Caccia al giudice “cattivo”

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L’attacco del Governo ai giudici e ai pubblici ministeri non è generalizzato verso la magistratura, è, anzi, mirato e indica con nomi e cognomi i “nemici” del Governo che in questo modo vengono insultati sul web e nella vita reale, fino a che si rende necessaria persino la scorta come accaduto al pm del processo in cui è imputato il ministro Matteo Salvini. Queste non sono sono solo storie di censura al tempo del Governo Meloni, ma una prova di forza tra la democrazia e il suo contrario, tra il rispetto dei diversi poteri dello Stato e la sua negazione. Per comprenderlo basta leggere il comunicato diffuso da Fratelli d’Italia nelle ore immediatamente successive la pubblicazione dell’ordinanza con cui il Tribunale di Roma ha negato la convalida al trattenimento dei migranti nel cpr di frontiera realizzato in Albania.  In un passaggio, tra gli altri, il deputato di Fratelli d’Italia Sara Kelany, responsabile immigrazione del partito va dritta al punto, ossia attacca una dei giudici che si sono pronunciati sul caso-Allbania ricordando che milita in un’associazione di magistrati, quella sbagliata secondo il partito di maggioranza.

“A poche ore dall’ingresso dei primi migranti nei centri italiani in territorio albanese sono arrivate puntuali, e annunciate, le decisioni dei giudici di non convalidare il trattenimento disposto dalla Questura di Roma per gli stranieri provenienti da Egitto e Bangladesh. Questo perché Egitto e Bangladesh, a parere dei magistrati, non sarebbero nazioni sicure, nonostante figurino nella lista dei “Paesi sicuri” redatta a valle di una articolata istruttoria che coinvolge diversi ministeri. Viene citata la recente sentenza della Corte di Giustizia europea sul tema, omettendo però che si tratta di un pronunciamento che riguarda Repubblica Ceca e Moldova che non introduce alcuna eclatante novità in materia di applicazione della direttiva da parte dell’Italia. Tra i giudici che hanno preso la decisione c’è anche Silvia Albano, presidente di Magistratura Democratica, salita agli onori delle cronache perché sul proprio profilo social rilanciava raccolte fondi in favore delle Ong del mare. Ormai è palese che alcuni magistrati non abbiano più chiaro il confine tra professione e militanza politica. Questo è un insulto ai cittadini che si sono espressi chiaramente con il loro voto e hanno chiesto a questo governo di contrastare l’immigrazione illegale di massa e di far rispettare le regole”. Queste le parole dell’onorevole Kelany. Non dissimili da quel che si  visto e letto a proposito di Iolanda Apostolico che lo scorso anno aveva disapplicato il decreto del Governo sul trattenimento dei richiedenti asilo nei Cpr, in base agli articoli 3 e 10 della Costituzione, e  in accoglimento del ricorso di una persona migrante di origini tunisine sbarcata il 20 settembre a Lampedusa e portata nel nuovo centro di Pozzallo. Il Giornale scandagliò la sua vita provata e persino i post sulla sua pagina social nel tentativo di trovare elementi utili a supportare la tesi di una decisione “condizionata” dall’ideologia. E anche allora, come oggi, si parlò di “un’invasione di campo di una parte della magistratura, politicizzata”.


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