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Cuba al buio, emergenza ospedali: cittadini e giornalisti denunciano

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La Habana – Mentre scrivo, sono passate 72 ore e Cuba rimane al buio, con solo l’11% degli impianti che hanno ripreso a funzionare sabato sera.

Gli apagones (blackouts) sono cominciati giovedì nell’Oriente (Sud) quando è saltata la centrale elettrica diesel di Moa, nella città di Holguin.

Venerdì alle 11 è toccato alla centrale di Mariel, a 100 km dall’Avana.

La capitale è paralizzata: dal Centro Habana, il barrio storico de La Habana Vieja, dopo il tunnel che porta a Playa Del Este, lungo il Malecón dove si ergono gli hotel all inclusive, fino al lussuoso Miramar, riservato alle ambasciate e compagnie aeree, con molti generatori autonomi anch’essi fuori uso per mancanza di combustibile.

È collassata anche la principale centrale termoelettrica Antonio Guiteras, a causa della pessima manutenzione e delle condizioni obsolete di un impianto che ha più di 40 anni. Secondo Vicente de la O Levy, ministro dell’ Energia e delle Miniere, la recrudescenza dell’embargo – che ha causato un rincaro del prezzo del petrolio penalizzato dalle sanzioni imposte dagli Stati Uniti – è il fattore chiave che ha aggravato il blackout, insieme alla crisi economica del Venezuela che ha dovuto più che dimezzare le consegne del greggio che per decenni ha colmato il fabbisogno energetico cubano.

La Russia continua ad inviare petroliere, ma il tragitto biblico del viaggio non permette di tamponare la falla in tempi brevi.

L’assenza di energia elettrica colpisce anche il sistema distributivo che approvvigiona l’acqua per i residenti, e per non farsi mancare niente, le linee telefoniche sono fuori uso, con internet che funziona a singhiozzo per via di interruzioni continue nel circuito.

La mancanza di ventilazione e il caldo pazzesco, oltre alle piogge incessanti causate dall’arrivo dell’uragano Oscar che minaccia l’isola salendo da Guantanamo verso Holguin, hanno aumentato vorticosamente il numero della zanzara Aedes aegypti portatrice di dengue e oropouche, epidemie che mettono a dura prova una sanità già ridotta ai minimi termini.

Blackout ospedaliero

Gli apagones a Cuba hanno stravolto già da un’anno anche la routine ospedaliera di varie strutture, tra cui il Calixto García e l’Hospital Clínico Quirúrgico Joaquín Albarrán (meglio conosciuto come Clínico de 26) a La Habana, lasciando al buio le sale operatorie e rendendo inservibili i macchinari essenziali per dialisi e rianimazione. Il re è nudo, e ora anche la sanità pubblica cubana, eccellenza rinomata a livello globale, cede il passo a una “economia di guerra” come l’ha definita lo stesso presidente Miguel Diaz-Canel in una recente conferenza stampa. Come di conseguenza, in quei giorni il Clinico de 26 è rimasto senz’acqua. Un incubo, finché un cronista locale, dopo aver visitato le strutture, ha posto domande scomode. È un segnale positivo: cittadini e giornalisti non potendone più, cominciano a denunciare tali episodi sfidando la censura.

Sporcizia fuori e dentro

Ho accompagnato mia zia che si è fratturata il bacino al Clinico de 26.

Per due giorni non ci siamo potuti lavare causa mancanza d’acqua, senza che un medico la visitasse, con la sala operatoria chiusa per il blackout.”

Lo sfogo su Facebook di Luis Cino che scrive sul portale Cubanet, assume toni drammatici: Il mangiare è una schifezza, e nei corridoi dell’ospedale vagano pazienti anziani, nudi e scheletrici, senza nessuno che badi a loro, in uno stato di sporcizia pietoso.

Ma che siamo in un campo di concentramento?”

È dovuto intervenire lo stesso ministro della Salute José Ángel Portal Miranda

che il giorno successivo al post del giornalista ha inviato un’ispezione con il conseguente trasferimento dei malati più gravi in un altro istituto.

Anche in questa circostanza, l’interruzione della corrente è dovuta spesso a cortocircuiti per difetto di distribuzione, causa principale degli apagones oltre alla scarsezza di combustibile che affligge l’isola.

E le fughe di gas? Al Faustino Pérez di Matánzas l’incendio causato ha costretto alla immediata evacuazione di pazienti e personale sanitario.

Il sistema distributivo del gas da cucina che arriva dalla strada è un colabrodo: 3 mesi fa un nuovo incendio è divampato agli ultimi piani di un grattacielo sul Malecón, minacciando lo stesso Grand Aston hotel che si erge di fronte, con i turisti attoniti a guardare.

https://drive.google.com/file/d/1BNV0k7MFsQuXidYYSNWbGJi2qSgCx7vi/view?usp=drivesdk Durante la pandemia 2020, altre fiamme all’ospedale materno Mariana Grajales di Santa Clara: i vigili del fuoco intervennero d’urgenza salvando 41 neonati.

Cino ha messo in risalto gli sforzi del personale medico che pur privo di mezzi, cerca ugualmente di tamponare le falle del sistema, puntando invece il dito contro le autorità che hanno dimezzato l’impiego dei proventi del turismo sulle strutture sanitarie, privilegiando invece i grossisti privati Mipyme legati al governo, i quali vendono alimenti a costi proibitivi per la povera gente. Ad esempio, nelle farmacie e negli ospedali oltre a mancare medicinali essenziali, le scorte di aghi per le siringhe e di sonde per i cateteri sono ridotte ai minimi termini.

