Colpire l’Unifil è colpire il mondo. I caschi blu non sono un esercito nato per combattere. Sono ovunque sia possibile difendere la pace. Rappresentano le Nazioni Unite. Sparare contro quei soldati significa sparare ad ognuna della nazioni che rappresentano.
È un atto di gravità inaudita che mette a repentaglio la vita di giovani militari in missione di pace in Libano. Molti italiani.
Israele sta superando ogni limite. Il suo esercito si è macchiato di stragi a Gaza, come da denunce della Corte di Giustizia Internazionale; sta appoggiando i coloni israeliani che occupano nuove terre in Cisgiordania sparando. E uccidendo palestinesi; sta avanzando in Libano lasciandosi dietro una scia di vittime. E adesso colpisce i caschi blu colpevoli, a giudizio dell’ esercito israeliano, di non arretrare come da loro pretesa.
Non possono e non devono arretrare senza un ordine dell’ Onu. Piuttosto dovremmo domandarci il perché di una richiesta tanto assurda. La storia ci insegna che laddove è successo, in passato, poi si sono perpetrate stragi.
Del resto la minaccia del governo israeliano è drammaticamente lucida: in Libano potremmo fare quello che abbiamo fatto a Gaza. Affermazione che nel confermare che le stragi e la distruzione di Gaza erano un atto “pensato”, definisce anche la drammatica e disumana strategia di Israele: distruggere tutto ciò che il suo esercito incontra sulla sua strada.
L’ obbiettivo non è più nascosto: allargare i confini di Israele, creare il “Grande Israele”.
È lecito che ciò avvenga? È lecito fare carta straccia del Diritto Internazionale? È lecito il silenzio della comunità mondiale? La sua complicità?
Dopo aver insultato l’Onu definito palude di antisemitismo, ora Netanyahu dà seguito alle sue parole con i fatti: attaccando i suoi soldati.
È ora di fermare Israele.