«La Federazione nazionale della Stampa italiana è assolutamente contraria a questo schema di decreto legislativo perché siamo convinti rappresenti un ulteriore passo nella direzione della limitazione di quegli imprescindibili bilanciamenti fra poteri che caratterizzano uno Stato di diritto». Lo hanno ribadito Alessandra Costante e Vittorio di Trapani, segretaria generale e presidente Fnsi, mercoledì 2 ottobre 2024 in audizione in commissione Giustizia alla Camera sullo schema di decreto per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva europea sul rafforzamento della presunzione di non colpevolezza.
Per il sindacato dei giornalisti si tratta di «un ulteriore intervento finalizzato a smantellare quei contropoteri, in questo caso l’informazione, che rendono viva e vitale la democrazia». Un bavaglio che, «più che tutelare la presunzione di innocenza, sembra voler stringere ancora di più le maglie della libertà di informazione e del diritto dei cittadini ad essere informati previsto dall’articolo 21 della Costituzione». Quel che serve, al contrario, è «più trasparenza e non meno, più informazione, anche a tutela dei diritti dell’indagato».
Costante e Di Trapani hanno quindi evidenziato che «affermare, come fa il Legislatore, che le modifiche al Codice di procedura penale sono coerenti con il dettato della direttiva Ue è sbagliato: l’Europa pone obblighi e divieti non a carico della stampa, che anzi ne è esclusa, ma a carico dei rappresentanti delle istituzioni, politici, parlamentari. L’Europa non chiede di vietare la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare. Chiede di tutelare il lavoro dei cronisti, di difendere il ruolo dell’informazione, ad esempio, dalle azioni legali bavaglio, le cosiddette Slapp, chiede di completare il processo sull’equo compenso. Ma su questo il Legislatore non fa nulla».
E invece, «obbligando il giornalista a dare la notizia facendo una sintesi del provvedimento del giudici – hanno aggiunto i vertici della Fnsi – lo si espone al rischio di cause per diffamazione e a richieste di danni. Un quadro aggravato dal combinato disposto tra questa norma e la riforma della diffamazione che prevede sanzioni pecuniarie spropositate. A farne le spese saranno soprattutto i giornalisti freelance, quelli che guadagnano meno di 20mila euro l’anno».
Infine, «c’è un dibattito sotterrano che sta emergendo sull’aumento delle sanzioni nel caso vi sia un’ondata di obiezione civile a questo provvedimento. È una cosa pericolosissima, che ancora una volta andrebbe a danno in particolare dei colleghi lavoratori autonomi, la parte più debole della categoria. I giornalisti – hanno concluso Costante e Di Trapani – hanno già un vasto codice deontologico che l’Ordine professionale è tenuto a far rispettare in caso di comportamenti che vanno oltre il diritto di cronaca».