sistema di provocazioni, reazioni e paure utilizzate strumentalmente per obiettivi che non appaiono immediatamente comprensibili. Ancora oggi – ha proseguito Rigallo –, a oltre cinquant’anni di distanza, permangono nebbie e interrogativi sulle responsabilità e sulle reali motivazioni all’origine di quei fatti».
Oggi, «grazie alla de-secretazione di numerosi documenti – ha rilevato Claudio Geymonat –, siamo in grado di ricostruire quel periodo storico mettendo in luce i meccanismi adottati per mettere in crisi il processo democratico italiano ed evidenziando le tensioni, le paure e le reazioni delle generazioni che vissero quel periodo; il potere condizionante esercitato dallo Stato sulle persone (paura, tensione, limitazioni delle libertà fondamentali); la sopravvivenza storica del “fascismo” in Italia dopo la seconda guerra mondiale, spesso in forme di collusione con apparati statali; i rischi di involuzione autoritaria dalla democrazia (meccanismi, dinamiche, modalità differenti); il prezzo di sangue pagato per la difesa della Costituzione nel dopoguerra; l’eredità lasciata da quel periodo storico sul presente e il ripetersi, in forme nuove anche non violente, dei rischi di involuzione democratica; il senso dell’antifascismo militante».
Dunque, è importante «conoscere la strategia della tensione a partire dalle ricadute sulle persone – ha detto Stefania Barzon –, per analizzare il rapporto tra vittime e carnefici e le implicazioni psicologiche connesse, comprendere che anche in questo caso vi sono stati dei “sommersi e dei salvati”; la strategia della tensione è stata anche una guerra psicologica, una “tensione” che ha imposto forti condizionamenti sociali; conoscere gli effetti di allora permette di conoscere quelli di oggi; la Costituzione italiana è oggi un baluardo di democrazia, libertà e diritti e, e in quanto tale, è tutt’oggi l’obiettivo permanente di nuove strategie della tensione»
Molti giornalisti allora facilitarono questa strategia, tanti fortunatamente contribuirono a smascherarla, ha ricordato infine Gian Mario Gillio, indicando quello che anche oggi dovrebbe essere il compito di chi opera nella comunicazione.
Un applauso, la platea lo ha dedicato a Andrea Purgatori, giornalista d’inchiesta che aveva anche partecipato al progetto torinese. «Un maestro di giornalismo, un missionario dell’informazione, sempre all’insegna della giustizia e della verità sostanziale dei fatti. Purgatori è ancora oggi per tutti noi un esempio da seguire, difficile da emulare. Un giornalista, un regista, un autore, un conduttore televisivo, un intellettuale, un uomo per bene, che oggi più che mai manca; come mancano le sue argute inchieste», ha concluso Gillio.
Tra storia a attualità…
Cinquant’anni fa, il 28 maggio 1974 a Brescia, in piazza della Loggia, un ordigno piazzato in un cestino da appartenenti all’organizzazione di estrema destra Ordine Nuovo esplose nel corso di una manifestazione sindacale antifascista, provocando otto vittime e più di cento feriti. Per quei fatti, due persone, Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, sono state condannate in via definitiva nel 2017.
Siamo nel 2024 e le udienze e i processi vanno avanti …
Un nuovo passaggio nella lunga e articolata storia giudiziaria del processo per la Strage di Piazza della Loggia: Marco Toffaloni è stato rinviato a giudizio dal gip del tribunale dei minori di Brescia. Toffaloni all’epoca era infatti minorenne, aveva 16 anni. È accusato di essere uno degli esecutori materiali dell’attentato dinamitardo.
Il processo a suo carico inizierà il 30 maggio, quando saranno trascorsi due giorni dal cinquantesimo anniversario della Strage del 28 maggio 1974.
L’agenzia Ansa ricorda che per Toffaloni si tratta del terzo rinvio a giudizio nell’ultimo anno, poiché i primi due erano stati annullati. Il primo per difetto di elezione di domicilio e il secondo per mancato contraddittorio.
Io so. Inchiesta sulla strategia della tensione
con Elena Ruzza
testo Davide Rigallo
elaborazione drammaturgica Elena Ruzza
con la partecipazione straordinaria di Manlio Milani Presidente Associazione Familiari dei Caduti della strage di Piazza della Loggia
produzione Associazione Culturale Terra Terra
musiche e video Matteo Cantamessa
regia Elena Ruzza
realizzato con i fondi dell’Otto per mille Valdese in collaborazione con Associazione Familiari dei Caduti della strage di Piazza della Loggia,
Articolo 21 Piemonte, Riforma.it, Zonafranca Spazi interculturali ETS
In occasione del cinquantesimo anniversario della strage di Piazza della Loggia