A Roccella Jonica il silenzio dei colpevoli. La ricostruzione di Report

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I giornalisti devono restare lontani. Non devono ficcare il naso in questioni che potrebbero riguardare la sicurezza nazionale.

Queste le motivazioni spesso messe davanti a chi cerca di capire come avvengono le operazioni di soccorso in mare verso disperati che fuggono da guerre e carestie. E soprattutto quando questi soccorsi volutamente non arrivano.

La strage di Cutro un anno e mezzo fa mise in seria difficoltà il Governo per la forte ondata d’indignazione a livello internazionale. Bisognava evitarne un’altra dal punto di vista mediatico.  A Roccella come a Crotone, altro punto di sbarco, in quei giorni si notava una forte insofferenza nei confronti dei giornalisti, bloccati ad enorme distanza dalle banchine dove sono poi arrivati i corpi senza vita di uomini, donne e tanti bambini recuperati in mare.

Più volte la stampa locale ha denunciato che sul numero di persone disperse vi erano incongruenze rispetto ai comunicati di capitaneria (parlavano di 20 morti) e Prefettura.

A testimoniare tutto questo anche i parenti di chi si trovava su quelle imbarcazioni.

Ora la trasmissione Report, con la bravissima Rosa Maria Aquino, ha ricostruito tutto con documenti ed interviste: a Roccella c’è stata una nuova strage.

Colpisce ciò che ha dichiarato nel servizio Sergio Scandurra di Radio Radicale: “Tutta l’informazione è blindata. La vita, la morte, il soccorso delle persone in mare è trattato come un segreto di Stato”. Pesante la dichiarazione dell’ammiraglio Vittorio Alessandro sulle responsabilità del Viminale.

In un Paese normale il ministro dell’interno di fronte all’inchiesta di Report avrebbe rassegnato le dimissioni. Ma possiamo considerarci un Paese normale se davanti ad una strage nascosta ha più titoli la lunga cicatrice sulla testa dell’ex ministro Sangiuliano?


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