La Televisión Cubana ha intervistato alcuni passanti con esperienze di congiunti ricoverati: una ragazza ha raccontato di suo padre, ricoverato per un’ernia al disco, a cui un’infermiera applicò una sonda che era stata estratta da un altro ammalato.

La stessa fu poi lavata solo con acqua e applicata a un nuovo paziente.

Il padre sviluppò nella notte una grave infezione. Non mancano solo aghi e cateteri: sapone e carta igienica scarseggiano anche nelle cliniche riservate agli stranieri. Nei bagni della pur carissima Cira Garcia all’Avana, non ho mai trovato né l’uno né l’altra.

In compenso, nello studio della consulta chirurgica uno scarafaggio gigante agonizzava indisturbato.

La piaga delle cucharachas affligge sia strutture sanitarie che alberghi di lusso: al Calixto García vicino Plaza de La Revolución – uno degli ospedali più grandi di Cuba – pullulano ovunque.

La mancanza di fumigazione e la presenza massiccia di monnezza accatastata, soprattutto a Centro Habana e nei quartieri storici (la raccolta è attiva solo nei barrios dove si concentrano turisti e cubani benestanti) li attira come il miele.

Lo stesso ospedale nei giorni scorsi ha subìto un nuovo apagone.

Se il bloqueo (embargo) criminale statunitense rimane il primo responsabile di questo stato d’emergenza permanente, il colpo di grazia è dato dalla miopia governativa, in un quadro di corruzione denunciato dallo stesso presidente Diaz-Canel che la burocrazia post castrista ha ridotto in uno stato d’impotenza, con la sola funzione di capro espiatorio.

La piaga dei Mipymes

Nel settembre del 2021, il governo cubano – reduce dalla disastrosa pandemia – decise di aprire ulteriormente le porte all’imprenditoria privata, inaugurando un registro delle attività in proprio, sotto la sigla MiPyME

(Micro, pequeñas y medianas empresas). Una decisione epocale, nel solco di quella presa nel 1993, quando Castro autorizzò l’impresa individuale, i cosiddetti “cuentapropistas”.

Da allora, la schiera dei neo-imprenditori, partiti con attività familiari tipo piccoli bed&breakfast e ristoranti, è cresciuta in maniera esponenziale, mirando al settore alimentare import, sostituendo in pratica con MiPyme lo Stato nel commercio al dettaglio, che oggi è confinato in poche strutture dove si può pagare solo con carta di debito in MLC – Moneda libremente convertible – una sorta di valuta virtuale dal cambio alla pari con dollaro ed euro.

Dalle 35 microimprese pioniere di due anni fa, oggi Cuba registra quasi 9.000 attività in proprio (di cui oltre 1⁄3 all’Avana) che fanno il bello e cattivo tempo, in assenza di un calmiere governativo. Cosicché i prezzi in moneta locale vanno alle stelle.

Ma la deriva più grave di questa deregulation è che diversi funzionari del partito influenti sono essi stessi dueños (proprietari) dei Mipymes stessi, che controllano attraverso prestanome utilizzati come gestori.

Ciò ha portato all’investimento di fondi enormi, provenienti soprattutto da un turismo già in crisi, nell’acquisto di beni di consumo dispendiosi sia per il cambio dollaro-peso del Mercado Informal continuamente al rialzo, che per le tasse doganali di importazione.

Un mercato diretto soprattutto a un’élite composta da privati legati a questo circuito, burocrati e militari, oltre ovviamente agli stranieri residenti.

Nella calle 3ra davanti all’ufficio del noleggio auto di CubaCar (i cui veicoli a benzina sono oggi proprietà della società spagnola con sede a Marbella di Cubarentacaronline) si sta costruendo un enorme magazzino Mipyme multipiano, con un parcheggio fresco di asfalto – a Cuba vale quanto l’oro – che sorgerà proprio davanti all’hotel Melia Cohiba nel quartiere Vedado. Esporrà generi alimentari d’importazione. A prezzi proibitivi per il cubano ordinario, claro.

https://photos.app.goo.gl/xMMkpDAMhMY3WxAU6

Per finanziare la sanità pubblica – già penalizzata di suo dalle sanzioni dell’embargo USA sugli acquisti di medicinali e materia prima – la manutenzione delle centrali termoelettriche, e altri settori quali l’istruzione che per oltre 60 anni hanno costituito lo zoccolo duro della rivoluzione castrista, rimangono le briciole di un cashflow intaccato da disservizi e corruzione.

Conclusioni

Quando si tratta di salute, Cuba rappresenta tuttora un eccellenza mondiale dovuta all’alto livello di preparazione dei suoi medici e infermiere. A maggior ragione, la carenza di medicine e attrezzature, nonché il quadro igienico pessimo, rinforzano le proteste e le denunce nei confronti di un regime che non è in grado di tutelare questo patrimonio, preferendo investire i soldi del turismo su progetti che avvantaggiano un’élite a scapito del resto della popolazione.

E non basta l’embargo a giustificare questa scelta suicida.

Se ne sono accorti anche i media locali, che, pur dovendo interagire in un contesto di censura ancora solido, prestano adesso più attenzione alle lamentele della gente comune.

(libero adattamento da articoli dell’autore pubblicati su il blog de Il Fatto Quotidiano)

Foto © F.Bacchetta

 


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