Dobbiamo continuare a seguirla la battaglia degli operai della GKN perché sta diventando un simbolo di resistenza. Alla vigilia dell’ottantesimo anniversario della Liberazione, questa fabbrica di Campi Bisenzio, i cui lavoratori hanno sperimentato sulla propria pelle le modalità del neo-capitalismo, sapere infatti che un monumento all’orrore della nostra contemporaneità potrebbe trasformarsi in un simbolo di riconversione ecologica e innovazione rappresenta una boccata d’ossigeno.
Non hanno mai smesso di manifestare, non si sono mai arresi e sabato è andata a trovarli Greta Thunberg, icona mondiale della battaglia ambientalista, la quale ha pronunciato parole importantissime circa la necessità di tenere insieme la lotta per un lavoro di qualità e quella per la salvaguardia dell’ambiente. E così, una fabbrica che si occupava di automotive, potrebbe trasformarsi in un luogo in cui vengono prodotte cargo bike e pannelli fotovoltaici: dal passato al futuro, da una tecnologia ormai obsoleta a una concreta prospettiva di rinnovamento, dallo sfruttamento peggiore all’azionariato popolare, dall’alienazione alla comunità. Dobbiamo sentirci, dunque, vicini a questa mobilitazione perché, qualora dovessero farcela, non avrebbero salvato solo il loro posto di lavoro ma l’articolo 1 della Costituzione, la propria dignità e quella di tutte e tutti noi. E potrebbero fare scuola, perché altri operai potrebbero decidere di farsi carico delle aziende che il capitalismo post-democratico ha scelto di abbandonare, nel vano tentativo di salvare un modello di produzione ormai decotto e uno strapotere padronale che ha arrecato solo danni all’umanità. Per questo, sarà durissima. Per questo, un simile esempio verrà ostacolato in tutti i modi possibili e immaginabili. Per questo, dobbiamo portare telecamere e taccuini all’interno di quella fabbrica. Dobbiamo esserci, dobbiamo sostenerli, dobbiamo parlarne pressoché ogni giorno e dobbiamo mobilitarci perché questa è una battaglia politica non dissimile da quella che andò in scena a Mirafiori nel 1980, con la differenza che l’esito potrebbe essere opposto. Se all’epoca la sconfitta della classe operaia diede il via allo smantellamento della democrazia e della Costituzione nel nostro Paese, con annesso degrado della politica e trasformazione del Parlamento in un orpello, oggi la potenziale vittoria di questi operai potrebbe innescare la scintilla di un nuova politica dalla parte dei cittadini. Dove prima regnava la disperazione, potrebbe riaccendersi la speranza. Dove prima trionfava la rassegnazione, potrebbe esplodere un sogno. Dove prima si produceva un qualcosa destinato a svanire nei prossimi decenni, adesso si potrebbe produrre un qualcosa che ci conduce nel domani. Quella della GKN, insomma, è la mobilitazione di coloro che ancora credono che un altro mondo sia possibile, che rifiutano il capitalismo della sorveglianza, che non accettano più di concedere sussidi a chi vuole trasferire la produzione dove il lavoro è pagato poco o nulla e i diritti sono assai inferiori rispetto ai nostri e che vorrebbero un’Europa schierata al fianco di chi immagina la fabbrica per l’uomo e non l’uomo per la fabbrica. In sintesi, è la sfida decisiva di chi non ha intenzione di smettere di battersi per un mondo più giusto e meno diseguale. Greta, l’ambiente, le tute blu, la kefiah per esprimere solidarietà al popolo palestinese, nel nome della pace e contro ogni guerra: se davvero volete costruire il campo progressista, partite da qui. E lasciate perdere gli esecutori materiali dei desiderata di gente che ormai ha straperso su tutta la linea, avendo oltretutto smarrito il contatto con il mondo reale. Ripartite piuttosto dal popolo, senza populismo e senza imbonire nessuno. Altri seguiranno e ne sarà valsa la pena. Il resto non conta, perché appartiene a un tempo che per fortuna non esiste più.
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